BULGARIA | LA STRADA È IL VIAGGIO
Monasteri ortodossi e villaggi termali. Parchi nazionali, foreste sterminate, piste da discesa e fondo. Il nostro inviato ci guida in un paesaggio nel cuore dei Balcani, a due ore da Sofia. Perfetto per un set
Location di un film. Monasteri ortodossi, villaggi termali. Parchi, foreste, piste da sci. Nel cuore dei Balcani, a due ore da Sofia. Perfetto per un set
La strada attraversa una foresta innevata e si conclude di fronte all’ampio portale: il cortile è ricoperto di ghiaccio, ci si muove lentamente, a piccoli passi prudenti, nel silenzio rotto dal fruscio della neve che cade dai larici. Gli occhi non sanno dove posarsi: prima inseguono le strisce orizzontali dei marmi neri, bianchi e rossi, poi si poggiano sul giallo delle cupole o sull’orologio dell’antica torre trecentesca, infine esultano davanti alla vividezza degli affreschi che ricoprono le mura esterne della chiesa della Natività.
All’improvviso le travi in legno del lungo ballatoio risuonano di passi: un monaco esce deciso dalla sua cella, si affaccia al parapetto, poi si infila in una porta poco distante senza dire una parola. Sembra di essere sul set di una serie televisiva, invece è un normale pomeriggio invernale al monastero di Rila ,in Bulgaria, ad appena due ore di auto da Sofia. Roccaforte ortodossa ai tempi della dominazione ottomana, oggi è un patrimonio Unesco incastonato tra le montagne del sud del Paese, una regione venata
da vallate profonde, costellata di monasteri e piccoli borghi e riscaldata dalle acque termali che affiorano tra le rocce. Un territorio che ha preservato le sue ricchezze e le ha concentrate in una formula vincente di natura, sport, benessere e cultura. Da vivere in piena autonomia.
NEI BOSCHI DELLO ZAR
Si guida a fianco di ruscelli e laghi glaciali, tra foreste fitte e panorami improvvisi sul massiccio del Rila, la catena montuosa che ospita la vetta più alta dell’intera penisola balcanica, il monte Mussala (2.925 metri). Ci si trova tra i boschi di Borovets, amati dallo zar Ferdinando di Bulgaria, che qui fece costruire, a fine ‘800, un palazzo di caccia ancora visitabile, la Tsarska Bistritsa. Ci si capita quasi per caso, passeggiando tra i boschi lungo uno dei tracciati per lo sci di fondo che si allontanano dalla caotica e affollata strada principale: negli anni l’alta società di Sofia ha eletto queste montagne come meta preferita per gli sport invernali. E oggi i giovani della capitale, fi
no ad aprile inoltrato, staccano dal lavoro nel tardo pomeriggio e in un’ora di automobile raggiungono le piste per un po’ di sci serale. Una veloce seggiovia a sei posti permette di sfruttare appieno le quattro ore (dalle 18 alle 22) di night skipass e di godersi la suggestiva atmosfera notturna fatta di musica, luci colorate e profumo di carne allo spiedo. Di giorno invece si sale in ovovia fino agli oltre duemila metri del Markudjik Ski Centre: qui i panorami si aprono su gran parte del massiccio del Rila e le discese si alternano a momenti di relax nei rifugi di alta quota, prima di tornare a valle, sci ai piedi, sulla pista intitolata al campione bulgaro di discesa Petăr Popangelov, classe 1959. “Ci troviamo al centro del più grande parco nazionale del Paese. Per questo il governo impone norme molto severe sul rispetto ambientale: niente neve artificiale e una limitazione alla costruzione di nuovi impianti”, spiega Ivan Pernikliev, maestro di sci da vent’anni. Le regole valgono anche per il vicino parco nazionale del Pirin, il gruppo montuoso, patrimonio Unesco, che sorge a pochi chilometri dal confine greco in direzione sud.
