PUGLIA | LO SPORT RENDE FELICI
A piedi, a cavallo, in biciclettta, lungo i tratturi della transumanza e sulle antiche vie dei pellegrini. Per scoprire natura e segreti dello Sperone d’Italia
È un altro Gargano. A piedi, a cavallo, in bici, sugli antichi tratturi che attraversano lo Sperone d’Italia
Centinaia di chilometri di tratturi e mulattiere: è l’altro volto del Gargano, lontano dalle spiagge affollate, da esplorare a piedi, a cavallo, in bici. Una terra antichissima, dove stride il contrasto tra l’azzurro intenso del mare e il suolo carsico, pietroso dell’entroterra, con le sue trame ruvide, i saliscendi rocciosi che seguono con riverenza il profilo del promontorio pugliese. Qui la frenesia balneare è un’eco lontana: si prospetta un viaggio dove l’uomo vive ancora secondo il ritmo delle stagioni e il tempo è scandito dal susseguirsi di luci e ombre, dai passi crepitanti di pastori e moderni viandanti. Tratturi e mulattiere disegnano una rete stradale parallela che segue il terreno aspro delle vecchie vie di transumanza. Percorsi alternativi che la gente del posto preferisce ai tratti asfaltati, “la via nuova”, come li chiamano con una punta di disprezzo. Così ogni luogo ha due strade per essere raggiunto: quella nuova, appunto, e l’antica, che corre con gentilezza lungo la terra, assecondandone forme e capricci. Tutti percorsi ben segnalati con tabelle informative.
PASCOLI CON VISTA
Peschici è un borgo di pescatori arroccato a 90 metri sul mare. La sua posizione permette di contemplare sia l’alba, sia il tramonto e, nei giorni più tersi, di scorgere le cime della Majella. Tappa obbligatoria per il buon cibo è il ristorante Porta di Basso. Il proprietario, Domenico Cilenti, è uno chef votato al biologico e le sue proposte sono ispirate ai profumi delle verdure e delle erbe spontanee della macchia garganica. Si possono scegliere menu a tema, spesso a sorpresa, perché diversi di volta in volta, secondo stagione e fantasia del cuoco. Se la cena si protrae fino a tarda notte, ci si può fermare a Gli Orti di Malva, due suite ricavate nelle case dei pescatori, nel cuore del borghetto medievale. A mezz’ora, La Salata (Vieste), gestita dal Wwf, è un parco naturalistico e archeologico con la più maestosa necropoli paleocristiana del Mediterraneo (300 tombe, III-IV secolo d.C). Fin qui si è sulla “via nuova”, ma alle spalle di Peschici e Vieste si dipanano tratturi regi e mulattiere percorsi ancora dai pastori con le greggi. E da turisti che si muovono a piedi, a cavallo, in bici e in mountain bike. C’è il tratturo che collega le località Coppa di Cielo e Sfinalicchio, due ore e mezzo di trekking tra ulivi secolari, pini marittimi e il profumo di erbe spontanee, con il tracciato delimitato da un muretto a secco di pietre bianche (arte proclamata, lo scorso novembre, patrimonio immateriale Unesco). Un breve passaggio sulla via nuova conduce alle tracce di un altro sentiero che porta a vedere il mare dalla torre saracena di Sfinale,a picco su un’insenatura, una delle tante sentinelle lungo la costa. Si attraversa il cuore della millenaria Foresta Umbra, tra boschi di faggi e querce, regno del capriolo garganico e di orchidee selvatiche, percorrendo il tratturo di Caritate, che dopo circa sei chilometri (tre ore di cammino), raggiunge l’antica fonte di Sfilzi, unica sorgente montana del Gargano. Il percorso è uno dei più affascinanti, ben segnalato sulla Guida cicloturistica redatta dalla Provincia di Foggia.
