SULLA NEVE
Godersi la montagna nella sua dimensione naturale: quattro mete per divertirsi nella neve al cospetto dei giganti delle Alpi. Anche senza impianti di risalita
Il Bianco e il Rosa. Quattro mete al cospetto dei giganti delle Alpi. Fra sport, natura, tradizioni
Lamontagna delle origini, quella naturale, selvaggia, vera. Oltre gli impianti, oltre la “monocultura dello sci alpino”, come l’ha definita il Cai. In quest’anno complicato per le classiche sciate, si apre un mondo al di là di cabinovie e pass giornalieri. Basta avere le giuste indicazioni per vivere immersi in dimensioni completamente nuove e scoprire un lato inedito, magico, dello spettacolo bianco. Le Alpi? Sono il teatro ideale per mete più defilate, ricche di silenzio e potente natura. Una rivoluzione da provare ora, magari in luoghi dove lo sci, per scelta e vocazione, già aveva staccato la spina, proprio nel cuore di una delle grandi regioni degli sport invernali, il Piemonte.
Con
le Ciaspole
Con 2.500 metri di ghiaccio e rocce, la parete est del Monte Rosa è la più alta delle Alpi. Il ghiacciaio ai suoi piedi è meta di escursioni con le ciaspole o gli sci da alpinismo: uno spettacolo che non teme confronti. Percorsi non impegnativi, anzi, molto agevoli, visto che tra il Belvedere e l’Alpe Pedriola il dislivello è di 165 metri e si cammina per poco più di un’ora (la distanza è di 1,9 chilometri). A chi ha voglia di proseguire per qualche altra decina di minuti, il lago delle Locce regala un ulteriore, indimenticabile scorcio. Macugnaga, comune di poco più di 500 anime, è la base perfetta per vivere questo bianco e questo cielo. “È un viaggio in un altro mondo, di quelli che vedi nei documentari televisivi, ma poi scopri che è dietro casa”, racconta Cristina Rainelli, neopresidente dell’Associazione casari agricoli d’Italia che, ai piedi del Rosa, gestisce con la famiglia l’agriturismo Alpe Burki. “Qui si ferma l’orologio, si entra in una dimensione spazio-temporale parallela”. Sempre a piedi. Un’altra magnifica ciaspolata porta all’Alpe Bill e all’Alpe Meccia, sul versante più soleggiato della vallata.
E al lago delle Fate si arriva anche con le fat bike, bici dai larghi pneumatici, per inoltrarsi poi nell’incontaminata val Quarazza seguendo la strada in lieve salita fino alla cosiddetta Città morta, dove si lavorava l’oro estratto dalla montagna. Si pattina fino a tardi sulla pista di ghiaccio di Pecetto, vicino alle seggiovie per il Rosa, mentre per divertirsi in slittino i pendii appena a monte dell’antico Dorf, il borgo walser originario di Macugnaga, tra le frazioni di Staffa e Pecetto, offrono discese divertenti e senza rischi. Due piste da fondo di cinque e sette chilometri sono tracciate a Pecetto (la più facile) e intorno alla silenziosa Isella. Ci si può anche solo attardare ad ammirare le case walser più antiche, nel Dorf o dietro la piazza di Staffa. E la tappa più golosa è alla Walser Backerei, rinomata panetteria, caffetteria e pasticceria. e.p.
arrampiCata in val d’ala
Il grandioso anfiteatro del Pian della Mussa è chiuso da vette che hanno fatto la storia dell’arrampicata. Come l’Uia di Ciamarella, la più alta delle Alpi Graie, che fa da sontuoso biglietto da visita della val d’Ala, a una sessantina di chilometri da Torino. È il premio che attende gli sportivi che con le ciaspole, le fat bike, gli sci da fondo o da alpinismo, perfino con le slitte trainate dai cani, arrivano in appena un’ora dal paese di Balme, ultimo villaggio della valle. Ad accoglierli c’è il rifugio Ciriè, dove si può anche dormire in un silenzio indimenticabile. L’indomani, ancora più in quota, ma sempre alla portata di tutti, ci sono mete come il Pian di Ciamarella. Uno spettacolo. “Balme ha da tempo rinunciato a pratiche come l’eliski. Non è nel nostro dna”, sottolinea Gianni Castagneri, cultore della storia locale. “Preferiamo farci conoscere per ciò che siamo sempre stati: gente che ama la montagna, la vive e sa come goderne la bellezza”. Proprio accanto al paese parte un’altra bella ciaspolata nella val Servin, lungo un sentiero naturalistico tra le fornaci e le vecchie miniere che un tempo alimentavano l’economia locale. È la valle perfetta per chi cerca il brivido dell’arrampicata su ghiaccio, ma ci si diverte anche solo con lo slittino sui pendii accanto allo skilift Pakino. Poco più a valle, Ala di Stura, capoluogo della val d’Ala, si fa notare per le case affrescate e le tante meridiane di ogni stile e dimensione. Di borgo in borgo, sempre nel bianco, dalla
frazione di Mondrone parte una ciaspolata facile fino alla soleggiata conca di Pian Prà. E tornati a valle si recuperano le forze con lo zabaione preparato all’albergo d’Ala. Strepitoso. e.p.
