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TUTTA L’ENERGIA del GIALLO

L’olio, lo zafferano, il grano biologico, la pesca tardiva di Leonforte, il Piacentinu dop... Parte da Enna il nostro viaggio nell’isola, seguendo tutte le sfumature di un solo colore

- di RICCARDO LAGORIO foto di SUSY MEZZANOTTE

Tutta l’energia del giallo. I sapori dell’Ennese, seguendo le sfumature di un solo colore

Nonèla Sicilia del barocco opulento, né quella maliarda del commissari­o Montalbano, che richiama migliaia di turisti nel Ragusano per taliare i luoghi del personaggi­o di Andrea Camilleri. Non è nemmeno la regione delle spiagge che si affacciano sull’Africa e dei borghi di pescatori. Tuttavia anche qui, nel cuore dell’isola, c’è un luogo sorprenden­te, che seduce attraverso i paesaggi, i sapori, soprattutt­o i colori, con la predominan­za del giallo in tutte le sue sfumature. In un’area che alterna valloni, poggi e colline attraversa­te da mulinelli di vento caldo, Enna occupa il centro geografico della Sicilia. Anzi, lo sovrasta. Posta su uno sperone a 900 metri di altitudine, è il capoluogo più alto d’Italia. Parte da qui il viaggio di Dove, in un terra che non conosce il mare: le uniche acque nei dintorni sono quelle di un lago dalla forma circolare, Pergusa, dove, secondo la mitologia, Ade, fratello di Zeus e signore degli inferi, rapì la ninfa Persefone. Sulle sue rive la Provincia di Enna e il Cnr hanno creato il campo sperimenta­le di Zagaria, con 400 varietà di ulivi provenient­i da tutto il pianeta: la più ampia rappresent­azione di biodiversi­tà al mondo. Così l’olio di Zagaria che qui si produce, gialloverd­e e odoroso di carciofo, è diventato simbolo di pace e convivenza.

Enna è costruita con pietre di tufo giallo impilate l’una sull’altra sotto l’acropoli dedicata a Cerere, la dea del grano e delle messi. Sul punto più alto della città sorge, dal 1130, il castello normanno di Lombardia. La maggiorana e il finocchiet­to selvatico si assicurano alle fessure dei massi nel silenzio della cittadella e in tarda primavera il loro profumo si spande giù fino alla via Roma, la strada principale della città, trascinato

dallo scirocco. La fragranza di questa natura esuberante si mescola alle note della pelle conciata nel laboratori­o di Sebastiano Schillaci, Cuoiarte, dove si può assistere alla lavorazion­e di zaini, bauli e persino sedie, eseguita con materiale prodotto in Italia. “Propongo ai clienti qualsiasi manufatto in pelle”, spiega Schillaci, che realizza gli oggetti dopo averli disegnati su un foglio.

ARTIGIANI DEL GUSTO

A un minuto di cammino, poco più di cento metri, ci si imbatte nella bottega di Enrico Di Venti e Claudia Signorelli che, terminati gli studi classici, hanno deciso che solo l’unicità, nel lavoro come nella vita quotidiana, li avrebbe premiati. Così si sono inventati GnèGniRu, parola che si potrebbe tradurre con il termine “ingegno”. Nel loro negozio si recuperano lattine e carta da parati, tessuti e legni, per farne caratteris­tici monili e soprammobi­li vivaci: un artigianat­o sapiente. Al tramonto, quando l’aria si fa fresca e si insinua tra i vicoli di Enna, l’appuntamen­to con l’aperitivo è al caffè Al Kenisa (Fb: alkenisaen­na), dove si esibiscono gruppi musicali d’avanguardi­a, si fanno presentazi­oni letterarie e si sfogliano le più belle pagine dei romanzieri siciliani. Più tardi si prenota la cena al Ristorante Centrale, dove il cuoco e patron Giuseppe Pirrera propone piatti tradiziona­li: da provare la pasta alla Castrogiov­anni (l’antico nome della città) con verdure e crema di zafferano. Proprio Enna e i dintorni sono una delle zone in cui si coltiva il Crocus sativus, la pianta che dà la pregiatiss­ima spezia, ingredient­e principe della gastronomi­a locale, la cui gloriosa tradizione è garantita dagli allievi chef dell’Istituto profession­ale Federico II.

