Eserto ?
Un viaggio on the road in uno scenario dove gli spazi sono infiniti e la strada è una pista, difficile da individuare sulle normali carte geografiche. La meta di questa avventura è la terra dell’orgoglioso popolo amazigh (berbero), nel deserto del Marocco, a duemila chilometri da Marrakech, la mecca turistica del Maghreb. Se quest’anno probabilmente non raggiungerà i tre milioni di turisti del 2019 (quando ne arrivano 18 milioni in tutto il Paese, un volano economico da 8,2 miliardi di dollari, secondo dati dell’osservatorio sul turismo nazionale), la città rossa con la sua piazza e la Kutubiyya, la moschea dei libri, resta la più visitata del Marocco. Ma anche la coordinata geografica che separa due realtà molto diverse.
Le terre da Marrakech al mare, storicamente legate a grandi proprietari terrieri, da sempre beneficiari di ingenti investimenti governativi, sono le più ricche. Quelle verso il deserto, invece, proprietà di famiglie amazigh, divise in piccoli appezzamenti, con allevamenti e coltivazioni per il sostentamento locale e investimenti statali pressoché inesistenti, sono le più povere.
Prima dell’avventura nel mare di sabbia, qualche ora nella città rossa è indispensabile, almeno per una tappa in piazza Jemaa el Fna, il cuore dello street food marocchino, tra griglie fumanti, tajine (pietanze in umido che prendono il nome dal recipiente in cui sono cotte), padelle sfrigolanti. La nuova Marrakech la si può incontrare anche durante il viaggio verso il deserto: uscendo dalla città, dopo pochi chilometri lungo la strada per Ouarzazate, basta seguire le indicazioni per il museo d’arte contemporanea africana Al Maaden (MACAAL). Diretto da Othman Lazraq (figlio dell’immobiliarista Alami Lazraq, creatore del museo), ospita oltre duemila opere di artisti africani, residenti e della diaspora. Lo scopo è ambizioso: promuovere l’arte contemporanea del