CALIFORNIA | UNA VOLTA NELLA VITA
Accoglienza, integrazione, multiculturalità e un fermento creativo che nemmeno la pandemia è riuscita a fermare. Alla scoperta dell’energia della East Coast, che da San Francisco si è allargata verso Oakland e Berkeley. Ecco i luoghi e i protagonisti
Nuove frontiere. Accoglienza, multiculturalità e un gran fermento creativo. Alla scoperta dell’energia della East Coast, che da San Francisco si è allargata verso Oakland e Berkeley
Bastano le lunghe passeggiate e i bike tour per rendersi conto, in poco tempo, dell’energia di Oakland, la città affacciata sulla baia, a est di San Francisco, al termine del celeberrimo ponte di Bay Bridge, oltre sette chilometri sull’azzurro dell’insenatura più famosa d’America. Allungata sulla costa, la Brooklyn di San Francisco sfodera un labirinto di magazzini riconvertiti, grattacieli, atelier e studi che si nutrono di innovazione e contemporaneità. È posseduta da una carica vitale contagiosa, Oakland. Persino la famosa frase “There’s no there, there”, che la scrittrice e poetessa Gertrude Stein (1874-1946) scrisse quando tornò qui nel 1935, dopo i lunghi anni parigini, ha tutto un altro senso. Allora era una maledizione pronunciata da una figlia illustre che si era trovata la propria casa rasa al suolo e sostituita da decine di villette anonime. Oggi si cita per indicare la vocazione di Oakland al cambiamento, all’inclusione. L’accoglienza è promossa in tutte le sue forme, aiutata, dicono in molti, dalla politica illuminata dell’ex governatore Jerry Brown (sindaco di Oakland dal 1999 al 2007), che con i suoi investimenti da un miliardo di dollari ha favorito il rilancio artistico-culturale cittadino, compreso il recupero del celebre Fox Theater.
“Il fermento creativo di Oakland coinvolge tutte le espressioni artistiche”, conferma Fabio Reis, musicista brasiliano da più di 15 anni
nella Bay Area. Lo testimoniano anche gli oltre mille murales che colorano i quartieri e i grandi edifici del centro, dalla 12esima alla 19esima strada. Le opere svelano un’incredibile voglia di libertà, di pratiche sostenibili, di non violenza, di attenzione all’altro, come We Got Us, realizzato da un gruppo di artisti (Cece Carpio, Nisha Kaur Sethi, Priya Handa, Trust Your Struggle Collective), che ritrae cinque braccia rivolte al cielo, quasi a elevare una supplica, o una rivendicazione. Oakland, dopotutto, è stata la culla del movimento Black Lives Matter, cofondato nel 2012 da Alicia Garza, editrice afroamericana candidata al Nobel per la pace. È di Oakland anche il fotografo Amir Abdul-Shakur, 37 anni: è l’autore dell’immagine di una ragazzina afroamericana, che indossa una maschera vergata con le parole I can’t breathe, che ha spopolato sui social, attirando il consenso di milioni di follower.
In questa città l’arte è viva e gli artisti vengono sostenuti. Il Cares Arts Fund, un nuovo fondo di investimento promosso dalla municipalità di Oakland durante la pandemia, ha stanziato un milione 425 mila dollari (1,2 milioni di €) per creativi e organizzazioni no profit. Investimenti che hanno avuto lo scopo di mitigare i danni subiti sia dai singoli, sia dalle tante organizzazioni culturali. “Mi sono trasferito a Oakland nel 2013, lasciando San Francisco, e come molti artisti mi sono spostato nella East Bay, attratto dagli affitti meno cari e dall’aiuto che la città e le istituzioni offrono. Questo mi ha permesso di lavorare a tempo pieno, di promuovere e vendere i miei lavori, senza dovermi preoccupare di come arrivare alla fine del mese”, racconta Carlo Fantin, 38 anni, origini veneziane, specializzato in collage che raffigurano volti e figure dell’iconografia cattolica, mescolati a motivi della cultura digitale. “Internet è la religione del nostro
Al centro di Oakland, il lago Merritt, uno specchio di acqua salata, è un’oasi naturalistica e una meta per sportivi
tempo e i social network il luogo di culto che ha soppiantato le chiese; le star del web sono l’oggetto della nuova devozione”.
