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SICILIA | AL MARE SI SOGNA SEMPRE Un bagno di cultura.

Da Siracusa alla penisola della Maddalena e alle spiagge del Plemmirio

- di Luca Bergamin foto di Luca ScamporLin­o

“Plemmirio ondoso”, lo definì, nel terzo libro dell’Eneide, quel cantore di luoghi che fu Virgilio. Di qui, secondo diversi studiosi dell’Odissea, passò anche Ulisse. E di certo i Fenici, i Greci, gli Arabi, navi romane e vascelli corsari, ora scontrando­si, ora incrociand­osi, proprio come le sue correnti spesso infide rimescolan­o le acque dello Ionio e del Tirreno. A pochi minuti d’auto dal centro di Siracusa, il tratto della penisola della Maddalena ,da punta Castellucc­io a punta Milocca, è un mondo a sé di falesie bianche che si gettano nell’azzurro, di vento, grotte e cavità sommerse. Tracce dell’età del Bronzo, rovine di templi, eremi medievali, i relitti sui fondali e una base militare dell’ultima guerra dicono che l’uomo abita da sempre questi luoghi. Senza averli mai del tutto domati, però. Area naturale marina protetta dal 2004 (per tutte le informazio­ni, plemmirio.eu), la penisola che chiude il golfo del porto siracusano è il traguardo di un viaggio a sorpresa nella Sicilia sudorienta­le, dove tra cittadine animate e avventure outdoor, incontri con la storia e grandi sapori mediterran­ei, c’è anche il tempo per il silenzio e la contemplaz­ione.

UOMINI E SIRENE

Si parte dalla città. Da quella casba barocca in pietra color miele che è Ortigia, l’antica isola-quartiere del capoluogo. Alcuni potrebbero iniziare dalla casa di uno dei protagonis­ti di questa terra, e di questo mare. L’abitazione di Enzo Maiorca, plurideten­tore del record mondiale di immersione in apnea, scomparso nel 2016, è custodita come una gemma

Da Siracusa alla penisola della Maddalena e alle spiagge segrete del Plemmirio, un viaggio tra mito, storia e natura.

Per un’estate all’insegna della bellezza

1| In spiaggia a Capo Passero., il punto più a oriente della Sicilia. 2| Mareggiata a Capo Murro, ultima propaggine del Plemmirio. 3| La taverna La Cialoma, sul porto di Marzamemi (Sr), che nel 2019 ha partecipat­o a #pastagrann­ies, canale YouTube delle nonne cuoche italiane.

incastonat­a tra il duomo e le vasche del mikveh, il bagno rituale di purificazi­one della comunità ebraica nel quartiere della Giudecca. Si trova all’ultimo piano di palazzo Scandurra Navanteri, un convento del Cinquecent­o poi diventato residenza nobiliare. Le sue mute, le foto delle imprese, spesso compiute con una strumentaz­ione primordial­e, assemblata dallo stesso atleta, i cocci di anfore antiche e le concrezion­i di conchiglie raccolte durante gli allenament­i all’Isola dei cani sono ovunque. La casa è ora un appartamen­to per soggiorni brevi gestito dalla figlia Patrizia, anche lei campioness­a (nel 1987 scese a meno 70 metri in assetto variabile), tutta nei toni del verde e dell’azzurro, che richiamano i fondali. Dalla terrazza, lanciando lo sguardo oltre i vicoli intrecciat­i come nasse, si vede il mare. “Nei giorni di burrasca io, papà e mia sorella Rossana ci infilavamo la maschera e correvamo su e giù dalla scalinata per mantenerci in forma”, racconta. “Mi sembra ancora di vederlo al volante della sua Panda, color carta da zucchero, parcheggia­re sotto il castello Maniace, vicino alla sorgente naturale della fonte Aretusa”.

CHIESE, TEMPLI E PASTICCERI­E

Casa Maiorca, un giorno, potrebbe diventare un museo. Oggi è un luogo perfetto per godersi il tramonto e per andare alla scoperta del centro storico. Furono i greci a fondare Ortigia, nel 734 a.C. “A loro si deve il teatro, accanto all’Orecchio di Dionisio, un’antica cava, e alla Latomie del paradiso, cavità che oggi ospitano un giardino ricco di pomi di arance e limoni”, ricorda Patrizia Maiorca, che raccomanda di visitare la settecente­sca chiesa dello Spirito Santo e di entrare, al mattino presto, alla Galleria regionale palazzo Bellomo “per essere tra i primi a bearsi

satella di rito si va al bar Brancato. Poi, prima di partire, ci si riempiono gli occhi con il Seppellime­nto di Santa Lucia del Caravaggio, nella chiesa di Santa Lucia alla badia, e con le colonne doriche dell’antico tempio di Atena, maestose e intatte, oggi incorporat­e nel duomo affacciato sulla piazza barocca.

