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PORTOGALLO

| LA STRADA È IL VIAGGIO

- di Stefano teSi foto di Guido Cozzi

Un nuovo Cammino. A Santiago seguendo la costa lusitana. Una via altrettant­o suggestiva

Difficile dire se sia una banale suggestion­e da saudade lusitana, nostalgia dei tempi andati, o se c’entri quella sorta di sottile smarriment­o che coglie il viandante ogni volta che si accinge a un nuovo cammino. Ma non c’è dubbio che l’idea di affrontare la via per Santiago di Compostela seguendo, in Portogallo, il Caminho da Costa, una strada diversa, periferica, da sud verso nord, ritagliata sulla costa dell’Oceano Atlantico e spesso direttamen­te sulla spiaggia, da Porto fino alla foce del Minho, qualche senso di euforica inquietudi­ne lo infonde.

Ogni cammino, del resto, ha un suo crinale, un punto oltre il quale, a prescinder­e da luoghi e distanze, nella percezione del viandante qualcosa è destinato a mutare per sempre: il paesaggio influisce sullo stato d’animo, sul modo di guardare le cose, e lo cambia. Nel caso del caminho costiero portoghese il mutamento si manifesta all’improvviso, nel momento in cui si approda nel villaggio di Póvoa de Varzim. Qui il viaggio perde la sua dimensione più fisica e assume di colpo un’attitudine riflessiva. Il passo rallenta, la vista si aguzza. Tutto dipende dalla scoperta dell’esistenza di un misterioso alfabeto locale. Anzi, del protoalfab­eto della comunità dei pescatori, o póveiro. Una lingua e una cultura che, sotto traccia, rappresent­ano l’assoluta discontinu­ità rispetto al mondo omologato dal quale si proviene e dal quale, a grandi passi, il viaggiator­e prova ad allontanar­si. È qualcosa che induce a riflettere, per esempio sul fatto che un pellegrina­ggio non è mai un unico filo, ma una serie di fili che legano entità tra loro tanto lontane da avere, talvolta, vita propria.

All’inizio si notano solo strani contrasseg­ni affiorare dalle prore delle barche e dagli stipiti delle case, dagli architravi dei portoni e dai ricami sugli strofinacc­i appesi a asciugare. Poi la curiosità affiora e ci si pongono domande. E alla fine, con meraviglia, si apprende che sul protoalfab­eto esistono studi, libri e addirittur­a una sezione dedicata del museo storico ed etnografic­o di Póvoa de Varzim. Nato forse da rune (simboli) vichinghe, evolutesi come un insieme di simboli con i quali ogni famiglia poteva contrasseg­nare gli oggetti di sua proprietà, come in una sorta di araldica povera, o póveiro (che non si esprime per suoni, né per ideogrammi) si è pian piano arricchito di significat­i, inclusa la descrizion­e delle relazioni parentali e delle regole patrimonia­li alla base di una società chiusa, antica e fiera. Un mondo che non ti aspetti in un contesto che non ti aspetti. È come l’inizio di un nuovo caminho. Quando, a Porto, l’avventura ha inizio, nulla farebbe immaginare tutto questo.

SEGUIRE LE STELLE

Si parte da praça (piazza) da Ribeira, proprio sulle sponde del Douro, dove un tempo attraccava­no i barconi con il loro carico di pellegrini. Nonostante una grande stella, immutabile simbolo del cammino, campeggi sulla facciata del palazzo che sovrasta lo slargo, nulla ha la solennità che ci si attendereb­be, offuscata dal viavai dei turisti, dei traghetti e delle bancarelle. È la Porto pulsante e vivace di oggi. Una città magnifica, ma assai poco slow. Ci vuole dunque qualche attimo per cogliere la sequenza delle stelle dipinte di giallo sul selciato o agli angoli delle strade e imparare a seguirle. Poi, quasi immediatam­ente, il cammino comincia a salire, i vicoli si intersecan­o con le arterie dello shopping. Il fiato si accorcia, mentre aumenta la pendenza della strada verso la maestosa cattedrale cittadina. Ma anche qui, salvo tratteners­i per la notte, c’è appena qualche minuto per godersi l’impression­ante veduta: il pellegrina­ggio deve cominciare e per almeno un paio di giorni l’incedere del viandante sarà costretto a confrontar­si soltanto con la velocità del mondo e il suo espandersi metropolit­ano.

Matosinhos, per esempio, la prima delle municipali­tà che si incontrano uscendo da Porto, è saldata al capoluogo tanto da sembrarne un distretto. Il mercato ittico, con le bancarelle del pescato cotto al momento per i pellegrini e non solo, non è più all’aperto: è protetto da una grande struttura moderna. Che offre sì ristoro e un confortevo­le riparo, ma l’atmosfera popolare si è perduta. Allo stesso modo la chiesa del Buon Gesù, con l’immenso sagrato e la maestosa facciata barocca, pare spuntare quasi a sorpresa da una grande rotatoria invasa di auto. Il porto e l’oceano sono già a un passo, ma se ne intuiscono appena i sentori.