Come Fantini, tanti altri hanno deciso di lasciare i costosissimi atelier di San Francisco e trasferirsi nella East Bay che comprende le città a est del Golden Gate Bridge, fra cui Berkeley e Oakland. Ha aperto la strada Angela Hennessy, famosa per le sua ricerche sul colore e per le sculture con materiali di recupero, nonché tra le protagoniste della prossima mostra allestita all’Oakland Museum of California (OMCA), Hella Feminist: An Exhibition, storie di femminismo e femministe tra Oakland e la Bay Area. Tra gli attori della scena creativa compare anche il regista e, rapper, Boots Riley, che a Oakland ha ambientato il suo film, Sorry to bother you, premiato al Sundance Festival del 2018. Da allora Riley si è dedicato molto alla regia: è di poche settimane fa la notizia che I’m a Virgo ,la serie da lui scritta e diretta - storia di un uomo nero alto quattro metri che vive a Oakland - arriverà sul circuito Prime Video di Amazon. Il regista ha definito la serie “oscura, assurda, divertente e importante”.
Oakland è diventata la nuova casa anche per Meryl Pataky, artista tra le più promettenti della Bay Area, che sperimenta con il neon. “Mi sono spostata qui perché San Francisco era diventata troppo cara. E poi Oakland offre qualcosa che San Francisco non offre più, vale a dire ispirazione, energia, diversità”. Già, la diversità: qui è un motore per immaginare nuovi sentieri d’arte, nuove socialità. Anche il cibo unisce,
In fuga dagli affitti
folli di San Francisco, i creativi hanno puntato verso i centri dell’East Bay
fa delle differenze un collante, uno strumento di condivisione. Basta percorrere Broadway Street per fare il giro del mondo gastronomico: ricette messicane, thai, cinesi, giapponesi, iraniane, e coesistenza etnica e armoniosa, piena di idee, di collaborazione. Per avere un’idea del nuovo volto creativo di questa parte della East Bay, basta dunque esplorare i quartieri protagonisti di questo cambiamento.
TEMESCAL: MURALES E CIBO DI STRADA
Prima del 1900, Temescal era una città a sé stante. Ora i confini sono mutati e l’attuale scena artistica e gastronomica è in pieno fermento. Il Temescal Telegraph BID (Business Improvement District), un’associazione no profit che riunisce i proprietari di attività commerciali, ha lanciato il Temescal Mural Project, progetto che ha visto impegnati centinaia di artisti di strada nella realizzazione di opere dipinte sui muri di negozi e ristoranti. Cartina alla mano, si percorre Telegraph Avenue, la via principale, come una galleria a cielo aperto. Da segnalare le opere di Thaïlan When, illustratrice asiatico-americana, famosa per il dipinto Arrangements of Power, dove una serie di teste variopinte guardano verso un orizzonte indefinito; El Maldito, che infonde speranza e coraggio ai passanti con la scritta The Universe gives us what we can handle (l’universo ci dona ciò che possiamo gestire). Nel girovagare tra strade e piazze si fa tappa al Temescal Brewery, realtà artigianale che propone degustazione di birra di produzione propria accompagnata da particolari stuzzichini. Nel piazzale della birreria, ogni giorno, c’è infatti un food truck con una proposta gastronomica differente: sushi, tacos messicani o waffle. Continuando a percorrere Telegraph Avenue si arriva a Piedmont Avenue, vero e proprio tempio della gastronomia in città: molti locali hanno ottime referenze nella guida Michelin. Rivisitazioni rustiche-chic si trovano da Homestead: grandi finestre, libri di cucina sul bancone, un’allure agreste, ma con alcune ricercatezze. Il menu offre specialità locali e di ispirazione orientale. Da provare, per esempio, la tempura di pesce halibut con purea
di piselli e patate. A Temescal si va soprattutto la sera, per i ristoranti romantici; ma anche la zona di Uptown-Downtown, con i grattacieli e i palazzi con mattoni a vista, vanta buoni indirizzi come The Hive, una sorta di centro commerciale all’aperto che riunisce caffetterie-panifici come Firebrand Artisan Breads (firebrandbread.com), dove acquistare il miglior pane della zona, un’insalata o un toast con l’avocado. Ci sono anche ottime gelaterie: Humphry Slocombe (humphryslocombe.com) è una delle migliori in città. Inoltre, come in gran parte della California, l’attenzione al benessere è prioritaria: nei centri olistici del quartiere si partecipa a lezioni di yoga o pilates. Uno degli indirizzi migliori? Square One Yoga Studios (squareoneyoga.com).
