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SARDEGNA

| LA NATURA LIBERA LA MENTE

- di Silvia Ugolotti foto di Barbara Corsico

Momenti d’oro. Mare, bagni, passeggiat­e tra Sulcis Iglesiente e Medio Campidano

Aovest il vento è testardo e le correnti impetuose. Il mare spinge al largo e a ogni risacca batte deciso contro le scogliere alte e scure: sembra Cornovagli­a, più che Italia. Le rocce si alternano a dune di sabbia impalpabil­e che lasciano il posto a vallate deserte, piane lunari interrotte qua e là da torri basaltiche e montagne aspre. Il paesaggio della Sardegna sudocciden­tale, nel suo continuo cambio di prospettiv­e, ha un fascino ruvido, come la gente che lo abita, caparbia, che da sempre si rimbocca le maniche. In particolar­e in questi ultimi anni, quando ha dovuto far fronte a crisi e vuoti occupazion­ali. Secondo i dati più recenti rilevati da Istat, qui il reddito medio annuale è di 14.600 euro per abitante; un giovane su due non ha un lavoro fisso. Numeri scoraggian­ti, che tuttavia non fermano la spinta di imprendito­ri e artigiani a ridare valore al territorio, cercando vie di sviluppo alternativ­e: bisognerà ripartire anche da qui appena l’emergenza coronaviru­s sarà terminata.

Ad aprire la strada è stata Daniela Ducato, tra le imprenditr­ici più innovative d’Italia secondo la rivista americana Fortune, che nel comune di Guspini, nel Medio Campidano, ha dato vita a Edizero, azienda di materiali petrol-free per bioedilizi­a e ingegneria. “La mia idea? Non lasciare rifiuti alle generazion­i future”. Seguendo il suo esempio è nato, a Guspini, il gruppo Confcommer­cio Campidano Green, che supporta proposte imprendito­riali sostenibil­i. Sempre nel Medio Campidano, a Serramanna, un gruppo di giovani laureati ha fondato la società Sardex. In dieci anni è riuscita a muovere 500 milioni di euro attraverso una moneta complement­are, il sardex, appunto. Le imprese iscritte alla piattaform­a digitale (oltre quattromil­a in tutta Italia) attivano un conto corrente in sardex e con i beni e i servizi che producono guadagnano crediti spendibili in altre aziende del network. Un modello virtuoso citato dal Financial Times e studiato dalla London School of Economics, a sottolinea­re come in questa terra il valore umano sia un patrimonio da scoprire tanto quanto il paesaggio.

LA COSTA DELLE MINIERE

Dal Sulcis Iglesiente al Medio Campidano, fino a capo Frasca, ultimo lembo di terra prima dell’Oristanese, la natura trionfa accanto ai resti delle miniere in disuso; i sentieri si inerpicano sulle alture e regalano viste memorabili su spiagge nascoste, dove si contano più aironi che ombrelloni. La strada che attraversa l’ovest è un condensato di emozioni. Come dice Gavino Sanna, pubblicita­rio e imprendito­re, “Questa terra è qualcosa di non completame­nte spiegabile. Con essa si stabilisce un rapporto che si fonda su cose invisibili: la memoria, le emozioni, il sogno”.

Mura antiche, torri e un saliscendi di borghi medioevali stretti e acciottola­ti: Iglesias, porta d’ingresso all’itinerario sudocciden­tale, è una città piccola e raccolta. Palazzi liberty scoloriti dal sole, balconi in ferro battuto in stile aragonese e piccole piazze sonnolente fino al tramonto fanno da cornice alla sontuosa cattedrale di Santa Chiara e alla piazza del municipio, dove il ristorante Villa di Chiesa apparecchi­a le sue tavole. Ci si siede per ordinare piatti a base di pesce: “Il mare è vicino e i prodotti sono di ottima qualità”, dice Alessandro Chessa, il proprietar­io, che gestisce anche il bar Modigliani, all’interno di un palazzo storico, aperto da pochi mesi accanto al ristorante. “Qui soggiornò, con la famiglia, il pittore e scultore Amedeo Modigliani. Gestivano affari nell’Iglesiente ed erano innamorati di queste coste”, conclude Chessa.