A Bansko si respira un’aria spiccatamente internazionale: tra i ristoranti e i negozi di abbigliamento sportivo di Pirin street si parla in bulgaro, ma anche in greco, turco, inglese, tedesco, russo, serbo. Con 70 chilometri di piste e 33 impianti di risalita, è il principale comprensorio dei Balcani. “Da quando è stata inserita tra le tappe ufficiali della Coppa del mondo di sci alpino”, precisa il direttore marketing Ivan Obreykov, “Bansko è stata scoperta anche dagli stranieri, compresi i primi italiani, che restano piacevolmente colpiti quando apprendono che la nostra pista principale è intitolata a un loro connazionale”. La Alberto Tomba è una nera che regala pendenze di alto livello prima di adagiarsi sulla piana di Bunderishka Polyana, punto di ritrovo per un aperitivo di fine giornata con vista sul dente acuminato del monte Todorka. Ma la soluzione migliore per un aprés-ski in totale relax è immergersi nelle piscine all’aperto di Banya, villaggio a dieci minuti d’auto, celebre per le acque termali, le Spa e i centri benessere.
La sera, invece, si torna nel centro storico di Bansko, che si anima attorno alla torre dell’orologio: si passeggia per le strette vie acciottolate su cui si affacciano le antiche abitazioni in pietra, nascoste alla vista dai massicci muri con cui le famiglie si proteggevano dagli assalti dei Turchi. Alcune ospitano oggi le tradizionali mehani, taverne dallo stile rustico, accoglienti e spesso chiassose, dove i piatti irrinunciabili sono il sach (carne di pollo e maiale servita con spezie e verdure) e il cheverme, spiedo di agnello, da accompagnare con l’imperdibile rakia, un superalcolico. Il cibo non manca nemmeno sulla strada, dove la banitsa (tortino di sfoglia a base di formaggio) è la regina indiscussa dello street food. La si gusta alla guida mentre da Bansko si ridiscendono i monti in direzione di Plovdiv, lungo una strada tortuosa che per lunghi tratti costeggia le rotaie a scartamento ridotto (le ultime rimaste in Bulgaria) dell’antica linea Septemvri-Dobrinishte: i vagoni verdi e rossi viaggiano lenti tra gallerie, foreste e strette gole, rendendo tanto inaspettata, quanto emozionante, la loro apparizione a lato della carreggiata.
Forse più della capitale, Plovdiv è città elegante, mitteleuropea e dal sapore vagamente bohémien. Lo si intuisce passeggiando tra i vicoli di
Borghi sperduti, taverne rustiche, chiese affrescate, treni a scartamento ridotto: è un viaggio nel passato
Plovdiv è la località più elegante, con un’anima mitteleuropea eun centro cittadino magnificamente recuperato
Kapana, il quartiere creativo, giovane e dinamico, ricco di gallerie d’arte, atelier, ristoranti e bistrot. I protagonisti sono i colori: pastello sulle facciate delle case, di tendenza negli arredi dei locali e tra i tavoli all’aperto, intensi sui muri scelti dagli artisti di strada per riqualificare angoli abbandonati del quartiere. Dopo avere attraversato piazza Dzhumaya, dove i segni dell’occidente (l’antico stadio) si fondono con quelli dell’oriente (la moschea con il minareto), si entra nella città vecchia. Meglio percorrerla di primo mattino, quando i visitatori sono ancora pochi e ci si muove nel silenzio quasi solenne di un borgo tornato com’era a metà ‘800, grazie ai preziosi restauri degli ultimi anni. Si approfitta di uno spiraglio tra i portoni eleganti per uno sguardo sui cortili dei palazzi costruiti dopo la liberazione dai Turchi, nel periodo della cosiddetta “rinascita nazionale”: case dalle decorazioni in legno intagliato e colori vivaci, alcune delle quali trasformate oggi in musei. Quello etnografico, per esempio, ha una facciata blu zaffiro con fregi dorati e linee sinuose che dà su un giardino curatissimo di siepi all’italiana.
Il tempo scorre curiosando tra botteghe e negozi come l’Antique Shop di Hristo Dimitrov, antiquario esperto di monete, che regala un racconto per ogni oggetto esposto sugli scaffali. “Come Capitale europea
della cultura nel 2019”, afferma orgoglioso, “Plovdiv ha finalmente potuto far conoscere i suoi tesori”. Il più prezioso compare alla vista quasi all’improvviso dopo l’ultima rampa: è il teatro romano, fra i meglio conservati in Europa, adagiato sulla collina più alta della città. Seduti su uno dei gradoni della cavea ci si gode lo spettacolo del cielo al tramonto, quando la luce color del miele addolcisce i contorni di statue e colonnati e la città, sullo sfondo, arriva quasi a toccare il profilo lontano dei monti Rodopi. È lì che vale la pena di spingersi per un ultimo appuntamento con la natura.