IN CANOA SUL LAGO MERRITT
Nei fine settimana, l’area residenziale del lago Merritt, un bacino artificiale salato, l’unico d’America nel cuore di una metropoli, è presa d’assalto da sportivi, giovani imprenditori, famiglie. Si fa jogging lungo la pedonale che costeggia il bacino, ma tanti preferiscono noleggiare una canoa o un kayak presso il Lake Merritt Boating Center per godere della vista su tutta la Bay Area. È per le famiglie il Children’s Fairyland, parco divertimenti con attrazioni che richiamano favole celebri, come la giostra con i personaggi di Alice nel Paese delle Meraviglie. Una curiosità: in questo quartiere visse Jack London, la cui passione per la scrittura sbocciò grazie ai libri presi in prestito nella biblioteca pubblica. Una delle istituzioni della città è l’Oakland Museum of California. È uno dei più vecchi musei della Bay Area (ha più di 40 anni), su tre piani, che custodisce quasi due milioni di pezzi tra opere di design, quadri, installazioni che celebrano storia e costumi della California. Una sera alla settimana ospita musica dal vivo, con dj e performance.
Per vivere, e conoscere da vicino la scena artistica, bisogna tornare (la metropolitana è comodissima) alla 19esima strada, cuore pulsante del quartiere Downtown-Uptown. È qui che tradizionalmente, ogni primo venerdì del mese, si svolge l’ Oakland Art Murmur. È un festival che celebra l’arte in tutte le sue forme e vede protagoniste le gallerie, che rimangono aperte fino a tarda sera per permettere a chi proviene da San Francisco di conoscere di persona i tanti artisti e i loro lavori. Per l’occasione l’intera area diventa zona pedonale. Si passeggia, si parla con i creativi, si scoprono i talenti di domani e a ogni angolo c’è un food truck dove ordinare sushi, tacos o thai roll. Al festival, poi, partecipano sempre molti musicisti che suonano dal vivo su uno dei palchi allestiti nel quartiere. “Oakland è diventato ormai un hub creativo, ha cambiato passo. È in atto un vero e proprio rinascimento all’interno della comunità artistica, anche se i grandi investitori dell’ immobiliare stanno guardando con interesse alcuni quartieri e i prezzi delle case stanno aumentando. Vedremo come Oakland reagirà a questa situazione,” spiega Brock Brake, proprietario, curatore e direttore di Part 2 Gallery, uno spazio attento agli emergenti locali, come Lena Gustafson, Lukaza Branfman-Verissimo e Maria Paz, che espongono installazioni al neon, graffiti, sculture e video.
Ogni primo venerdì del mese si tiene l’Oakland Art Murmur: un festival di arte, musica e gastronomia
SAN FRANCISCO, BELLEZZA PER TUTTI
“La Bay Area è storicamente famosa per il suo fermento culturale. San Francisco è da molti anni riconosciuta per la sua capacità di dare valore all’arte e agli artisti. Con la pandemia si è assistito a un’esplosione di progetti di public art e questo ha permesso a chiunque di non rinunciare al piacere di godere dell’emozione di un’opera”, spiega Dorka Keehn, curatrice e fondatrice di Keehn on Art, società di consulenza specializzata in arte contemporanea. C’è la sua firma, assieme a quella di Brian Goggin, in ...and my room still rocks like a boat on the sea” (Caruso’s Dream), un’installazione formata da 13 pianoforti, uno legato all’altro, che penzolano sulla facciata dell’edificio AVA 55 Ninth Street, nel quartiere di SoMa (South of Market). L’opera rende omaggio al grande tenore italiano Enrico Caruso e ricorda l’esperienza del terribile terremoto che sconvolse San Francisco il 18 aprile 1906 e che Caruso visse in prima persona, trovandosi in tournée nella città californiana. “Anche nomi di fama internazionale vengono invitati a creare opere in città”, precisa Dorka Keehn. Un esempio è Seeing Spheres dell’artista danese Olafur Eliasson, che ha collocato voluminose sfere di acciaio specchianti davanti all’ingresso del Chase Center, nel quartiere di Mission Bay. Un complesso che, oltre a concerti ed eventi, ospita le partite dei Golden Gate Warriors, la squadra di pallacanestro che milita nell’NBA. Seeing Spheres “offre un posto dove fermarsi, in cui vederti dall’esterno, sentirsi partecipe della società”, conclude Keehn.