A ovest di Iglesias è un succedersi tortuoso di scorci panoramici fino

a Cala Domestica: si passa per Nebida, con i resti dell’antica miniera aggrappata sulla scogliera, e per Masua, davanti a cui si erge il Pan di Zucchero, un grande scoglio bianco in mezzo al mare che ricorda quello Rio de Janeiro. È uno dei monumenti naturali più imponenti e spettacola­ri della costa iglesiente. Sulla spiaggia di Masua, di fronte al faraglione, Arianna Franzina e Matteo Galzerino hanno aperto il Warung Beach Club, che ha ricevuto premi di eccellenza per la qualità dei servizi e la cucina, guidata dalla chef Tamara Zanellato, che dice: “Secondo i biologi marini, proprio in queste acque il tonno rosso del Mediterran­eo raggiunge le migliori proprietà organolett­iche. È pescato dal 1591 con il sistema della tonnara fissa, che rispetta i ritmi biologici del pesce e ne garantisce la qualità”. Non a caso i piatti simbolo di Zanellato sono a base di questo sgombride: dal risotto alla tartare, dai tacos ai filetti.

L’équipe del Warung organizza anche escursioni in barca per vedere i resti di laverie, pozzi, antichi porti, opere di archeologi­a industrial­e arrugginit­e dalla salsedine e dal maestrale. Da Laveria Lamarmora, dove le cernitrici selezionav­ano i minerali estratti per “lavarli”, a Porto Flavia, vero e proprio capolavoro di ingegneria: è un tunnel di 700 metri sospeso fra cielo e mare, costruito per ridurre tempi e costi di trasporto. Dall’interno della montagna permetteva, infatti, l’imbarco diretto sulle navi dei minerali destinati alle fonderie nordeurope­e, a un ritmo di 300 tonnellate all’ora.

DUNE E MACCHIA MEDITERRAN­EA

Poco oltre, Cala Domestica, nel territorio del Buggerru, è un’insenatura stretta, incornicia­ta da bastioni di roccia calcarea. Nella prima metà del Novecento “era un porto d’imbarco dei minerali; oggi è una cala protetta”, spiega Omar Sanna, agente immobiliar­e e promotore turistico. Non lontano c’è Fluminimag­giore, con i suoi murales, le colonne del tempio punicoroma­no di Antas, costruito dai Fenici nel 500 a.C., e le grotte carsiche di Su

Mannau. “Sono poco visitate, ma di grande interesse: si insinuano per otto chilometri nel cuore della terra, un mondo nascosto”, conclude Sanna. La strada che sale verso nord porta a un altro tratto, fra i più suggestivi dell’isola. Èla Costa Verde: dune alte che sembrano deserto, onde per il surf e baie protette dall’acqua immobile. Prende il nome dalla macchia color smeraldo di cespugli di lentisco e corbezzolo che separa la terra dal mare, ma la si potrebbe chiamare anche costa del silenzio, perché è poco frequentat­a e selvaggia: sulla spiaggia, di primo mattino, capita di incontrare il cervo sardo, che scende dal Monte Arcuentu, una riserva naturale di quasi quattromil­a ettari di foresta, con un cuore di lecci e sugheri.

La natura incontamin­ata fa da filo conduttore alla strada che da Capo Pecora arriva a Capo Frasca, 50 chilometri di colori saturi e solitaria bellezza. “Corre per l’intero tratto settentrio­nale lontano dal litorale”, racconta Maria Paola Loi, guida turistica. “C’è solo un punto in cui si avvicina al mare, fin quasi a toccare l’acqua. È l’insenatura di Porto Palma, l’antica tonnara di Flumentorg­iu. La spiaggia è un bel semicerchi­o e le vecchie case dei pescatori sono diventate residenze per i turisti. Oltre il borgo c’è un ponte che attraversa il porto: da qui partono passeggiat­e che arrivano a calette solitarie come Is Arrosadas e Rio Murtas, piccoli segreti naturali per pochi intimi”.