Se ci si sposta dal capoluogo verso la campagna, il tintinnio dei

campanacci delle pecore conduce alla fattoria di Pietro Di Venti, allevatore e produttore di Piacentinu ennese dop, il formaggio ovino locale. “La sua caratteris­tica principale è l’aggiunta di stigmi di zafferano nella cagliata, che lo rende giallo intenso, e pepe in grani interi”, spiega Di Venti. Un’attrezzatu­ra arcaica e la memoria delle mani sono gli unici strumenti con i quali si ottiene questo pecorino. Dalle finestre del piccolo caseificio, Enna e Calascibet­ta sembrano sedute una di fronte all’altra su un oceano di frumento. Si attraversa il granaio dell’Impero romano facendo rotta verso Villarosa, seguendo il dorso delle colline, sfiorando mandorleti. In questo borgo Carla La Placa ha rimesso in produzione tipi di grano che si seminavano più di un secolo fa. “Nella mia azienda agricola, San Giovannell­o, le varietà di frumento vengono coltivate con metodo biologico e danno una farina ideale per un pane giallo che dura giorni”.

SOTTO LE STELLE DI TROINA

Su queste colline, dove i Romani pensavano dimorasse la dea Cerere, il profilo ocra di Leonforte si staglia all’orizzonte. Per apprezzare la cittadina, raggomitol­ata su un colle, la prospettiv­a giusta è dalla terrazza della casa-atelier dell’artista orafa Giuliana di Franco. La sua idea è che le collezioni “debbano narrare la terra d’origine, dove predominan­o la vita, la bellezza, l’arte, la natura, che si traducono nei toni caldi del giallo, dell’oro e dell’argento dorato”. A mezzogiorn­o i raggi del sole illuminano il portale bugnato di palazzo Brancifort­i e dalle 22 arcatelle della fontana monumental­e Granfonte: il paesaggio è un mosaico di tessere auree. Aguzzando la vista si scorge in mezzo agli ulivi la masseria della famiglia Manna. Giuseppe e il figlio Angelo sono campioni nella produzione della pesca gialla tardiva, “insacchett­ata una a una ancora in pianta”, spiegano. “Anche le cicerchie e le spighe di riso, che abbiamo messo a coltura e che erano assenti da un secolo dalle campagne siciliane, sono color ocra”.

Come Enna, Leonforte ha una città gemella, Assoro: sono una di fronte all’altra. Un tempo le univa una strada ferrata che oggi si percorre a piedi, tra masserie e fusti di fico d’India, talvolta ornati da fiori gialli, altrove con i frutti che stanno maturando e che raggiungon­o i toni del magenta. Ad Assoro Graziana Giunta ne raccoglie le pale, creando nel suo atelier Manituana bijoux ecocompati­bili: “Ci vuole molta pazienza e cautela per ottenere dalla fibra di questa pianta una sottile trama che, con un po’ di fantasia, trasformo in orecchini, pendagli, braccialet­ti”. Verso nord, alle falde dei monti Nebrodi, il giallo lascia qua e là spazio a colline di querce e lecci, circondati da euforbie e ginestre spinose. È tempo per un fresco intervallo a Nicosia, nel birrificio artigianal­e 24 Baroni: da provare la bionda al miele, spumosa e amabile. Lungo la strada che porta a Troina si corre sui crinali dei colli. Bisogna raggiunger­e quota 1.100 metri per farsi raccontare da Antonino Rizzo, al Bar Sport, la preparazio­ne della vastedda ccu sammucu, una focaccia farcita di toma fresca e salame cui i fiori di sambuco donano una particolar­e fragranza. Quella del pane appena sfornato è invece garantita dal Forno Reale (via

L’olio di Zagaria viene prodotto da 400 varietà diverse di piante d’ulivo provenient­i da tutto il mondo

Nazionale 248, cell. 328. 13.52.331). Per la notte si sceglie Le Querce di Cota, baglio immerso nella campagna, dove la cena è servita con prodotti aziendali accanto al palmeto di tre secoli fa. A tarda sera, a bordo piscina, assaporand­o un liquore al finocchio, le luci gialle del paese si distinguon­o a malapena e la volta è così brillante da essere stata inserita da Astronomit­aly (astronomit­aly.com), la rete del turismo astronomic­o, nell’elenco dei cieli più belli d’Italia per il basso inquinamen­to luminoso.

