UN TUFFO AL CUORE
Laghetti alimentati da sorgenti termali, saune naturali fra le rocce vulcaniche: scheggia lavica conficcata al centro del Mediterraneo, l’isola è una Spa a cielo aperto
L’Africa appare all’orizzonte nelle giornate terse, quando il cielo è una galoppata di nuvole bianche e il maestrale spazza le distese di capperi e i vigneti verde smeraldo sulle terrazze di lava che si tuffano in mare. Nei dammusi solitari con il tetto a cupola, sugli scogli neri che lambiscono l’acqua color cobalto, ci si incanta quando il sole sta per scomparire, tra il canto delle cicale a fare da colonna sonora. Pantelleria è un luogo dell’anima. Un’isola archetipo, da meditazione, come il Passito, il suo vino simbolo. Una terra di frontiera avvolta dal silenzio e dal vento che attrae romantici e sognatori. Una scheggia di lava dove non c’è traccia di gruppi di viaggiatori all inclusive, ma solo di habitué che, come rondini, tornano ogni anno. Nomadi internazionali e artisti che hanno scelto di trasferirsi qui anni fa, come la scenografa tedesca Karin Eggers, che realizza spettacolari strutture naturali per ombreggiare terrazze e giardini. Appagati dalle giornate pigre, segnate dal percorso del sole, dalle pagine sfogliate di un libro, ci si concedono uscite in mare a bordo di vecchi gozzi o passeggiate lungo i sentieri, tra i muri in pietra a secco che portano a contrade sperdute come Sibà, dove vivono panteschi che non sono mai scesi al mare.
La vacanza, a Pantelleria, è soprattutto uno stile di vita. In nome dell’understatement gli ospiti famosi, da Armani a Luca Zingaretti, sono ignorati da abitanti e turisti, come i grandi yacht, che se la devono vedere con i pochi ridossi e il porto ridotto al minimo. “Non credo che esista al mondo un luogo più adatto per pensare alla luna. Ma Pantelleria è più bella”, scrisse Gabriel García Márquez, ospite dell’isola la notte del 20 luglio 1969, quando Neil Armstrong camminò sulla superficie del satellite.
BAGNI DI FANGO E SOSTANZE PREZIOSE
L’isola, parco nazionale dal 2016, è una Spa a cielo aperto. L’energia sgorga dall’acqua: spente le cuddìe, i coni vulcanici, ricoperte di macchia mediterranea, restano attive le quadarèddre, sorgenti termali a 40 gradi, cocktail di sostanze preziose, nello Specchio di Venere, lago dalle sfumature tropicali, cinquecento metri di diametro all’interno della caldera di un vulcano spento. Quasi un miraggio. Attorno, distese di fichi d’India e capperi. Il rituale di benessere inizia con l’immersione, prosegue cospargendo il corpo con il fango ter-
male raccolto dal fondo e poi passeggiando fino a quando non è essiccato. Il risultato è una pelle liscia e morbida, libera dalle impurità. A Cala Gadir, invece, in un paesaggio di terrazzamenti che digradano dolcemente fino al mare, nella zona nordorientale, le acque sgorgano in una grande vasca dai 30 ai 44 gradi, mentre altre sorgenti e una piccola vasca delimitata da un muretto, a destra del porticciolo, le fanno da contorno. Un luogo di struggente bellezza, ancora più suggestivo di notte, al chiaro di luna.
Sono le grotte le protagoniste assolute di un percorso benessere nell’isola “dove tutto è naturale e tutto è artificiale”, diceva lo storico dell’arte Cesare Brandi. Ci si immerge in piccole vasche incastonate tra gli scogli a Nikà, a sud, raggiungibili attraverso un sentiero ripido tra gli arbusti o via mare. L’acqua sgorga a 70 gradi dall’insenatura sotto il costone e si mescola a quella salata. Sataria, a sudovest, affacciata sulla costa africana, ospita un fosso allungato, utilizzato già dai Romani, e due vasche di acque calde sorgenti, indicate per chi soffre di artrite e reumatismi. Per facilitare l’immersione ci sono scalini e ducchene, i
tradizionali sedili in muratura. Al porticciolo di Scauri, aggrappato sulle rocce laviche lungo la costa occidentale, ecco un’altra grotta con una vasca piena di acqua a 46 gradi. A Benikulà (o Bagno asciutto), invece, incuneata su un costone della Montagna Grande, non lontano dalla contrada di Sibà e raggiungibile attraverso un’antica mulattiera, ci si lascia avvolgere dal calore dei vapori sotterranei seduti sulla pietra lavica in un anfratto naturale suggestivo, godendosi la vista strepitosa sulla Piana di Monastero e sul Mediterraneo.