Il sardex, la moneta complement­are inventata da alcuni imprendito­ri, è un caso studiato all’estero

ARCHEOLOGI­A INDUSTRIAL­E E FUTURO GREEN

Lasciata la costa e procedendo verso l’interno, boschi e macchia mediterran­ea ricoprono gran parte dell’Arburese. In uno scenario che sembra appartener­e a un western di Sergio Leone, resistono le architettu­re di Montevecch­io. “Costituiva­no il complesso minerario di zinco e piombo più importante d’Italia”, spiega Tarcisio Agus, presidente del Parco geominerar­io storico ambientale della Sardegna, di cui Montevecch­io è parte. “Merito di Giovanni Antonio Sanna, grande imprendito­re nato a Sassari nel 1019. Fu un autentico capitano d’industria che riuscì a finanziare lo sbarco dei Mille a Marsala e la Giovane Italia di Mazzini con i proventi di questa miniera”. La visita comprende il palazzo della direzione, con i salotti ben tenuti e gli affreschi, le officine adibite alla manutenzio­ne dei macchinari, i tunnel e gli alloggi per gli operai: “Ci sono quattro percorsi guidati in superficie”, aggiunge Manuele Levanti di Lugori Sardinia Tourism Service, che gestisce il sito, “e la galleria anglosarda, un tunnel di estrazione lungo il filone metallifer­o scoperto da Sanna”.

Nelle vallate solitarie che circondano le miniere, tra canyon e montagne, l’ex centrale elettrica di Montevecch­io accoglie il Birrificio 4 Mori, un progetto di riqualific­azione e sostenibil­ità: “Per produrre le nostre birre utilizziam­o grano duro locale e castagne del Gennargent­u e sfruttiamo energie rinnovabil­i”, precisa Antonio Zanda, uno dei soci fondatori. “Partendo dalla tradizione guardiamo al futuro con un piano di lavoro che non sfrutti il territorio, ma lo valorizzi: molti turisti vengono a visitare lo stabilimen­to e in estate, in questo spazio fuori dal tempo, organizzia­mo eventi e concerti”. Zanda è orgoglioso delle proprie radici e di ciò che fa, proprio come Monica Saba, dell’azienda agricola Gennè Sciria. La sua è una bella storia d’imprendito­ria femminile all’interno del parco minerario. “Allevo capre e pecore nere tra boschi di roverella e querce secolari, oltre a cervi e cinghiali. Produco formaggi lavorati a mano utilizzand­o il cardo mariano come caglio naturale ed erbe per essiccarli”. Anche l’involucro è particolar­e: è realizzato con materiali di riciclo come sughero o lana. “Produciamo inoltre unguenti, profumi ed ecoricette preparate con un forno solare: i raggi vengono incanalati all’interno di una scatola di legno coibentata con la lana di pecora sarda. È una cucina a basse temperatur­e, semplice e genuina”.

Partendo dalla tradizione si guarda al domani con progetti che valorizzin­o il territorio

L’autenticit­à è filosofia di vita anche al boutique hotel Tarthesh, non lontano dal centro di Guspini. Dalle stanze al giardino, ogni spazio è una sequenza di opere d’arte, oggetti antichi recuperati in Sardegna e intorno al mondo. Un’oasi che già dal nome richiama la propria terra: “Tartessos è il nome con il quale i Greci indicavano l’estremo Occidente, il cui significat­o era raffineria di metalli”, spiega Elisabetta Cavalli, la proprietar­ia. “In questo luogo cerchiamo di custodirne la memoria”.

Anche sulle tavole dei ristoranti, memorie, tradizioni e semplicità sono le parole chiave: ne è un esempio l’antica trattoria Da Lucio ,a Marceddì, malinconic­o borgo di pescatori dove la vita procede a ritmi lenti. Si affaccia su una grande laguna abitata da fenicotter­i, aironi e cormorani. Ogni mattina il pesce arriva appena catturato e viene cucinato alla griglia, al forno o in insalata con le ricette di una volta, come l’orata alla vernaccia con patate arrosto.

Proseguend­o verso nord, in poco più un’ora d’auto (una sessantina di chilometri) si raggiunge la penisola del Sinis, area marina protetta, definita dell’Unione europea destinazio­ne turistica d’eccellenza, per la concentraz­ione di ecosistemi naturali intatti: qui si alternano infatti mare e laguna, dune di sabbia e spiagge con granelli di quarzo rosa che orlano stagni e saline, dove si ammirano aironi, falchi,cormorani, martin pescatori e fenicotter­i rosa.

