SICILIA | AL MARE SI SOGNA SEMPRE Un bagno di cultura.
Da Siracusa alla penisola della Maddalena e alle spiagge del Plemmirio
“Plemmirio ondoso”, lo definì, nel terzo libro dell’Eneide, quel cantore di luoghi che fu Virgilio. Di qui, secondo diversi studiosi dell’Odissea, passò anche Ulisse. E di certo i Fenici, i Greci, gli Arabi, navi romane e vascelli corsari, ora scontrandosi, ora incrociandosi, proprio come le sue correnti spesso infide rimescolano le acque dello Ionio e del Tirreno. A pochi minuti d’auto dal centro di Siracusa, il tratto della penisola della Maddalena ,da punta Castelluccio a punta Milocca, è un mondo a sé di falesie bianche che si gettano nell’azzurro, di vento, grotte e cavità sommerse. Tracce dell’età del Bronzo, rovine di templi, eremi medievali, i relitti sui fondali e una base militare dell’ultima guerra dicono che l’uomo abita da sempre questi luoghi. Senza averli mai del tutto domati, però. Area naturale marina protetta dal 2004 (per tutte le informazioni, plemmirio.eu), la penisola che chiude il golfo del porto siracusano è il traguardo di un viaggio a sorpresa nella Sicilia sudorientale, dove tra cittadine animate e avventure outdoor, incontri con la storia e grandi sapori mediterranei, c’è anche il tempo per il silenzio e la contemplazione.
UOMINI E SIRENE
Si parte dalla città. Da quella casba barocca in pietra color miele che è Ortigia, l’antica isola-quartiere del capoluogo. Alcuni potrebbero iniziare dalla casa di uno dei protagonisti di questa terra, e di questo mare. L’abitazione di Enzo Maiorca, pluridetentore del record mondiale di immersione in apnea, scomparso nel 2016, è custodita come una gemma
Da Siracusa alla penisola della Maddalena e alle spiagge segrete del Plemmirio, un viaggio tra mito, storia e natura.
Per un’estate all’insegna della bellezza
1| In spiaggia a Capo Passero., il punto più a oriente della Sicilia. 2| Mareggiata a Capo Murro, ultima propaggine del Plemmirio. 3| La taverna La Cialoma, sul porto di Marzamemi (Sr), che nel 2019 ha partecipato a #pastagrannies, canale YouTube delle nonne cuoche italiane.
incastonata tra il duomo e le vasche del mikveh, il bagno rituale di purificazione della comunità ebraica nel quartiere della Giudecca. Si trova all’ultimo piano di palazzo Scandurra Navanteri, un convento del Cinquecento poi diventato residenza nobiliare. Le sue mute, le foto delle imprese, spesso compiute con una strumentazione primordiale, assemblata dallo stesso atleta, i cocci di anfore antiche e le concrezioni di conchiglie raccolte durante gli allenamenti all’Isola dei cani sono ovunque. La casa è ora un appartamento per soggiorni brevi gestito dalla figlia Patrizia, anche lei campionessa (nel 1987 scese a meno 70 metri in assetto variabile), tutta nei toni del verde e dell’azzurro, che richiamano i fondali. Dalla terrazza, lanciando lo sguardo oltre i vicoli intrecciati come nasse, si vede il mare. “Nei giorni di burrasca io, papà e mia sorella Rossana ci infilavamo la maschera e correvamo su e giù dalla scalinata per mantenerci in forma”, racconta. “Mi sembra ancora di vederlo al volante della sua Panda, color carta da zucchero, parcheggiare sotto il castello Maniace, vicino alla sorgente naturale della fonte Aretusa”.
