Oltre Ogni Confine
Salire una montagna: un’impresa e una metafora dell’esistenza. Sono appena usciti due libri molto interessanti sull’argomento. Il primo racconta la vita, e la passione per l’alpinismo, del viennese Viktor Emil Frankl (1905-1997), fra i fondatori dell’analisi esistenziale e della logoterapia, che dal 1942 al 1945 fu prigioniero in quattro campi di concentramento nazisti, tra cui Auschwitz e Dachau. Frankl riuscì a sopravvivere a questa drammatica esistenza (raccontata in un celebre libro, Uno psicologo nei lager), anche grazie alla passione coltivata fin dagli anni del liceo: l’arrampicata, che gli insegnò come spostare sempre più in là “il confine dell’umanamente possibile... Mentre l’uomo spinge sempre più oltre questo confine, cresce sempre più oltre sé stesso”. Lo sa bene anche il valtellinese Marco Confortola, che ha all’attivo undici dei 14 Ottomila e che nel 2008 ha rischiato la vita sul K2, subendo l’amputazione di tutte le dita dei piedi. Tanti avrebbero optato per una dignitosa pensione; lui ha continuato a scalare (è anche guida alpina e tecnico di elisoccorso). Per Confortola, avventurarsi su una montagna è “una metafora perfetta dell’esistenza. Delle difficoltà, delle rinunce e dei sacrifici che comporta... della soddisfazione che regala dopo una grande fatica”.