nel
parCo del fondo
A dispetto della quota non molto elevata, la val di Pesio, in provincia di Cuneo, gode di un buon innevamento fino a stagione inoltrata. Il che consente di scoprire una zona da sempre vocata alla “neve dolce”. Tutto ruota intorno al centro sportivo Marguareis (vallepesioservizi.it), polo sportivo dalle innumerevoli sfaccettature. Noleggia sci, racchette, e, su prenotazione, permette di provare il biathlon (fondo e carabina). Da San Bartolomeo di Chiusa Pesio, 22 chilometri per la disciplina nordica si inoltrano poi nel parco naturale del Marguareis, tra ampie visioni sulle Alpi Liguri e uno
sguardo alla Certosa, grandiosa cittadella di spiritualità da 900 anni, oggi dal solenne aspetto tardorinascimentale. Da qui, ciaspole ai piedi, Pian delle Gorre è a soli tre chilometri, ma servono circa tre ore per “conquistare” il belvedere del Gias sottano Pittè, su un mare di abeti. Alcuni itinerari scialpinistici sono adatti anche ai principianti. Prima però si fa scorta di salumi e formaggi a chilometro zero da A veja posta. Perché anche solo in un panino, consumato nell’aria buona, dopo una salita, c’è tutto il sapore di un luogo. e.p.
Gente d’alta valle
Marca il territorio che fa da cerniera tra il Biellese, il Vercellese e la Valle d’Aosta, incidendo un territorio aspro e severo che ha ben poco della zona alpina addomesticata per i turisti. Per la verità, un tempo, ci venivano in tanti sulle rive di questo fiume piemontese che dà nome alla valle Cervo, perché da queste parti era fiorente l’attività estrattiva di un granito di pregio, la sienite, utilizzata per abbellire strade e sagrati di Torino, di Milano e perfino il molo 17 nel porto di New York. E aveva fatto dei valligiani i più gettonati scalpellini del mondo. Altra epoca. Da allora lo spopolamento ha colpito duro. Ma, usciti dall’A4 a Carisio, oltrepassati Biella, Andormi Micca e Piedicavallo, ci si accorge, arrivando qui, quanto sia immutato il senso d’appartenenza della gente di questo spicchio di montagna piemontese.
La zona è nota anche come La
Bürsch, toponimo che, nell’antica parlata locale, sta per casa, tana. Patria. Lo stesso termine utilizzato da Barbara Varese per il lodevole recupero conservativo della piccola frazione di Oretto, a 800 metri d’’altitudine, collegato a un pro
getto di ospitalità diffusa. Per le passeggiate si punta alla parte più alta e defilata della valle, seguendo i buoni consigli di Maurizio Piatti, sindaco di Campiglia Cervo ,o della guida alpina Gianni Lanza, tra gli animatori del sito montagnabiellese.com.
La bella stagione in arrivo offre notevoli escursioni: il trekking a Piedicavallo, sulla Grande Traversata delle Alpi, la “via ferrata” nella zona di San Paolo Cervo e la camminata tra la Banda Veja e la Banda Sulia, ovvero tra il versante più in ombra, sulla destra orografica del fiume, e il più soleggiato. Si va alla Casa museo dell’alta valle del Cervo di Rosazza per conoscere la cultura dei luoghi e ritrovare le ambientazioni rurali valligiane. Peraltro in un borgo dove i cultori dell’esoterismo trovano riferimenti all’occultismo e alla massoneria, in un’architettura eclettica di inizio ‘900. Illuminante. Nel Piemonte wild l’isolamento è un piacere. L’originalità, un’ospite gradita. p.g.