CAPPERI, FAVÀRE E ZIBIBBO
Tutta l’isola è punteggiata di favàre, getti di vapore acqueo ad alta temperatura che fuoriescono dalle rocce. Le ha mappate Salvatore Guttadoro, proprietario della bottega di alimentari nel cuore del Sibà, la comunità montana di Pantelleria, pronto a dispensare consigli su come raggiungerle. “La più importante è la Favàra grande, vicino alla Fossa d’u Russu, sopra la contrada di Scauri, da cui escono forti sbuffi di vapore che alimentano vasche con acqua distillata”. Ricorda un girone dantesco la cuddia di Mida, dove i vapori avvolgono i pini misteriosamente cresciuti all’interno.
Il fascino delle isole è quello di perdersi, diceva Umberto Eco. Ci si smarrisce lungo i sentieri che portano alla capperaia, spettacolare anfiteatro coltivato con migliaia di piante di cappero, una delle ricchezze del luogo. In mezzo alla campagna si incontrano chiese antiche, a volte poco più di cappelle, bianche con i muri a calce, i sedili in pietra, che spiccano tra le rocce scure. Co-
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me San Vincenzo, a Khattibuale, costruita dagli spagnoli nel 1795, o quella dedicata alla Madonna del Rosari, a Sibà. All’interno, una statua seicentesca della Vergine e il bambino, gli occhi neri di ossidiana. Qua e là si scoprono giardini panteschi, più di 400, le cui origini risalgono al 3000 a.C., tozze torri cilindriche con una porticina che proteggono con le spesse mura di lava una sola pianta di agrumi. Perfetti per entrare in sintonia con l’isola; angoli-pensatoio dove riscoprire il piacere dell’ozio, come quello a disposizione degli ospiti della Tenuta Borgia, location del film A Bigger Splash, di Luca Guadagnino (2015). Il più scenografico, quello del Fai, ripara un rigoglioso arancio carico di frutti. Lo si incontra in località Khamma, fra spettacolari terrazzamenti coltivati a zibibbo che circondano la cantina di Donnafugata, dove nasce il Ben Ryé ,la Ferrari dei passiti.
YOGA, TREKKING E CENE SOTTO LE STELLE
Il mare non è facile a Pantelleria. Non ci sono grandi spiagge bianche, ma calette di sabbia nera affacciate sull’acqua verde smeraldo o blu cobalto, da conquistare con una barca o scendendo lungo sentieri impervi in mezzo alla macchia mediterranea. È annunciata dal grande faro bianco di Punta Spadillo, sulla costa orientale, a otto chilometri dal capoluogo, dove un sentiero tra i massi lavici erosi dal vento scende alla piscina naturale delle Ondi- ne, alimentata dalle mareggiate di tramontana. Si accede agevolmente al Bue marino, dove un tempo si avvistavano le foche monache e oggi si prende il sole sulle balate, gli scogli piatti, o la cala di Kattibuale (Campobello), ridossata. Sul mare si affacciano anche i dammusi, intonacati di bianco e con il tetto a cupola, veri monumenti simbolo dell’isola e retaggio, come la toponomastica, della dominazione araba. Si può affittare Trusco ,a Rekhale, su un promontorio alla fine di una sterrata, con piscina spettacolare affacciata sul tramonto. Ci si dedica in giardino alle sedute di yoga della maestra Simona Giordano (cell. 338.40.87.056), che raggiunge gli ospiti nelle varie case. Sono un rito della vacanza le cene all’aperto a base di pesce ordinato ai pescatori (ogni barca ha il suo numero di telefono) e ritirato al porto di Pantelleria. Ma non bisogna perdersi le delizie della cucina dei vari ristoranti dell’isola, come gli spaghetti con ricci e patelle della trattoria La Vela, a ridosso di un piccolo molo di pescatori a Scauri porto. L’esigente gruppo degli habitué si ritrova a Il principe e il pirata, in una casa isolana con grande terrazza sul mare, dove lo chef si esibisce in uno strepitoso calamaro ripieno di gamberi e verdure saltate e nei ravioli di ricotta e mentuccia ai ricci di mare. Per smaltire gli eccessi, si può seguire la guida Peppe D’Aietti (cell. 328.41.65.598 ) in un trekking lungo i 600 chilometri di sentieri tra i Sesi, le tombe neolitiche, le affascinanti gole laviche del cono vulcanico del Gelfiser, il monte Gibele, inebriandosi di profumi e colori della macchia mediterranea. Felicemente sconnessi, per poche ore o per un giorno.
Pantelleria è un luogo dell’anima e uno stile di vita. Scandito dalle giornate pigre e dalla potenza della natura