IL CUORE DEL MEDITERRANEO
Ha il centro storico più grande d’Europa. Un patrimonio culturale che parte dai Fenici e arriva ai giorni nostri. Crocevia di popoli, il capoluogo siciliano è anche un laboratorio di sperimentazione: i nuovi spazi dell’Orto botanico, i luoghi del contempo
Nel 2018, da Capitale della cultura italiana, è stata il cuore pulsante del Mediterraneo, accogliendo tanti turisti quanto i suoi abitanti, oltre 600 mila, moltissimi stranieri. Da allora Palermo non si è più fermata. Perché “in una città come questa non si può mai smettere di guardare, e di guardare con occhi che perciano la pietra, i secoli”, scrivono Simonetta Agnello Hornby e Mimmo Cuticchio in Siamo Palermo (Mondadori, 2019). Fondata dai Fenici novemila anni fa con il nome di Ziz, fiore, la città siciliana affabula il visitatore con mercati che sembrano tableaux vivant, stordisce con il fasto di palazzi e giardini-belvedere. La bellezza è anche là dove l’antico sfiorisce, dove l’incuranza seppellisce la storia. Palermo è una mappa di suoni, odori, rappresentazioni. “È una città che fa venire voglia di scoprirla. È come i grandi amori: ti manca quando sei lontana e ti soffoca quando ci vivi”, ha detto l’attrice Isabella Ragonese. A cominciare dai suoi palazzi, aperti per una delle sue manifestazioni più apprezzate, Le Vie dei Tesori, che quest’anno si svolgerà per sei fine settimana a settembre e a ottobre e coinvolgerà molti centri e borghi dell’isola, dal porticciolo di Sant’Erasmo alle ville antiche dell’Arenella (leviedeitesori.it). Nel capoluogo gli occhi saranno tutti per i gioielli di tradizione greca, romana, bizantina, araba, normanna, sveva, francese, spagnola, piemontese, austriaca. Tante sono le tessere del mosaico storico siciliano.
Sarà un’emozione per tutti i sensi lasciarsi condurre tra gli affreschi, gli stucchi, le maioliche, gli arre
di di Palazzo Alliata Villafranca, realizzato a metà del XVII secolo. Si cammina nei saloni di rappresentanza, ci si incanta davanti alla Crocifissione di Van Dyck, alle tele di Matthias Stom e Pietro D’Asaro. Nel silenzio dell’Oratorio di San Lorenzo, in via Immacolatella, si evoca il racconto sul clamoroso furto della Natività con i santi Francesco e Lorenzo, capolavoro del Caravaggio, rubato nel 1969 e mai ritrovato. Lo sguardo, fuori, abbraccia altri simboli della città: Palazzo Reale, la Cappella Palatina, la cattedrale, la chiesa di San Giovanni degli Eremiti, il castello della Zisa.
Nel quartiere della Kalsa i profumi dell’Orto botanico, il più grande e antico d’Europa (risale alla fine del Settecento), con Ficus giganteschi, fusti secolari e infiorescenze rare, invaderanno anche agli spazi del nuovo Culture Concept Store, un luogo speciale per leggere i linguaggi degli artisti, invitati a riformulare gli ambienti, e interagire con essi. L’intervento del duo di creativi californiani Fallen Fruit (David Allen Burns e Austin Young), che nel 2019 hanno incantato il Victoria & Albert Museum di Londra, ha riguardato le pareti, rivestite di carte da parati con i fiori, le piante, le farfalle che nascono nell’orto. Un’opera d’arte immersiva per sentirsi tutt’uno con la natura. Un’esperienza simile accade quando si passeggia tra il verde, ascoltando la musica di Fabrizio Cammarata e, nelle notti estive, ammirando le lucciole che rischiarano il cammino. In autunno è attesa poi la mostra floreale Zagara, che richiama circa 20 mila visitatori. Affidato all’Università di Palermo, che cura anche un herbarium, con materiale digitalizzato e consultabile online, e
una banca dei semi, l’orto botanico lascia un segno nella memoria come fu per Goethe: “Ho passato ore di quiete soavissima, ha un che di fatato: ci trasporta in tempi remoti”.