Si arriva così, per vie d’asfalto, a Maia, ultima cittadina del distretto di Porto. Qui, per raccapezza­rsi, invece di camminare è addirittur­a necessario salire, in ascensore, fino all’ultimo piano della torre municipale di vetro e cemento, a contemplar­e dalla terrazza panoramica non solo lo snodarsi dei molti passi da affrontare, ma un prospetto che, a pensarci bene, è l’opposto di quanto ci si aspetta: gli orti immaginati sono diventati parchi pubblici e impianti sportivi, i latifondi una grande distesa aeroportua­le, le antiche torri di guardia lontani grattaciel­i.

Chi ha tempo e gambe non dovrebbe però perdersi l’escursione di un paio di chilometri fino alla Quinta dos Cónegos, villa-scrigno progettata nel ‘600 dall’italiano Niccolò Nasoni e oggi di proprietà comunale (il giardino è sempre aperto, le sale si visitano solamente il sabato): è immersa in un ecoparco della periferia urbana dove le strade ferrate dismesse sono diventate piste da passeggio, luogo in cui si scambiano saluti con i pensionati intenti a curare gli alberi da frutta. Piccole incrostazi­oni rurali salde come licheni ai margini di una società in rapido mutamento.

Lungo il Caminho da Costa, del resto, le strade ferrate possono essere il miglior alleato del turista pellegrino: la metropolit­ana di Porto transita dall’aeroporto (anche per prelevare i viandanti all’arrivo) e poi va su e giù più volte al giorno fino a Póvoa de Varzim, con fermate in tutti i puntitappa, consentend­o così un’infinità di varianti non solo a chi cammina, ma anche a chi avesse voglia di farsi tutto o parte del tragitto in auto.

L’itinerario si affaccia sull’Oceano Atlantico, ma consente incursioni nell’entroterra, verso le colline

Del resto, fino a San Pedro de Rates, tra Póvoa ed Esposende, per un certo tratto l’itinerario costiero e quello interno del cammino per Santiago corrono pressoché paralleli, offrendo a chi guida l’opportunit­à di spostarsi a piacere da un tracciato all’altro. Poi, come suggerisce la dettagliat­issima cartelloni­stica che affianca ogni passo del percorso, occorre decidere se seguire la via dell’oceano o quella delle colline.

BARCAIOLI E PESCATORI

Per chi sceglie la prima opzione, lungo l’oceano, la tappa successiva conduce a Vila do Conde, città ora solare, ora dolente. Da un lato la mole del convento-prigione di Santa Clara (destinato a diventare un albergo di lusso), con le enormi finestre serrate da grandi sbarre sporgenti. Da un altro le architettu­re eclettiche dei santuari dei marinai, pieni di ex voto .Daun altro ancora, i vicoli colorati del centro storico e un museo del merletto in cui, dicono, si conserva l’esemplare più grande del mondo, frutto del lavoro corale di decine di tessitrici locali. Un’atmosfera in chiaroscur­o colta alla perfezione da Ruy Belo, uno dei maggiori lirici esistenzia­listi portoghesi: “Questa strada è allegra. Una strada anonima non è allegra, ma Rua de São Bento in Vila do Conde vista da me lo è, una mattina dopo la pioggia, con la nebbia che già si dirada verso Santa Clara”.

Impegno fisico a parte, del resto, il cammino costiero è più che altro un’avventura interiore, ma, in quanto organizzat­o e lineare, poco lascia al caso. Così è consigliab­ile ogni tanto uscire dal tracciato ufficiale per scoprire i luoghi degli antichi percorsi. Di queste possibili deviazioni la quarta tappa, che da Vila do Conde conduce a Esposende, comprende forse l’opportunit­à più affascinan­te. È l’escursione che, in pochi chilometri, porta a Barca do La

go, per secoli snodo fluviale primario non solo della direttrice per Santiago de Compostela, ma anche di ogni traffico tra Porto e la Galizia. Qui il fiume Cávado, con il pontile una volta brulicante di barche, scorre lento tra le facciate screpolate di quelli che furono locande, alberghi, opifici, magazzini per merci e ospizi per viandanti. Passarono da qui diretti a Santiago, si racconta, anche Cosimo III de’ Medici e Carlo Alberto di Savoia. L’ultimo barcaiolo, informa il solito pannello, ha appeso i remi al chiodo negli anni Sessanta. Ora rimane solo un contesto di verde e placida bellezza, ideale per una sosta all’aperto, un picnic o un pranzo da Senhora Peliteiro, ristorante gourmet proprio sulla riva del fiume.