DANZE NEI LUOGHI DEL MITO
Lasciata la pianura, tra le prime valli si incontra il monastero di Bachkovo, cittadella sacra in cui gli antichi mestieri dei monaci si alternano al pellegrinaggio dei fedeli, tra icone preziose e affreschi dai toni apocalittici. Ancora più a sud, il villaggio di Chepelare è sosta per gli sciatori che vogliono provare la pista Mechi Chal, la più lunga di tutto il Paese, ripido corridoio che scende tra i boschi di abeti. I tracciati di Pamporovo, pochi chilometri oltre, sono invece l’ideale per i meno esperti:
le seggiovie portano fino ai quasi duemila metri della cima Snezhanka, dove un’altissima torre radiotelevisiva ospita un ristorante dalla splendida vista a 360 gradi. I Rodopi sono montagne dalle forme arrotondate, ricoperte di pinete, che condividono con la vicina Grecia tradizioni e leggende. Si dice che Orfeo ed Euridice, protagonisti di uno dei miti più celebri dell’antichità, fossero originari di queste fulve vallate. Gli stessi bulgari amano perdersi tra questi rilievi ai cui piedi, nelle pianure tracie che guardano alla Turchia, si producono ottimi vini. Li si assaggia direttamente dai produttori, nei piccoli centri dove le tradizioni contadine non sono del tutto svanite. E così può ancora capitare di ritrovarsi in mezzo a un kolo, danza circolare scandita da tamburi e zampogne.
Meno folclore si trova invece a Sofia, dove i severi palazzi sovietici da una parte e la modernità occidentale dall’altra hanno dato forma a una capitale dall’atmosfera confidenziale, tutt’altro che eccessiva tanto nelle dimensioni quanto nello stile. Per uno strano gioco del destino è stato il progresso a regalare alla città la più viva consapevolezza del suo passato: gli scavi della metropolitana hanno portato alla luce i resti dell’antica Serdica, fondata dai Romani più di duemila anni fa. Oggi l’omonima stazione rappresenta il punto di partenza per l’esplorazione del centro: basta una rampa di scale mobili per passare dalle antiche mura alle imponenti colonne del palazzo dell’Assemblea nazionale. Le reminiscenze sovietiche si susseguono sia nelle solide forme squadrate del palazzo presidenzia
le (nel cortile sorge l’antica chiesa ortodossa di San Giorgio) sia in quelle stile secondo impero della National Gallery.
Poco oltre, cultura e politica cedono il passo alla fede: se il luccichio della cupola della cattedrale di St. Aleksandr Nevskij fa da richiamo sul più celebre monumento bulgaro, non sono da meno quelle a cipolla ricoperte di scaglie oro e verdi della chiesa russa di San Nicola, piccolo gioiello distante poche centinaia di metri. La quotidianità, invece, freme tra i mercati (da non perdere quello delle donne) e nella zona della moschea Banya Bashi: alle sue spalle si trovano le fontane di acqua termale di cui fanno scorta, a ogni ora del giorno, decine di cittadini in un colorito rituale collettivo. Ci sono poi la natura e, ancora una volta, la montagna: Sofia è infatti la capitale europea in assoluto più vicina a un impianto sciistico. Ci si arriva dal centro con una corsa in taxi e una risalita in seggiovia: tra i boschi di conifere del monte Vitosha, il grande panettone imbiancato che protegge la città, è impagabile sciare o passeggiare godendosi la vista che a tratti si apre su cupole e grattacieli. Un sentiero scende fino alla minuscola chiesa di Boyana, patrimonio Unesco per gli antichi affreschi medievali, un altro alle cascate sull’omonimo torrente, un altro ancora al monastero di Dragalevtsi, il più antico del Paese. Voci animate risuonano tra gli alberi, si incrociano famiglie, solitari escursionisti, giovani coppie. Anche Sofia conferma quanto sia difficile per i bulgari annoiarsi. Qui tutto è a portata di mano e, per chi arriva dall’Italia, relativamente low cost. Una buona scusa per tornare a scoprire angoli di un’Europa non lontana.
Bansko è la principale meta sciistica dei Balcani, sede di gare della Coppa del mondo. Sempre più italiani vengono qui