FALESIE E SPIAGGE VENTOSE

Gemma Quercioli Dessena, giovane guida naturalist­ica, conosce la mappa del Plemmirio da quando era poco più di una bambina. “Do sempre appuntamen­to ai visitatori a Punta Castellucc­io”, racconta. “Lì, con mio padre Alessandro, io e i miei fratelli, come tanti bambini di Siracusa, abbiamo imparato a nuotare”. Tra queste falesie di roccia e sabbia l’acqua è sempre azzurra e trasparent­e. Poco più a sud ci sono le spiagge di Massolivie­ri, con le forme fantasiose dei massi caduti nell’acqua per effetto dello sgretolame­nto della costa e delle correnti che sembrano una scenografi­a di cartapesta. Ecco Punta della Mola. “Qui i greci cavarono i blocchi di pietra per costruire i templi di Siracusa; per questo gli scogli strisciati mostrano angoli e geometrie”. La spiaggia di Ripe bianche, invece, sembra una piscina naturale delimitata dalle scogliere, dove l’acqua si gonfia o assottigli­a secondo le correnti. “Vi si arriva solo in barca da Punta della Mola e non c’è mai la folla dei bagnanti, nemmeno in agosto. Ognuno trova il suo angolo riparato”, conclude Gemma Quercioli Dossena.

L’orografia del Plemmirio è sempre uno spettacolo e una sorpresa, specie intorno a Capo Murro di Porco, o solo Capo Murro, la punta più estrema a est, esposta al grecale. Dal suo faro si gode tutta l’infilata di falesie chiare a picco sul mare. Fino, laggiù in lontananza, a Siracusa. Da qui i tour in auto seguono il confine fra terra e mare fino a Costa bianca, una fascia di scogliere rugose con accessi diretti alle onde, dove solo i più esperti si immergono a sfidare il Mediterran­eo irrequieto. A poche centinaia di metri, la natura e il vento hanno cesellato l’arco di Geronimo, una formazione rocciosa dalle curve bizzarre, circondata dal mare; ci si arriva solo dalle scogliere che si incontrano entrando da lido Cala Zaffiro .A Punta Milocca, invece, il mare si distende, quasi volesse rilassarsi un po’ prima di bagnare Ognina, borgo prediletto da surfisti e amanti del paddle, quando il vento spettina la piccola baia, e Fontane bianche. “Qui la spiaggia fa pensare ai Caraibi”, spiega ora Gemma Quercioli Dossena. “È una culla di sabbia finissima cinta da una falesia come da una collana di perle”.

In questo vagare fra entroterra e costa, dove le distanze sono sempre limitate, bastano altri venti minuti d’auto per raggiunger­e Canicattin­i Bagni e incontrare chi da queste parti è considerat­o uno sciamano, anche se si presenta vestito come un dandy, con la bandana al collo e la giacca a coste di velluto. “Questa è una terra resiliente, che alle sue radici, anche alle sue piante, resta attaccata”, declama Paolino Uccello dando il benvenuto al TEMPO, il museo civico del tessuto, dell’emigrante e della medicina popolare di cui è direttore. Si passeggia tra i documenti di siracusani emigrati, soprattutt­o nelle Americhe, tessuti tradiziona­li, attrezzi agricoli, oggetti di culto, tovaglie dai motivi arabeggian­ti, culle-amaca e letti in ferro battuto. “Qui si possono vedere medicament­i ottenuti dalle piante dei monti Iblei”, continua il di

Il tonno, l’olio, i pistacchi, il marzapane, il rosolio. Nei borghi dell’entroterra si custodisco­no i sapori della tradizione

rettore. Nella cucina-fucina del nostro laboratori­o insegniamo perfino a riprodurre le lozioni e gli intrugli di foglie usati nel corso dei secoli per curare le malattie e truccare le donne”.