MERCATI E STREET FOOD
La natura è stata generosa con la città, che si allunga nella Conca d’oro, con un anfiteatro di montagne e la collina di Santa Rosalia, o Monte Pellegrino, a custodia del porto. “Palermo è la città col panorama più bello del mondo” disse Oscar Wilde. “Stupenda è la vallata situata fra due mari, con i boschetti di limoni e i giardini d’aranci così perfetti. Molti ragazzotti hanno volti che sanno di grecità, altri proprio da arabi, sembrano tante sculture che girano a cielo aperto”. La città accoglie, restaura, sfida il nuovo, ma “nei sapori è una terra legata alle proprie radici”, precisa Francesco Massaro, a capo della storica e omonima pasticceria (via Ernesto Basile 24), dove banchi e vetrine grondano di arancine, cannoli alla ricotta, sfince di San Giuseppe (una pasta brioche fritta e ripiena di ricotta). Palermo è tradizionalista anche nei riti: l’arancina al posto del croissaint, la iris, un dolce fritto sempre ripieno di ricotta, il pane con la milza, “un simbolo della gastronomia di strada”, ricorda ancora Francesco Massaro. Le sue vetrine sono vicine allo storico mercato Ballarò, il più antico (risale al X secolo), con i suoi
venditori che lanciano le abbanniate, urla e versi dialettali per attirare i clienti. Ci si lascia guidare dai profumi di spezie, agrumi, erbe aromatiche, frittelle di farina di ceci (panelle), crocchette di patate (cazzilli). Il mercato Borgo Vecchio, uno dei quattro più vecchi della città, aperto fino a tarda sera, è frequentato soprattutto dai locali, anche solo per darsi appuntamento qui, tra piazza Ucciardone e piazza Sturzo.
UNA NUOVA STAGIONE
Anche Palermo è pronta a ripartire. Al Teatro Massimo (teatromassimo.it), che nei giorni di chiusura ha visto tantissimi cittadini collegarsi alla web tv e seguire gli spettacoli come Madama Butterfly di Giacomo Puccini (nell’edizione del 2016, con la direzione di Jader Bignamini) annunciano, dal 15 al 30 settembre, la trilogia mozartiana (Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte). Il Massimo, che è stato il primo teatro dell’Opera d’Italia (1897) ed è il terzo per grandezza in Europa, si contempla inoltre come un’opera d’arte grazie alle visite guidate, che permettono di ammirare stucchi, lampadari di Murano, broccati. Attraverso una scaletta molto ripida si accede alla terrazza che regala uno straordinario colpo d’occhio sulla città.
Anche il Museo archeologico Salinas, che espone una delle più vaste collezioni etrusche al mondo, stimola nuovi sguardi dopo aver aperto le porte al contemporaneo con mostre, rassegne di fotografia, concerti, reading. Il suo percorso è stato rinnovato: al piano terra si accede alla nuova “agorà del Salinas”, dove si trovano il frontone del Tempio C di Selinunte, il più importante complesso scultoreo dell’arte greca d’Occidente, le gronde leonine del tempio di Himera,
le oreficerie della necropoli di Tindari. Nella mappa sensoriale c’è poi Palazzo Chiaramonte Steri, imponente edificio del Trecento, tra i primi esempi di stile chiaramontano, dove forme islamiche incrociano stilemi normanni e gotici. Qui bisogna alzare lo sguardo al soffitto a cassettoni realizzato sette secoli fa. Un bestiario medievale che mette in scena cortigiane, dame, leggende cavalleresche, stemmi nobiliari. Si sta con il naso all’insù, studiando simbologie, misteri.
Sul litorale sono tornate a brillare le architetture Liberty dello Stand Florio (standflorio.it), armoniosa costruzione progettata nei primi anni del Novecento dall’architetto Ernesto Basile. Lo commissionò, nel 1905, l’imprenditore Vincenzo Florio, che immaginò un luogo per lo sport e il divertimento. Oggi è uno spazio polivalente, dove si ascolta musica, si assiste alla proiezione di un film, si gusta un aperitivo al Caffè Targa. E, nell’edificio un tempo adibito agli scommettitori del tiro al piccione, si apprezzano i sapori decisi di Carlo D’Amato, fra tradizione e innovazione. Resta il tempo per lasciarsi accarezzare dalla brezza che attraversa il giardino, con oltre tremila specie. Un rifugio dei sensi.