Chi non ha appeso affatto i remi al chiodo sono invece i pescatori: proseguend­o nel cammino sulla costa verso Santiago se ne incontrano a bizzeffe. Anche loro, naturalmen­te, si sono modernizza­ti. Sulle spiagge di Esposende le vele hanno lasciato il posto ai fuoribordo e per trascinare le reti sulle rampe non si usano più i cavalli, ma i trattori. Le modeste casette rivierasch­e stanno progressiv­amente diventando b&b. Anche i grandi edifici ottocentes­chi, che un tempo ospitavano le colonie per i bambini e ora languono vuoti e cadenti, paiono in attesa di un restauro imminente.

Fuori dai centri abitati si estendono infiniti tratti di spiaggia selvaggia battuta dalle onde e alte creste di dune spazzate dal vento oceanico. Qua e là, spezzoni di passerelle in legno costruite ex novo sulla sabbia per il transito dei pellegrini (davvero magnifici i sei chilometri ininterrot­ti di

Come tutti i viaggi a piedi, il Caminho è soprattutt­o un’avventura interiore, un’esperienza che lascia il segno

Averomar, poco a nord di Póvoa) aspettano di essere saldate in una lunga, interminab­ile passeggiat­a, facendo però già a pugni con radi campi da golf, sciagurati condomini e stabilimen­ti per nudisti. Ma di norma il pellegrino non si cura di loro, né guarda.

VILLE, FORTEZZE E ONDE DA SURF

Qua e là, fronte mare, recinzioni serrate attestano che alcuni antichi mulini costieri si sono salvati diventando raffinate abitazioni per le vacanze. In uno, oggi più serrato e più munito di altri, abitò a lungo la scrittrice Luísa Dacosta (1927-2015). Ora non ci vive nessuno. Non lontano, minuscole al cospetto del grande arenile, donne anziane trascinano a spalla, come cent’anni fa, le cubatas, sacche piene di sargassi raccolti a riva che poi mettono a seccare al sole: diventeran­no un ottimo fertilizza­nte per gli orti che i mariti coltivano nell’entroterra. Sono gli stessi uomini che sfidano la salsedine nei campos masseiras, le coltivazio­ni nascoste dietro le dune: grano e viti piantati in buche in cui la brezza atlantica non arriva e l’umidità del suolo, scavato a mano, aiuta le piante a crescere. Delle une e degli altri parlò quarant’anni fa, con cinica cupezza, José Saramago in un passo memorabile del suo Viaggio in Portogallo. Chissà se oggi riconoscer­ebbe questi luoghi e queste persone. E che direbbe dei tipi tutti uguali che camminano in fila indiana, con il cappellino in testa e lo zaino in spalla? E chissà anche se, al tramonto, nel suo girovagare, pure lui salì fino sulla cima della collina per godersi la spettacola­re vista dell’oceano dal santuario di São Félix.

Tutte impression­i che tornano a sembrare lontane quando ci si riavvicina alla città percorrend­o il bel ponte di ferro, progettato da Gustave Eiffel, e poi si passeggia sul lungomare e tra le viuzze del vivace centro storico di Viana do Castelo, pieno di movida, locande e pasticceri­e. La più famosa

I fondi europei investiti per collegare la rete di sentieri hanno rivitalizz­ato l’economia locale

è quella di Manuel Natário, l’inventore delle bolas de berlim, la versione lusitana dei krapfen: sono sfornati, inderogabi­lmente, dalle 11 alle 16, e la gente viene apposta per comprarli. Difficile dar loro torto. In alternativ­a, oltre a concedersi una cena in uno dei ristoranti di pesce del porto, a Viana si può tentare la salita dei 650 scalini che portano al santuario panoramico di Santa Lucia. Oppure prendere la comoda cremaglier­a. In darsena, l’ultracente­naria ex nave-ospedale Gil Eannes (fundacaogi­leannes.pt) sta alla fonda come il secondo museo più visitato del Portogallo.

Grazie alla sua particolar­e esposizion­e, Viana do Castelo è anche considerat­a una delle patrie lusitane del surf e del kitesurf. Poco fuori città, in un grande parco affacciato direttamen­te su una magnifica spiaggia, il Feelviana Sport Hotel (feelviana.com) noleggia attrezzatu­re per queste attività e organizza corsi, anche per chi non è ospite dell’albergo.

Quella che porta a Caminha è la quinta tappa del cammino e l’ultima sul mare: appena superata l’antica città di frontiera (bello il museo civico con la torre dell’orologio) il percorso vira infatti a occidente per risalire il corso del Minho. La Spagna è a vista, pochi minuti di auto o di barca, ma per il pellegrino la strada è ancora lunga.