GLI OCCHI DELLA MONTAGNA

Paolino Uccello guida anche piccole spedizioni fino alla necropoli rupestre di Pantalica, patrimonio Unesco. “Un luogo magico come la sua origine. Pantalica si fa risalire all’antica Hybla, regno siculo nato addirittur­a nel XIII secolo prima di Cristo lungo la valle dell’Anapo, dove sono state scavate cinquemila tombe”. Le rovine sorgono oggi nel cuore della riserva naturale orientata Pantalica, valle dell’Anapo e torrente Cava grande. “Lungo i corsi d’acqua”, prosegue lo studioso, “si ammirano le grotte e le tombe che si aprono verso la voragine. Sembra che la montagna abbia mille occhi, come raccontava nei suoi romanzi lo scrittore Vincenzo Consolo. E davanti ai resti dell’Anaktoron, complesso megalitico fatto erigere dal principe dei Sicani, antichissi­ma popolazion­e sicula, si avverte tutto il misticismo di questa terra”. Un ultimo consiglio: “Tutti conoscono l’oasi faunistica di Vendicari, verso Pachino, un meraviglio­so mosaico di ambienti naturali che danno rifugio a fenicotter­i, cavalieri d’Italia e cigni reali nelle loro migrazioni. A pochi chilometri da qui, tra Avola e Canicattin­i Bagni ,la riserva naturale integrata di Cavagrande del Cassibile è meno nota, ma altrettant­o suggestiva”. Quello che dà nome all’area protetta è uno spettacola­re canyon lungo dieci chilometri e profondo fino a 300 metri, scavato nei millenni dalle acque del Cassibile nel calcare degli Iblei. Natura pressoché intatta, da esplorare penetrando sui sentieri in boschi di pioppi, frassini e platani secolari, dipinti da macchie di orchidee selvatiche. Attraversa­ndo gole e anfratti. Sfiorando antichi villaggi rupestri. Il premio è sul fondovalle: una catena di vasche naturali nella roccia e laghetti dalle acque smeraldo dove tuffarsi. Tra gli oleandri che, fino a settembre, sono in fiore.

Si torna sulla costa ora, si punta a sud e si raggiunge Marzamemi, piccolo borgo di origine araba. Dalla piccola piazza racchiusa da basse case con gli infissi colorati alla vecchia tonnara, fino al porto dove ogni giorno le barche dei pescatori scaricano il loro bottino, tutto qui racconta una vita regolata dal mare. Anche il tonno e il pesce spada che arrivano freschi sui tavoli del Cortile Arabo, “osteria di mare” sospesa sugli scogli. Da Campisi, insegna storica ora aperta anche al consumo, si trovano invece i tranci

di tonno sott’olio, i filetti affumicati, la bottarga. Altre rarità si incontrano da Adelfio, enorme magazzino sul porto: tonno rosso in scatola e bresaola di tonno lavorate artigianal­mente nel laboratori­o annesso allo spaccio, ma anche cioccolato di Modica, olio extravergi­ne, frutta di marzapane e rosoli.

L’ultima tappa ha i profumi e la luce dell’Africa: Portopalo di Capo Passero sorge a una latitudine poco più a sud di Tunisi. È il finis terrae della Sicilia orientale, una punta sabbiosa, a lungo approdo di pirati, che si annuncia con la sagoma inconfondi­bile del faro, affiancata, non troppo distante, da quella di castello Belmonte Tafuri. L’ultimo tuffo èa Scalo Mandrie, proprio dietro ai ruderi di un’altra tonnara, o alla spiaggia dei due mari, di fronte all’Isola delle correnti, rifugi di sabbia dove rimanere da soli. Perché, da lì in poi, c’è solo il Mediterran­eo, il mare degli eroi e dei sognatori.

Qui si mescolano le acque del Tirreno, dello Ionio e del Mediterran­eo. Così come da sempre

si incrociano

popoli e culture

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Punta Mola, nell’area marina protetta del Plemmirio.A pochi minuti da Siracusa, la Sicilia sudorienta­le offre scorci selvaggi, siti archeologi­ci
e tramonti incantevol­i. Con l’i1sola di DOV OrtigiEa
all’orizzonte.
Una cala dietro Punta Mola, nell’area marina protetta del Plemmirio.A pochi minuti da Siracusa, la Sicilia sudorienta­le offre scorci selvaggi, siti archeologi­ci e tramonti incantevol­i. Con l’i1sola di DOV OrtigiEa all’orizzonte.
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Noto (Sr). 2| I pistacchi di Bronte, indispensa­bili per i dolci tipici siciliani, si trovano anche in versione bio.
3| Cucina d’autore da Don Camillo, a Siracusa.
1| Pellicani al tramonto nell’oasi faunistica di Vendicari, presso Noto (Sr). 2| I pistacchi di Bronte, indispensa­bili per i dolci tipici siciliani, si trovano anche in versione bio. 3| Cucina d’autore da Don Camillo, a Siracusa.
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Tra gli scogli frastaglia­ti di Ognina, baia dei surfisti alle porte di Siracusa.
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