CHIESE, TEMPLI E PASTICCERIE
Casa Maiorca, un giorno, potrebbe diventare un museo. Oggi è un luogo perfetto per godersi il tramonto e per andare alla scoperta del centro storico. Furono i greci a fondare Ortigia, nel 734 a.C. “A loro si deve il teatro, accanto all’Orecchio di Dionisio, un’antica cava, e alla Latomie del paradiso, cavità che oggi ospitano un giardino ricco di pomi di arance e limoni”, ricorda Patrizia Maiorca, che raccomanda di visitare la settecentesca chiesa dello Spirito Santo e di entrare, al mattino presto, alla Galleria regionale palazzo Bellomo “per essere tra i primi a bearsi
satella di rito si va al bar Brancato. Poi, prima di partire, ci si riempiono gli occhi con il Seppellimento di Santa Lucia del Caravaggio, nella chiesa di Santa Lucia alla badia, e con le colonne doriche dell’antico tempio di Atena, maestose e intatte, oggi incorporate nel duomo affacciato sulla piazza barocca.
FALESIE E SPIAGGE VENTOSE
Gemma Quercioli Dessena, giovane guida naturalistica, conosce la mappa del Plemmirio da quando era poco più di una bambina. “Do sempre appuntamento ai visitatori a Punta Castelluccio”, racconta. “Lì, con mio padre Alessandro, io e i miei fratelli, come tanti bambini di Siracusa, abbiamo imparato a nuotare”. Tra queste falesie di roccia e sabbia l’acqua è sempre azzurra e trasparente. Poco più a sud ci sono le spiagge di Massolivieri, con le forme fantasiose dei massi caduti nell’acqua per effetto dello sgretolamento della costa e delle correnti che sembrano una scenografia di cartapesta. Ecco Punta della Mola. “Qui i greci cavarono i blocchi di pietra per costruire i templi di Siracusa; per questo gli scogli strisciati mostrano angoli e geometrie”. La spiaggia di Ripe bianche, invece, sembra una piscina naturale delimitata dalle scogliere, dove l’acqua si gonfia o assottiglia secondo le correnti. “Vi si arriva solo in barca da Punta della Mola e non c’è mai la folla dei bagnanti, nemmeno in agosto. Ognuno trova il suo angolo riparato”, conclude Gemma Quercioli Dossena.
L’orografia del Plemmirio è sempre uno spettacolo e una sorpresa, specie intorno a Capo Murro di Porco, o solo Capo Murro, la punta più estrema a est, esposta al grecale. Dal suo faro si gode tutta l’infilata di falesie chiare a picco sul mare. Fino, laggiù in lontananza, a Siracusa. Da qui i tour in auto seguono il confine fra terra e mare fino a Costa bianca, una fascia di scogliere rugose con accessi diretti alle onde, dove solo i più esperti si immergono a sfidare il Mediterraneo irrequieto. A poche centinaia di metri, la natura e il vento hanno cesellato l’arco di Geronimo, una formazione rocciosa dalle curve bizzarre, circondata dal mare; ci si arriva solo dalle scogliere che si incontrano entrando da lido Cala Zaffiro .A Punta Milocca, invece, il mare si distende, quasi volesse rilassarsi un po’ prima di bagnare Ognina, borgo prediletto da surfisti e amanti del paddle, quando il vento spettina la piccola baia, e Fontane bianche. “Qui la spiaggia fa pensare ai Caraibi”, spiega ora Gemma Quercioli Dossena. “È una culla di sabbia finissima cinta da una falesia come da una collana di perle”.
In questo vagare fra entroterra e costa, dove le distanze sono sempre limitate, bastano altri venti minuti d’auto per raggiungere Canicattini Bagni e incontrare chi da queste parti è considerato uno sciamano, anche se si presenta vestito come un dandy, con la bandana al collo e la giacca a coste di velluto. “Questa è una terra resiliente, che alle sue radici, anche alle sue piante, resta attaccata”, declama Paolino Uccello dando il benvenuto al TEMPO, il museo civico del tessuto, dell’emigrante e della medicina popolare di cui è direttore. Si passeggia tra i documenti di siracusani emigrati, soprattutto nelle Americhe, tessuti tradizionali, attrezzi agricoli, oggetti di culto, tovaglie dai motivi arabeggianti, culle-amaca e letti in ferro battuto. “Qui si possono vedere medicamenti ottenuti dalle piante dei monti Iblei”, continua il di
Il tonno, l’olio, i pistacchi, il marzapane, il rosolio. Nei borghi dell’entroterra si custodiscono i sapori della tradizione
rettore. Nella cucina-fucina del nostro laboratorio insegniamo perfino a riprodurre le lozioni e gli intrugli di foglie usati nel corso dei secoli per curare le malattie e truccare le donne”.