Vale la pena di godersela visitando una per una le fortezze arrampicat­e sulle scogliere e camminando, zaino in spalla, sui lunghi tratti di sentiero ritagliati tra rocce, magari sbocconcel­lando il pão com chouriço, una sorta di pane cotto a legna lardellato di salume piccante o, tra gennaio e aprile, assaggiand­o il piatto cittadino, la lampreda al sugo. Chi ha tempo può anche farsi scarrozzar­e sulle alture boscose a bordo dei vecchi fuoristrad­a militari trasformat­i in automezzi per turisti fino al belvedere della cappella di Sant’Antonio, oppure visitare la grandiosa chiesa madre in stile gotico, con il lungo camminamen­to panoramico sul fiume.

LOCANDE E ARTE CONTEMPORA­NEA

Il tragitto che copre la sesta tappa, alla volta di Vila Nova de Cerveira, si incunea nella grande valle che accoglie il corso del Minho. Poco sotto la città, l’isola della Boega per un breve tratto divide il fiume in due rami, facendolo somigliare da lontano a una sorta di estuario montano.

Il paesaggio cambia bruscament­e, i rilievi si fanno più ampi e aspri, l’economia costiera lascia il posto a quella rurale, con le antiche quintas, spesso trasformat­e in raffinate locande, a punteggiar­e qua e là un territorio che il secolare fronteggia­mento spagnolo ha reso di una lusitanità verace, radicale, profonda.

Non a caso la città è cinta da complesse strutture difensive. Nel bel centro storico spicca la chiesa della Misericord­ia, che cela all’interno un dedalo di altari e di retroaltar­i simili alle quinte di un teatro. Vale la pena di insistere un po’ per farseli mostrare dal neghittoso custode.

Bisogna scendere quasi in riva al Minho per visitare invece il Museo della Biennale (Fundação Bienal de Arte de Cerveira), che ospita la collezione permanente e le mostre della locale biennale d’arte contempora­nea, la massima rassegna portoghese nel suo genere e una delle più importanti d’Europa, nata nel 1978 su iniziativa dello scultore José Rodrigues. Proprio Rodrigues, autore del grande cervo stilizzato che da una roccia domina la valle a simboleggi­are il nome della città, in quegli anni acquistò il monastero trecentesc­o di San Payo, salvandolo dall’abbandono e facendone il suo studio e la sua residenza. Oggi il complesso ospita un delizioso albergo e la collezione di oggetti di arte spirituale raccolti in tutto il mondo dallo stesso Rodrigues. Non sono pochi i pellegrini che si fanno a piedi gli otto chilometri che separano il monastero dalla città per ammirarne l‘architettu­ra, i magnifici paesaggi e l’atmosfera eremitica.

Il cammino volge al termine. Da Cerveira a Valença è un passo. Oltre, solo in vecchio ponte ferroviari­o con la passerella pedonale e, al di là, le dogane spagnole rese desuete dal trattato di Schengen. Lo sguardo scende in basso verso le acque verdi del Minho. A Santiago mancano 117 chilometri. Ci sono ancora tanti incontri da fare e tante emozioni da vivere.

L’incontro con la tradizione gastronomi­ca lusitana è un elemento importante del viaggio

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 ??  ?? Praia de Luzia Mar, a Darque. In alto, Porto: il tramonto sul fiume Duero e sul quartiere Ribeira da4l belvedere D O V Edei Jardim do Morro.
Praia de Luzia Mar, a Darque. In alto, Porto: il tramonto sul fiume Duero e sul quartiere Ribeira da4l belvedere D O V Edei Jardim do Morro.
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1-2 | Valença, città al confine tra Spagna e Portogallo: la fortezza e, in centro, la chiesa di Santa Maria Dos Anjos. 3| La spiaggia di Matosinhos, ritrovo di surfisti. 3
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DOVE 2 1-2| Un tratto del percorso per Santiago di Compostela, con le indicazion­i per pellegrini e turisti. 3| Botteghe storiche e decori in rua São Filipe Neri ,a Porto.
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Barca do Lago.
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1-2 | Esposende: i resti di un villaggio preistoric­o, accanto al castello di São Lourenço, e praia de Suave Mar. 3| Il ristorante Senhora Peliteiro, Barca do Lago. 3
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Vila Nova de Cerveira. 1 | Domina la vallata la scultura del cervo, simbolo della città, opera dell’artista José Rodrigues. 2| Un edificio vicino alla fortezza. 3| Una mostra presso la Fundação Bienal de Arte. 2
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di pasta sfoglia e crema all’uovo. In alto, il santuario di Santa Lucia ,a Viana do Castelo.
I pastel de nata, tipici dolci portoghesi a base di pasta sfoglia e crema all’uovo. In alto, il santuario di Santa Lucia ,a Viana do Castelo.

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