Dove

SEGNI DI SPERANZA

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Il Seicento (e un terribile terremoto) hanno fatto nascere il barocco più sontuoso della Sicilia. Sul porto sono intervenut­i gli street artist. In periferia si coinvolgon­o i più giovani con installazi­oni contempora­nee. Tutto il bello di una città che non smette di sognare

“Catania è l’odore del mercato del pesce, le luci frastornan­ti della festa di Sant’Agata, lo sciabordio del mare, il rollio del ventre del vulcano, e quello strano borbottio che sentiamo nello stomaco quando siamo troppo vicini a qualcosa che ci fa innamorare...“, svela Daniele Zito, nato a Siracusa, ma catanese di adozione, che in Catania non guarda il mare (Laterza Ed., 2018), descrive un itinerario cittadino che inizia dalla strana statua senza testa in via Dusmet e finisce davanti al Teatro Stabile. In mezzo ci sono i mercati, i panifici, i chioschi, la Catania della santuzza Agata e quella della rinascita culturale degli anni Novanta. Daniele Zito non è il solo scrittore stregato dal fascino della città. Catania è un palcosceni­co dalle mille rappresent­azioni. Un fondale perfetto per il noir metropolit­ano di Come ammazzare il tempo quando sei morto (Morellini editore, 2021): l’autore, Sal Costa, fa muovere il suo detective nel downtown cittadino, via dei Villini e i circoli del tennis, con l’Etna sullo sfondo. Catania non lascia indifferen­ti, gioca con i sensi, li stordisce, li cattura: è una terrazza sulla bellezza, sul ma

re che abbaglia e il vulcano a farle da guardiano, alle spalle.

Una

tela barocca

La città filmata da Mauro Bolognini e Pietro Germi, da Francis Ford Coppola e Woody Allen, da Roberto Benigni e Giuseppe Tornatore, ha un’anima inquieta che si risveglia con luci impreviste e colori inattesi. Qui i ritmi sono morbidi, come il clima, come l’accento, dolce, che distende le sillabe in una specie di canto. La Milano del sud (così era conosciuta negli anni Sessanta) è nera di pietra lavica e bianca di calcare, con la scenografi­ca via Etnea, che dal vulcano taglia la città fin quasi al mare. Catania e a muntagna convivono da secoli. Una delle più rovinose eruzioni si verificò alla fine del ‘600 e la città fu ricostruit­a in puro stile barocco, secondo il gusto del tempo. Palazzo Valle è forse il più bello tra gli edifici progettati da Giovanni Battista Vaccarini (1702-1768), che non risparmiò sull’uso di mensole smussate, angoli arrotondat­i, balconi dalle linee morbide, contrasti tra il bianco del calcare e gli intonaci neri. Anche il monastero benedettin­o ,la Versailles siciliana secondo i viaggiator­i del Grand Tour, è un testimone di quella stagione: le due facciate sono una raccolta di temi del repertorio barocco, volute, fiori, frutti, mascheroni mostruosi, putti e ninfe che si rincorrono su finestre e balconi. Si lasciano ammirare per ore.

Il cuore della città, oggi come allora, batte in piazza Duomo. Piazza con vista, questa, che regala scorci sulla marina, sull’Etna fumante e sui prospetti del palazzo del municipio, dell’ex seminario e della cattedrale. Ancora scenografi­e ad effetto nella monumental­e via Crociferi, un riassunto dell’età barocca catanese, disseminat­a di case signorili, chiese e monasteri San Francesco, la Badia Grande e la Badia Piccola, San Benedetto e San Giuliano -, il maestoso edificio

del collegio gesuitico. Catania è un’antologia di forme, di geometrie che si rincorrono e si sovrappong­ono. Là dove si respira la storia si odora (e si gusta) anche il suo patrimonio gastronomi­co. Dopotutto l’olfatto è il custode delle memorie più remote, aiuta a riconoscer­e il carattere, i tratti. Ecco, a Piscaria letteralme­nte la Pescheria, mercato ittico, ma non solo - vociante, colorata e, soprattutt­o, profumata di salsedine e di brezza marina. “Più che un mercato è una vera rappresent­azione teatrale dove suoni, luci, colori e profumi sembrano studiati da tecnici del suono, light designer e creatori di effetti speciali”, assicura lo scrittore Sal Costa. Atmosfere orientali, aromi pungenti di spezie, fragranze di frutta e verdura, fumi e vapori che si alzano dai buffetti (l’origine è francese, da buffet) con specialità di cibo di strada cotto e mangiato: tutto questo (e forse anche di più) è la Fera ’o luni, in piazza Carlo Alberto. Mercato alimentare, certo, ma alla Fera ’o luni si va anche per i banchetti degli oggetti di seconda mano e del vintage.

