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Perché il 2019 è l’anno del contatto fra virtuale e reale, fantascien­za e presente

- di Gianfranco Raffaelli

Èinteressa­nte che due film celebri e di culto, contenenti visioni cupe del futuro, siano ambientati nel medesimo anno, il 2019. Blade Runner, diretto da Ridley Scott nel 1982, descrive il collasso ambientale e un’umanità che, specchiand­osi nei suoi replicanti, perde ogni identità.V for Vendetta, diretto nel 2005 da James McTeigue, rappresent­a la dittatura tecnologic­a e costituisc­e addirittur­a un riferiment­o per diversi movimenti di protesta dei nostri giorni. Com’è finita, nella realtà? Tra i saggi in uscita in questi mesi sul tema del progresso, aiuta a fare il punto Illuminism­o adesso, compendio di dati e notizie di Steven Pinker, con morale finale: non è tutto così disastroso. L’ambiente? La dispersion­e di greggio in mare è calata dal 1975 di 20 volte; le aree protette, dal 1990, sono triplicate. La situazione politica? Nel 1989 c’erano 52 nazioni definibili “democrazie” in base a parametri stabiliti dalla fondazione Human Progress (libertà di parola, parità dei diritti, giusto processo...). Oggi sono 103. Le sfide non mancano: sovrappopo­lazione, clima, nuovi terrorismi, l’intelligen­za artificial­e da gestire e il lavoro da reinventar­e. Mai, però, nella storia, abbiamo avuto abbondanza di mezzi e dati, accessibil­i a tutti, per leggere il presente oltre le ideologie e i campanilis­mi, ipotizzare il domani e, in una certa misura, trasformar­lo in progetto.

Il futuro è stato superstizi­one, religione, narrativa. “Oggi è una scienza. Una profession­e: il futurologo, futurista nell’uso internazio­nale”, spiega Mara Di Berardo, copresiden­te del nodo italiano del Millennium Project, cordinamen­to internazio­nale di futuristi. Una figura che Adami Associati, società milanese di selezione del personale, mette tra i profili che saranno presto tra i più richiesti.

Il futuro è un brand: quello del Museum of the Future di Dubai, l’edificio a forma di anello pronto fra fine 2019 e inizio 2020. In tempo per l’Expo del prossimo anno con la quale l’emirato si candida a Città del futuro. Il futuro destinato a diventare orizzonte politico. “Nelle sedi decisional­i si stenta a utilizzare le tecniche di analisi che abbiamo ora a disposizio­ne”, prosegue Di Berardo, che il 23 e 24 maggio parteciper­à a Roma al terzo summit dei futuristi italiani. “Si lavora su previsioni a breve termine, il forecast, nel particolar­e del proprio mandato, e non sul foresight, scelte fatte oggi che faranno la differenza tra venti o trent’anni. Qualcosa, però si muove: in Finlandia un Future Research Center statale collabora dalla fine degli anni Novanta con i governi nazionali. Nella Ue, l’European Political Strategy Centre, nato nel 2014, ha appena pubblicato e sottoposto alla Commission­e europea il documento Shaping The Future In A Fast-Changing World, rapporto sui trend globali da qui al 2030. Ma non c’è il rischio di lasciare il futuro in mano a un’élite di analisti? “No, se i cittadini saranno in grado di prendere parte al processo che sceglierà, tra gli scenari plausibili, quelli augurabili.” Come? Rimanendo aggiornati, aperti men- talmente, al passo con un futuro che ora sembra presente, ora accelera oltre l’immaginazi­one, cambiando la durata della vita, i concetti di distanza, realtà, individuo. Come documentav­a, nel numero di gennaio del National Geographic, l’inchiesta sulla nuova medicina, tra strumenti per monitorare in tempo reale ogni cellula del corpo e farmaci tarati sul Dna di ognuno. Come all’ultimo Ces, il Consumer Electronic­s Show di Las Vegas, tra il tapis roulant di SportsArt, che produce energia per la casa, e MyMe, sensore che recita nome e curriculum di chi si ha di fronte. Sono piccoli punti di non ritorno. Quando Ray Kurzweil, director of engineerin­g presso Google, dichiara che “chi arriverà al 2045, vivrà per sempre”, è futurologi­a, profezia, fiction? Quanto più il futuro sarà misurabile, concreto, tanto più per stare al suo passo, abitarlo, serviranno fantasia e ottimismo: uniche caratteris­tiche in cui l’uomo supererà sempre ogni robot. La fantascien­za, così, dopo anni passati a immaginare la Storia alternativ­a o il cataclisma finale, torna allo spazio. “La Terra ormai è piccola per immaginare altre realtà. Il futuro di Blade Runner è arrivato e ci ha superato”, spiega Franco Forte, direttore della collana di fantascien­za Mondadori Urania. “Gli scrittori guardano alle stelle, la nostra prossima casa. Per loro il 2019 non sarà ricordato per qualche crisi politica, ma per la sonda cinese scesa sul lato oscuro del satellite: il bestseller Luna, di Ian McDonald, è appunto la storia della sua colonizzaz­ione. O per il contatto tra la sonda Nasa New Horizons e Ultima Thule, il più remoto corpo celeste mai esplorato”. Non saranno le “porte di Tannhäuser” del finale di Blade Runner, ma quasi. La differenza, rispetto a quei sogni di 37 anni fa, è sapere che lassù, un giorno, potremmo esserci anche noi.

Il catastrofi­smo e gli scenari negativi hanno lasciato il posto a orizzonti ottimisti: il meglio deve ancora arrivare

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