GLI OCCHI DELLA MONTAGNA
Paolino Uccello guida anche piccole spedizioni fino alla necropoli rupestre di Pantalica, patrimonio Unesco. “Un luogo magico come la sua origine. Pantalica si fa risalire all’antica Hybla, regno siculo nato addirittura nel XIII secolo prima di Cristo lungo la valle dell’Anapo, dove sono state scavate cinquemila tombe”. Le rovine sorgono oggi nel cuore della riserva naturale orientata Pantalica, valle dell’Anapo e torrente Cava grande. “Lungo i corsi d’acqua”, prosegue lo studioso, “si ammirano le grotte e le tombe che si aprono verso la voragine. Sembra che la montagna abbia mille occhi, come raccontava nei suoi romanzi lo scrittore Vincenzo Consolo. E davanti ai resti dell’Anaktoron, complesso megalitico fatto erigere dal principe dei Sicani, antichissima popolazione sicula, si avverte tutto il misticismo di questa terra”. Un ultimo consiglio: “Tutti conoscono l’oasi faunistica di Vendicari, verso Pachino, un meraviglioso mosaico di ambienti naturali che danno rifugio a fenicotteri, cavalieri d’Italia e cigni reali nelle loro migrazioni. A pochi chilometri da qui, tra Avola e Canicattini Bagni ,la riserva naturale integrata di Cavagrande del Cassibile è meno nota, ma altrettanto suggestiva”. Quello che dà nome all’area protetta è uno spettacolare canyon lungo dieci chilometri e profondo fino a 300 metri, scavato nei millenni dalle acque del Cassibile nel calcare degli Iblei. Natura pressoché intatta, da esplorare penetrando sui sentieri in boschi di pioppi, frassini e platani secolari, dipinti da macchie di orchidee selvatiche. Attraversando gole e anfratti. Sfiorando antichi villaggi rupestri. Il premio è sul fondovalle: una catena di vasche naturali nella roccia e laghetti dalle acque smeraldo dove tuffarsi. Tra gli oleandri che, fino a settembre, sono in fiore.
Si torna sulla costa ora, si punta a sud e si raggiunge Marzamemi, piccolo borgo di origine araba. Dalla piccola piazza racchiusa da basse case con gli infissi colorati alla vecchia tonnara, fino al porto dove ogni giorno le barche dei pescatori scaricano il loro bottino, tutto qui racconta una vita regolata dal mare. Anche il tonno e il pesce spada che arrivano freschi sui tavoli del Cortile Arabo, “osteria di mare” sospesa sugli scogli. Da Campisi, insegna storica ora aperta anche al consumo, si trovano invece i tranci
di tonno sott’olio, i filetti affumicati, la bottarga. Altre rarità si incontrano da Adelfio, enorme magazzino sul porto: tonno rosso in scatola e bresaola di tonno lavorate artigianalmente nel laboratorio annesso allo spaccio, ma anche cioccolato di Modica, olio extravergine, frutta di marzapane e rosoli.
L’ultima tappa ha i profumi e la luce dell’Africa: Portopalo di Capo Passero sorge a una latitudine poco più a sud di Tunisi. È il finis terrae della Sicilia orientale, una punta sabbiosa, a lungo approdo di pirati, che si annuncia con la sagoma inconfondibile del faro, affiancata, non troppo distante, da quella di castello Belmonte Tafuri. L’ultimo tuffo èa Scalo Mandrie, proprio dietro ai ruderi di un’altra tonnara, o alla spiaggia dei due mari, di fronte all’Isola delle correnti, rifugi di sabbia dove rimanere da soli. Perché, da lì in poi, c’è solo il Mediterraneo, il mare degli eroi e dei sognatori.
Qui si mescolano le acque del Tirreno, dello Ionio e del Mediterraneo. Così come da sempre
si incrociano
popoli e culture