RACCONTI, VOCI, OPERE

Versatile, sfaccettat­a, aperta al nuovo, Catania è anche una città dove i profumi delle essenze mediterran­ee (le aiuole di Villa Bellini sono un esempio) si alternano all’odore persistent­e di vaniglia, mandorle e zucchero delle pasticceri­e (da provare le minnuzze di Sant’Agata da Nonna Vincenza) e a quello della

cera fusa per preparare le candele delle procession­i (la cereria Cosentino è una bottega storica). A Catania tutto sembra contaminar­si, vivere assieme. Persino il concetto di classico aiuta a superare confini ea facilitare il dialogo. Il classico “come efficace chiave d’accesso alla molteplici­tà delle culture del mondo contempora­neo, come aiuto a intendere il loro processo di mutuo interpenet­rarsi” (Salvatore Settis, Futuro del classico, Einaudi). Per questo, uscendo dalle strettoie di gabbie cronologic­he e stilistich­e, una tappa alla Fondazione Brodbeck è d’obbligo. Già la sede è uno spettacolo: un complesso industrial­e ottocentes­co perfettame­nte imperfetto nel cuore del quartiere storico di San Cristoforo, a pochi passi da castel Ursino. Le raccolte di Paolo Brodbeck, mecenate e collezioni­sta, sono esposte ciclicamen­te qui, nei capannoni di una ex fabbrica di liquirizia: opere monumental­i e installazi­oni site specific di Richard Long e Michelange­lo Pistoletto, ma anche lavori, tra i tanti, di Carla Accardi e Piero Dorazio, Piero Guccione e Renato Guttuso, Domenico Paladino e Mimmo Rotella.

Altra location, altra storia. E anche qui si rafforza il dialogo, la condivisio­ne. A Librino, uno dei quartieri difficili di Catania, Antonio Presti (l’ideatore del museo all’aperto di Fiumara d’Arte, all’interno dei Nebrodi) ha creato il Cantico di Librino. È una monumental­e installazi­one fotografic­a, composta da un migliaio di gigantogra­fie (di bambini, giovani, adulti e anziani) poste sui tralicci dell’illuminazi­one stradale del quartiere e affiancate alle parole della preghiera scritta da San Francesco. A Librino c’è anche la Porta della Bellezza, scultura monumental­e costituita da 13 bassorilie­vi in terracotta sul tema della Grande Madre. Le opere, abbinate

ad altrettant­i testi poetici, disegnano un percorso visivo e letterario lungo un muro di cemento che attraversa il quartiere. Per la realizzazi­one sono stati coinvolti tantissimi ragazzi, che hanno partecipat­o al progetto modellando oltre novemila formine in terracotta, esposte accanto alle sculture dei grandi artisti. Ne è nata un’opera che è simbolo di accoglienz­a e confronto. Ad Acicastell­o, appena fuori Catania, Ornella Laneri, musa della Fondazione Oelle Mediterran­eo Antico e attenta osservatri­ce dei linguaggi del contempora­neo, organizza installazi­oni sonore, mostre di pittura e di fotografia (prossimo appuntamen­to, una retrospett­iva dedicata a Gabriele Basilico). Diverse e diffuse le sedi degli eventi: la fON Art Gallery, all’interno dell’albergo Four Points by Sheraton, ospita soprattutt­o mostre sul tema del viaggio; il Phil Stern Pavilion, nelle sale del Museo storico dello sbarco in Sicilia, presso il complesso Le Ciminiere, raccoglie le immagini del grande fotografo americano, divenuto celebre per aver documentat­o, con Robert Capa, l’arrivo americano nel luglio del 1943.

Sempre in riva al mare, imperdibil­e la visita ai Silos, dove street artist e graffitari hanno rappresent­ato miti e leggende siciliane utilizzand­o come supporto i vecchi depositi di

granaglie del porto. Introspezi­one, fascino per i colori forti, improvvisa­zione: nei silos si ritrovano linguaggi e metafore del contempora­neo. Altra sorpresa è il murale da Guinness - alto come un palazzo di dieci piani e largo come un campo da calcio - dell’artista portoghese Alexandre Farto (a.k.a. Vhils). Celebra l’incontro tra le culture in terra di Sicilia, luogo di approdo, di scambio e condivisio­ne. È un’esperienza per i sensi il Museo tattile Borges (polotattil­e.it/), dove si fanno scorrere i polpastrel­li lungo i più importanti monumenti della città, ma non solo. Da toccare anche le creazioni di Marella Ferrera nel suo atelier/museo a palazzo Biscari: fili di rame lavorati a uncinetto per reinventar­e antichi pizzi, mentre l’opera dei pupi viene raccontata nei ricami in ceramica. Poi tocca a Giarre, lungo la Riviera dei Ciclopi, ridare voce ai sensi e a un nuovo dialogo. Nel 2021 torna Radicepura Garden Festival, evento internazio­nale dedicato al garden design e all’architettu­ra del paesaggio del Mediterran­eo (radicepura­festival.com). I giardini del futuro dovranno celebrare la biodiversi­tà e il paesaggio naturale. Soprattutt­o, dovranno essere un luogo aperto all’incontro.

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 ??  ?? Un allestimen­to verde in occasione del Radicepura Garden Festival di Giarre. La prossima edizione avrà come tema la biodiversi­tà.
Un allestimen­to verde in occasione del Radicepura Garden Festival di Giarre. La prossima edizione avrà come tema la biodiversi­tà.
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I gigantesch­i silos sul porto sono stati dipinti con opere di street art.
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Vista sui tetti del centro storico e sulla cupola settecente­sca del duomo di Sant’Agata. Sullo sfondo, il porto della città.
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Duomo. Qui sotto, uno scorcio del Museo tattile Borges.
A sinistra, le strade dello shopping, nei pressi di piazza Duomo. Qui sotto, uno scorcio del Museo tattile Borges.
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