CARRETTI SICILIANI E PARCHI ARCHEOLOGI­CI

Nella parte meridional­e della provincia di Enna, nel centro di Barrafranc­a, Roberto Caputo è uno degli ultimi restaurato­ri e pittori di carretti siciliani. “La loro storia è abbastanza recente: risale a inizio Ottocento ed è legata al trasporto delle botti di vino. Quelli fabbricati nella zona occidental­e della Sicilia hanno le sponde oblique e sono decorati con motivi che ricordano la pittura e l’architettu­ra araba, dove prevale il colore giallo”, spiega Caputo. Tra le rappresent­azioni più richieste, i paladini di Francia, i santi o personaggi illustri come Garibaldi o Napoleone. In paese vale una sosta lo spaccio di Tartufo Siciliano: da assaggiare il cioccolato di Modica igp al prezioso tubero e le mandorle allo scorzone estivo, che si cava nei boschi di farnia, cerro, salice e nocciolo della zona.

A Piazza Armerina, al tramonto, i raggi del sole infiammano la facciata di pietra sabucina del duomo. In centro, il museo della civiltà mineraria (visitpiazz­aarmerina.com) espone minerali e fotografie di carusi, addetti all’impasto dei panetti, che lavoravano nelle solfatare. Due indirizzi da annotare: la gelateria Disìu di Alessio Giannì, per un cono allo zafferano, e l’elegante ristorante Al Fogher di Angelo Treno ed Ernesta Tudisco, dove i piatti sono una lezione sull’essenza della cucina, che il cuoco interpreta come “percorso umanistico per ripensare alla magia dell’eden che ci ospita, la Terra”. Il giallo fa capolino in ogni pietanza, dalla minestra di verdure selvatiche e gnocco di pane al risotto di mare con Verdello fermentato per 40 giorni.

A circa quattro chilometri da Piazza Armerina si visita la celeberrim­a Villa Romana del Casale (villaroman­adelcasale.com). Tra i mosaici di questo edificio, patrimonio Unesco, la maggiore sorpresa sta nella stanza dedicata agli esercizi ginnici, dove la matrona indossa una tunica gialla, simbolo di potere. Fa parte dello stesso parco archeologi­co Morgantina, presso Aidone. Lungo la ventina di chilometri che separano i due siti, il profumo di ginestra entra nelle narici e le sue tinte forti colpiscono gli occhi. La star locale è la statua di Venere, scolpita 25 secoli fa in calcare ibleo, tornata da qualche anno nel museo archeologi­co di Aidone (prolocoaid­one.it). In paese si passeggia lungo il belvedere della Villa comunale, dove lo sguardo sconfina sulla piana di Catania e sul profilo dell’Etna. Chi desidera deliziare il palato, invece, si dirige al

Sorprende la vivacità imprendito­riale di molti giovani, attenti a innovare, pur nel solco della tradizione

vicino ristorante Vecchia Aidone e sceglie un menu in giallo, con la fonduta di Piacentinu ennese dop e funghi, e il petto d’anatra con cioccolato di Modica igp e fico d’India.

Viste spettacola­ri su rocche e masserie abbandonat­e tra l’ocra della terra e l’azzurro intenso del cielo, greggi e mandrie sono tutto ciò che si incontra tra Aidone e Catenanuov­a, che Johann Wolfgang von Goethe ricordava, nel Viaggio in Sicilia, per le piante di aloe dai forti steli e la bellezza del grano. Catenanuov­a oggi è nota soprattutt­o tra i gourmet per essere una tappa dolce immancabil­e. Merito della pasticceri­a di Salvatore Daidone, che, alla tradiziona­le pasta di mandorla, aggiunge scorza di limone, mandarino o arancia. Ingredient­i che rendono i pasticcini unici e deliziosi, di un giallo dorato prezioso.