Camminando lungo i tratturi si incontrano chiese e abbazie, segno della profonda devozione dei pellegrini. Non a caso il Gargano è detto anche la montagna sacra per la presenza di numerosi luoghi di culto, come l’abbazia di Santa Maria di Kàlena, a Peschici, meta di papi e imperatori che vi sostavano sulla via per il santuario di San Michele Arcangelo, o i ruderi dell’abbazia della SS. Trinità sul Monte Sacro (874 metri), nei pressi di Mattinata.
SANTI, VIGNAIOLI E PELLEGRINI
Carpino è un borgo di mille anni fa, meta di passeggiate architettoniche fra palazzi baronali, che ricordano la ricchezza nata dal commercio dell’olio, e vecchie chiese curiose, come quella di San Cirillo, con un portale romanico. Una strada stretta di campagna porta alla Masseria didattica di Antonio Facenna, un uomo di altri tempi, il volto scavato dalla fatica della vita agricola: l’allevamento di vacche podoliche, la produzione di pregiati formaggi. Da qui si scorgono morbidi rilievi pennellati dal verde freddo degli ulivi, che si mescola con le tonalità più calde del lentisco. “Bisogna venire in aprile”, suggerisce, “quando riportiamo gli animali alla masseria e celebriamo la festa della transumanza”.
Di nuovo in cammino, si incontrano San Nicandro Garganico e Rignano Garganico, due Borghi autentici d’Italia, famosi per due doline, tra le più estese d’Europa. È la natura carsica di questa terra a scolpire il paesaggio, creando profonde depressioni bordate da boschi rigogliosi di lecci e querce. A pochi chilometri da Rignano, la Grotta Paglicci è uno dei siti archeologici più importanti d’Italia, perché conferma la presenza dell’uomo in quest’area fin dal Paleolitico superiore. Apricena, ai piedi del Gargano, permette di ammirarne il profilo maestoso, le cime ricoperte di vegetazione che si stagliano sui campi coltivati. Dominano i colori caldi della terra e le sfumature dell’ocra, suggestioni cromatiche che risaltano ancora di più durante l’ora magica del tramonto. La zona è famosa per la produzione vinicola. La cantina Valentina Passalacqua utilizza solo i vitigni autoctoni di Nero di Troia e Bombino per una linea
Lungo i tratturi corrono muretti
a secco, un’arte appena inserita fra i patrimoni immateriali dell’Unesco
di prodotti biodinamici. “Abbiamo un approccio ambientalista”, spiega il vignaiolo Danilo Marcucci, “perché amiamo la nostra terra e l’obiettivo è ridare vita a questi luoghi”.
Borghi arroccati sugli speroni del Gargano sovrastano le valli sottostanti. Come Valle della Monaca, a San Marco in Lamis, con grotte di pastori ed eremiti abitate fino a tempi non così lontani. Da scoprire lungo l’omonimo tratturo, immerso nel profumo del timo. Lo stesso che avvolge quello detto della Nunziatella: ha origine vicino al Convento di Stignano e procede per circa 40 chilometri fino a incrociarsi con le piste della transumanza in Abruzzo. Alto sulla vallata inondata di luce e circondato da un fitto intreccio di sentieri e mulattiere, il borgo di Monte Sant’Angelo è da sempre meta di pellegrini diretti all’antico santuario di San Michele arcangelo (V-VI sec. d.C). Lungo questi percorsi di pastori e fedeli erranti, nacquero credenze cristiane che affondano le radici nella mitologia: l’eroe Ercole fu identificato con l’arcangelo Michele, la clava divenne la spada del santo. Tra queste vie, il sentiero Scannamugliera era l’itinerario circolare dei pellegrini, chiamato anche Scala santa, per gli scalini scavati a mano dai devoti. Il sentiero attraversa le profonde valli garganiche che dal Subappennino Dauno arrivano alle acque del golfo di Manfredonia. Tra i candidi vicoli del rione Junno, a Monte Sant’Angelo, si trova il ristorante Casa Li Jalantuùmene: lo chef Gegè Mangano si prefigge “di proporre al mondo i sapori antichi della nostra cucina”. Emblema di una terra che conserva le sue tradizioni millenarie, ma con lo sguardo rivolto al futuro.