“La pandemia ha valorizzato lo spazio pubblico”, conferma Luca Giaramidaro, architetto e urbanista al Perkins&Will, studio internazionale di architettura e progettazione urbana. “Molti ristoranti hanno reso più accoglienti le aree esterne e molti gestori hanno invitato artisti di stra
Gli artisti hanno un ruolo pubblico riconosciuto e
ricevono sussidi dalle istituzioni locali
da a ravvivare gli esterni dei loro locali. Valencia Street, per esempio, è chiusa al traffico nei weekend, e questo permette di godere maggiormente dello spazio aperto”. Centro della movida del quartiere Mission, Valencia Street pullula di bar, locali e negozi che richiamano fortemente la cultura hipster. Qui si trovano alcune librerie, come Eared Books, specializzate in volumi fuori edizione, e negozi di vinili: Stranded Records è il più famoso. Questa è la zona dove hanno comprato loft e case vittoriane gli ingegneri che lavorano nelle tech companies (Google, Facebook, Uber...). La loro meta preferita, per un aperitivo, è True Laurel, aperto da David Barzelay, chef e proprietario di Lazy Bear, due stelle Michelin, e Nicholas Torres, direttore del bar. Oltre ai cocktail e al menu creativo, conquistano i suoi interni, omaggio al design del primo Novecento. Ai tavoli, le poltrone in pelle blu cobalto ricordano quelle delle dinette americane; le mensole dove sono esposte le bottiglie si ispirano al dipinto Sin Titulo della pittrice uruguaiana Maria Freire. La scultura-murale in gesso che copre tutta la parete della sala richiama il disegno di un parco giochi di Isamu Noguchi, architetto giapponese. Sempre nel quartiere Mission, ha aperto di recente lo showroom Heath Ceramics: in vendita ceramiche, piatti, bicchieri, vassoi, vasi e oggetti per la casa “made in San Francisco”. Allestito in un capannone industriale, ha un laboratorio con grandi vetrate che permettono di vedere gli artigiani all’opera.
UN NUOVO RINASCIMENTO
Nell’ultimo anno, questo quartiere di San Francisco è stato protagonista di un vero e proprio rinascimento artistico. Basta puntare lo sguardo in alto, fra Octavia e Hayes Street, per ammirare Square, un gigantesco albero creato dall’artista Charles Gadeken, i cui rami sono de
La rete dei Cable Car di San Francisco è stata dichiarata monumento nazionale nel 1964
corati da luci che di notte illuminano la strada. Sempre Gadeken, per festeggiare i 150 anni del Golden Gate Park, il parco più grande della città, ha realizzato davanti al Conservatory Flower l’opera Entwined, una foresta incantata animata da piante, le cui foglie sono state creare utilizzando duemila led che cambiano colore a seconda delle ore del giorno. Nel quartiere, un punto di ritrovo è 4505 Burger & BBQ. Il locale, aperto da più di cinque anni, attrae giovani imprenditori e famiglie. “C’è un’energia contagiosa grazie ai nuovi negozi, ai locali, alle persone venute ad abitare qui. La comunità è davvero inclusiva”, racconta Andrew Ghetia, il proprietario. “Questa partecipazione collettiva è il motore del cambiamento di San Francisco. I cittadini vogliono vivere in una società con una migliore qualità della vita, circondati dalla bellezza”, precisa ancora Ghetia. Ed è questa ricerca di bellezza che ha reso negli ultimi anni la Bay Area, la nuova frontiera della creatività. Sulle strade, nelle gallerie, nei locali. E nella testa delle persone.