A un passo dal cielo.
Il Giro del Confinale è un trekking in quota, per tutti. Nel Parco dello Stelvio
Un trekking fra alcune vette-simbolo dell’alpinismo europeo, alla portata di tutti, nello scenario unico di 13 cime che rispettosamente cercano di non sovrapporre le loro ombre l’una all’altra. È il Giro del Confinale: un circuito ad anello, in alta Valtellina, che si snoda interamente all’interno del Parco nazionale dello Stelvio, una delle più antiche e vaste aree protette d’Italia, tra i sentieri, la Valfurva e le valli dello Zebrù, del Cedec e dei Forni, offrendo allo sguardo un giro completo di bussola tra lembi di Lombardia, Trentino e Alto Adige. Un tour di tre giorni, con tappe da quattro-sei ore, per ripercorrere cammini e arrampicate che fecero da sfondo a piccole e grandi sfide della storia della montagna. A partire dall’impresa epica del cacciatore di camosci Josef Pichler, che per primo, nel 1804, scalò la vetta dell’Ortles (3.905 m). O quella dell’ingegnere Carlo Donegani, che nel 1818, per volontà di Francesco I d’Austria, iniziò i lavori per realizzare la strada più alta d’Europa, collegando le valli austriache del Tirolo alla Lombardia. Gli audaci tornanti a spirale dello Stelvio furono anche lo spettacolare terreno di competizione fra Fausto Coppi e lo svizzero Hugo Koblet nel Giro d’Italia del 1953, vinto dall’italiano proprio grazie all’impresa realizzata nella penultima tappa sullo Stelvio, che da allora fu ribattezzato cima Coppi.
Il Giro del Confinale si percorre dal 15 giugno al 15 settembre, quando la neve disciolta dei ghiacciai torna negli argini dei torrenti. A scandirne le tappe sono cinque rifugi in quota (Campo, Quinto Alpini, Pizzini, Branca, Forni), che hanno conservato le architetture e la genuina ospitalità di un tempo, pur trasformati in luoghi accoglienti e confortevoli. Inerpicandosi sui sentieri che partono da Niblogo, frazione di Bormio, si raggiunge una delle più suggestive vallate del Parco, la Val Zebrù. Circa due ore di cammino portano al Rifugio di Campo, dove concedersi una sosta prima di affrontare le altre due ore e mezzo (400 metri di dislivello in salita) necessarie a completare la tappa di giornata al rifugio Quinto Alpini, su uno sperone di roccia che guarda verso le vette del gruppo Ortles. “Le oltre quattro ore di trekking che portano quassù, a 2.887 metri di altitudine, non devono spaventare”, spiega Michele Bariselli, gestore del rifugio, di proprietà della sezione di Milano del Club alpino italiano, Cai. “Tutti possono affrontarlo, a patto di godersi le soste per ammirare il paesaggio, dai prati da sfalcio del fondovalle ai boschi di conifere dei versanti, fino alle praterie alpine e alle aree glaciali”.
Tra cuscinetti di genziane, distese di primule e macchie di arnica,
Sospeso su uno sperone di roccia, il rifugio Quinto
Alpini guarda le vette dell’Ortles, mentre ai suoi piedi corrono
cervi e camosci
si scorgono marmotte a caccia di bacche, ermellini e scoiattoli. Nei punti più panoramici, con gli occhi incollati al binocolo, capita di avvistare branchi di cervi e camosci tra il fogliame, e stambecchi aggrappati alle rocce. “Proprio per osservare da vicino, senza disturbare, la fauna, dalla prossima stagione il Parco permetterà di noleggiare binocoli”, aggiunge Bariselli.
Le prime luci della sera, impastate con l’indaco e l’ocra del tramonto, sono la cornice per un aperitivo sulla terrazza del rifugio Quinto Alpini, affacciata sulla cima dell’Ortles, che si colora di lampi rossastri. Gli avvistamenti e le sensazioni della giornata si condividono poi con gli ospiti davanti a un piatto di pizzoccheri. Accade spesso, come racconta Bariselli, di incontrare al rifugio il valtellinese Marco Confortola, che ha scalato senza ossigeno dieci delle 14 cime oltre gli 8.000 metri, tra cui l’Everest, il K2 e l’Annapurna: nella primavera 2018 ha dovuto rinunciare alla conquista dell’undicesima vetta, il Kangchenjunga.
RUSCELLI E CESPUGLI DI RODODENDRI
La mattina si riprende la marcia: il trekking che attraversa il Passo dello Zebrù conduce fino al Rifugio Pizzini, a 2.706 metri, ed è un percorso spettacolare tra ruscelli e cespugli di rododendri, mentre la vista si apre sulla piramide del Gran Zebrù, con la sua meringa di neve trasportata sui crinali a oltre 3.000 metri. Con lo sguardo si insegue il volo dei gipeti per scoprirne i nidi tra le rocce che costeggiano il torrente Cedec. Il Rifugio Branca (2.493 m) ha l’atmosfera di una piccola baita alpina incorniciata dalla visione del Ghiacciaio dei Forni e delle Tredici Cime, fra cui svettano quelle di San Matteo, del Tresero, del Palòn de la Mare e del Cevedale, al di sopra dei 3.500 metri.
Dal Branca, attraversando su piccoli ponticelli i torrenti del Frodolfo e del Rosole si raggiunge il piccolo Lago delle Rosole, nel comune di Valfurva. A ovest due ponti tibetani consentono l’attraversamento delle forre, mentre il sentiero segue il tracciato delle trincee della Prima guerra mondiale fra resti di reticolati di filo spinato, piazzole per mitragliatrici e due guardiole in pietra. Un percorso ben segnato chiude l’anello del Giro del Confinale al Rifugio Forni, tornato agli splendori di fine Ottocento, quando era una delle mete del Grand Tour, pubblicizzato da cartoline e manifesti dell’epoca. Poi si ridiscende a Bormio per una pausa relax alle terme, note sin dal I secolo a. C.: dell’antico impianto, oggi parte di QC Terme Bagni Vecchi, rimangono solo due vasche in grotta, ma dall’infinity pool a picco sulla rupe si domina la valle da un punto di vista privilegiato. Per un’ultima emozione si prende la funivia White Lady, che dagli impianti di Bormio 2000 raggiunge il Rifugio Heaven 3000 ,in località Cimabianca, una struttura dal design contemporaneo con terrazza panoramica da cui salutare, un’ultima volta, le cime dell’Ortles. Fino alla prossima avventura.
Dopo il trekking, ci si rilassa a Bormio, nelle calde acque termali dell’infinity pool dei Bagni Vecchi