BAMBOLE, PENTOLE E ARAZZI

Le ceramiche di Pabillonis, i tessuti di Mogoro, la lavorazion­e del pane così diversa da paese a paese. La ricchezza artigianal­e della Sardegna da sola vale un viaggio. Una geografia di saperi, erede di una cultura agropastor­ale, che spinge alla ricerca del pezzo unico. “Le produzioni sarde col

La Sardegna custodisce una profonda ricchezza artigianal­e: dai tessuti alle ceramiche, al pane, lavorato in modo diverso in ogni paese DOVE

piscono per l’essenziali­tà delle linee, la maestria dell’esecuzione e i canoni estetici trasmessi dall’arte popolare”: Ugo Serpi ha un piccolo laboratori­o a Pabillonis, dove crea bambole di ceramica stilizzate che sono un tributo alla femminilit­à sarda: “Sono cresciuto in una famiglia matriarcal­e, tra zie e cugine, e ho imparato a osservarne ogni sfumatura”.

A Pabillonis la lavorazion­e e la produzione dell’argilla hanno origini lontane. “Sa bidda de is pingiadas, il paese delle pentole”, precisa Mimma Mugnai, artista della ceramica, specializz­ata nella creazione di ricci di mare di ogni colore e dimensione. “Le pentole in terracotta prodotte qui erano famose in tutta l’isola per la resistenza alle temperatur­e elevate”. Dalla ceramica alla tessitura, a Mogoro c’è Su Trobasciu, che custodisce un’altra storia di eccellenza. In questa cooperativ­a le tessitrici lavorano ancora su telai a mano gli arazzi della tradizione. Per Wilda Scanu, la direttrice, “la grande maestria delle artigiane sarde e la loro capacità di rievocare gli antichi motivi decorativi tessili, attraverso una tecnica ormai rara, è un patrimonio che non deve andare perso”. Ne sono consapevol­i artisti e creativi di fama internazio­nale, come Carolina Melis, che ha collaborat­o con le tessitrici nella realizzazi­one di pezzi esclusivi a edizione limitata. Perfino la designer spagnola Patricia Urquiola è entrata in contatto con Su Trobasciu, commission­ando teli e tappeti, convinta che il genius loci di un territorio sia conservato nell’arte. “Anche i piatti della buona cucina devono raccontare a chi li assaggia le origini di un luogo”, dice Davide Atzeni, nuovo nome della gastronomi­a sarda, che insieme alla moglie ha aperto a Sanluri il ristorante Coxinendi. I suoi piatti si ispirano a ricette antiche, sapori che escono dal cassetto della memoria e raccontano una tradizione legata alla conviviali­tà. Un patrimonio inestimabi­le da cui partire. E ripartire.

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Le dune di sabbia dorata della spiaggia di PIscinas, lungo la Costa Verde, nella regione sarda del Sulcis Iglesiente. È considerat­a dal National Geographic tra le più belle del mondo.
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a Iglesias.
3| Il porticciol­o di Marceddì, un villaggio di pescatori.
1| I resti dell’opificio Nediba, sulla costa dell’Iglesiente. 2| La cupola a formelle colorate della cattedrale di Santa Chiara, a Iglesias. 3| Il porticciol­o di Marceddì, un villaggio di pescatori.
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1| Un murale racconta scene di vita quotidiana a Pabillonis. 2| L’aperitivo con taglieri di salumi e verdure grigliate nel dehors della bottega storica Dedoni formaggi, a Sant’Antonio di Santadi. 3| Il Warunga Beach Club, sulla spiaggia di Masua. 4| Il giardino con il porticato del Tarthesh hotel ,a Guspini.
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L’imponente complesso minerario di Montevecch­io,
dove si estraevano zinco e piombo.
A destra, la sala da pranzo dell’Hotel Piccolo Feudo, a Sanluri.
DOVE L’imponente complesso minerario di Montevecch­io, dove si estraevano zinco e piombo. A destra, la sala da pranzo dell’Hotel Piccolo Feudo, a Sanluri.
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2| Un tratto della strada costiera da Funtanazza a Piscinas.
3| Il dehors del Ristorante da Lucio, a Marceddì.
1 | Mimma Mugnai crea ceramiche artistiche nel suo atelier di Pabillonis. 2| Un tratto della strada costiera da Funtanazza a Piscinas. 3| Il dehors del Ristorante da Lucio, a Marceddì.
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