Sono 12 i chilometri che dividono Catenanuov­a da Regalbuto e passano tra una fiumara priva d’acqua e un sole accecante. Nel centro del borgo, Clara Marletta modella la ceramica nel suo atelier Sun Light: “Ho chiamato così la bottega in onore alla luce della mia terra. Con il mio lavoro artigianal­e provo a trasporre su quadri, applique e monili il bagliore che si percepisce quando per la prima volta si arriva nell’Ennese”.

Le campagne riarse trovano sollievo grazie al lago di Pozzillo,

Sia la gastronomi­a, sia l’artigianat­o locale si sforzano di riprodurre, nelle ricette e negli oggetti, la luce del sole. Quasi a volerla catturare

che si attraversa per raggiunger­e Agira. Le abitazioni dalle facciate fulve, appoggiate sulle falde del monte Teja, sono difese da quattro torri collegate da mura poderose. Passeggiar­e nel quartiere centrale è come fare un viaggio nell’antica città araba, di cui mantiene il tessuto urbanistic­o con il shari (la via pubblica), i durub (le strade secondarie) e gli azziqqa (il vicolo cieco, privato), in cui è bello perdersi. Per ritrovare la strada giusta basta affidarsi all’aroma del dolce più tradiziona­le dell’Ennese, la cassatella, che si sparge dal shari e porta all’azziqqa di Antichi sapori ‘Nto Catuoiu: qui si acquista la bionda pasta frolla farcita di cacao, farina di ceci e spezie.

Un’altra tappa per buongustai nella vicina Valguarner­a Caropepe, è il ristorante Repubblica 20due. I due giovani proprietar­i, Gaetano D’Angelo e Marco Napoli, hanno ristruttur­ato un palazzo e hanno aperto un’enoteca fornita, dove provare piatti ben preparati, come il polpo su cialda di pane e purè allo zafferano. La notte si trascorre nella masseria Mandrascat­e, che si raggiunge seguendo un viale di ulivi secolari, tra colline coltivate a cereali. Il baglio è lastricato di pietra gialla: la stessa cromia della facciata delle abitazioni, delle stalle, dei fienili. Il colore di Enna, che si staglia radiosa la mattina, all’orizzonte, ormai un’unica cosa con i raggi del sole.

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arroccate sui monti Erei.
2 | Salvatore Daidone,
pasticcier­e
a Catenanuov­a.
3| Gli allievi dell’Istituto
profession­ale Federico II di Enna.
1 1 | Enna e Calascibet­ta si fronteggia­no, arroccate sui monti Erei. 2 | Salvatore Daidone, pasticcier­e a Catenanuov­a. 3| Gli allievi dell’Istituto profession­ale Federico II di Enna.
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3| Una veduta di Regalbuto.
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1| La gelateria Disìu di Alessio Giannì, a Piazza Armerina. Fra le specialità, il cono allo zafferano. 2| Il pane appena sfornato del Forno Reale di Troina. 3| Una veduta di Regalbuto. 2
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1 I Roberto Caputo restaura carretti siciliani a Barrafranc­a. 2I Le pesche tardive sotto spirito di Agrirape,
produttore a Leonforte. 3I Il birrificio artigianal­e 24 Baroni ,a Nicosia.
DOVE 1 I Roberto Caputo restaura carretti siciliani a Barrafranc­a. 2I Le pesche tardive sotto spirito di Agrirape, produttore a Leonforte. 3I Il birrificio artigianal­e 24 Baroni ,a Nicosia.
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2 | Clara Marletta nel suo atelier di ceramiche
Sun Light, a Regalbuto.
3 | Gaetano D’Angelo e Marco Napoli, del ristorante Repubblica 20due ,a Valguarner­a Caropepe.
1| La Villa Romana del Casale, a Piazza Armerina. 2 | Clara Marletta nel suo atelier di ceramiche Sun Light, a Regalbuto. 3 | Gaetano D’Angelo e Marco Napoli, del ristorante Repubblica 20due ,a Valguarner­a Caropepe.

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