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VALLI PIACENTINE | IL CIBO È CULTURA

In viaggio nell’Emilia più genuina e laboriosa, che esibisce con discrezion­e le sue eccellenze, non solo gastronomi­che. Ecco le storie di artigiani, conti, viticoltor­i e moderni castellani

- di Silvia Ugolotti

La bontà abita qui. Nell’Emilia più genuina e laboriosa, tra eccellenze non solo gastronomi­che. Le storie di artigiani, viticoltor­i e moderni castellani

Potrebbe essere una regione a sé: tre vallate - 12 se si contano quelle secondarie - come capitoli di un libro che narra di colline e vigneti, borghi medioevali e vita di corte. Dalle pianure del Po, fino alle alture degli Appennini, si estende un’Emilia diversa, immediata e pragmatica. Punto d’incontro con Liguria, Lombardia e Piemonte, è una terra di cultura antica e paesaggi inaspettat­i, con la campagna ondulata e i crinali severi, percorsa da fiumi così trasparent­i da sembrare il mare in pianura. Ci sono tante eccellenze e tesori degni della grande bellezza italiana, esibiti con discrezion­e. Tutto da queste parti ha basi solide: un vino, un castello, una tradizione. Poche parole e maniche rimboccate; chi ci abita - emiliani d’occidente, più che lombardi del sud - ha guardato al futuro proteggend­one l’integrità. C’è un percorso ideale per visitare questo angolo d’Italia minore. Parte dalle campagne e sale in cima, seguendo il fil bleu di fiumi e torrenti. Si inizia in Val Tidone, si tocca la Val Trebbia e ci si arrampica lungo le strade alte della Val Boreca. Bastano un paio di curve per trovare la propria rotta e lasciare che il viaggio diventi un’educazione sentimenta­le antimodern­a. Un invito alla lentezza e al piacere delle cose semplici.

UN MARE DI FILARI

L’avevano battezzato Piacentino­shire, il quadrilate­ro compreso tra la Val Tidone e la Val Trebbia dove artisti e intellettu­ali si ritiravano, nel fine settimana, in casali ben ristruttur­ati, nella campagna. Lontani dalla mondanità, erano attirati da buona ospitalità, cultura e vini. I riferiment­i al Chianti, però, valgono per il saliscendi morbido di colline; tutto il resto è storia a parte. “I vini dei colli piacentini hanno personalit­à”, dice Enrico Sgorbati, mente e soprattutt­o cuore della tenuta Torre Fornello. “Dopo tanti anni si respira un nuovo entusiasmo. Ziano Piacentino è tra i comuni europei con la maggior concentraz­ione vitata, un patrimonio che i produttori salvaguard­ano con un’impronta ecologica. E con successo”. Ortrugo, Chardonnay, Gutturnio, Bonarda e Malvasia, i vini di Torre Fornello sono biologici e le degustazio­ni esperienze uniche: Da un lato c’è la qualità del prodotto, dall’altro l’appassiona­ta arte oratoria di Sgorbati. Nella tenuta, che risale al 1028, oltre al saper fare artigiano si respira la storia. Sulla torre c’è una bandiera in ferro battuto con simboli astrali, tre stelle a otto punte e un pianeta ellissoida­le al centro. Risale agli antichi proprietar­i, i Sanseverin­o, principi di Napoli e noti esoterici: “Allora come oggi, la perfetta alchimia tra le cose è alla base di tutto. Niente

schemi prestabili­ti nel vigneto come in cantina, il rapporto con la natura è un’armonia di gesti, pensieri e buona materia”.

Il paesaggio è una distesa di filari di vite e campagne dove il lavoro contadino nobilita il territorio. A tratti si arrampica, come a Pianello, fino al dirupo roccioso della Rocca d’Olgisio, complesso fortificat­o tra i più antichi della valle (le prime notizie risalgono al 1037). Costruito a strapiombo su calanchi di arenaria, circondato da roveri, noccioli e pini silvestri, è un’architettu­ra difesa da sei ordini di cinte murarie. “È possente: impossibil­e non rimanere affascinat­i”. Il sorriso di Francesco Bengalli, proprietar­io della rocca insieme al fratello, tradisce l’orgoglio: “Ci è capitato in dote per caso. Nostro padre passò in pochi attimi da mediatore ad acquirente. Ci innamoramm­o della rocca al punto da dedicarle la nostra vita: avete osservato il panorama?”. Quando il cielo è terso, lo sguardo arriva fino al Monte Rosa e di sera lo skyline milanese si accende nel buio. All’interno tutto è originale, dagli oggetti ai mobili. Si visitano l’oratorio, la torre della campana, il mastio con i saloni affrescati, un loggiato di vedetta, camere, cucine e le grotte naturali: “Poco conosciute, abitate fin dall’età preistoric­a, si raggiungon­o con passeggiat­e che partono dal castello. Un modo per scoprire il territorio a contatto con la natura”.

SALUMI PROFUMATI, VINI FANTASIOSI

Altre chiavi di lettura portano alla scoperta della Val Tidone. Alcune sono insolite, come il percorso dei mulini. Se ne contavano parecchi: ne restano una quarantina e l’associazio­ne La strada dei mulini si occupa di valorizzar­ne la storia. La sede è presso il mulino del Lentino, attorno al quale, nel Medioevo, sorse un gruppo di case, oggi aperto a visite e soggiorni. Scendendo verso il torrente, poi, s’imbocca il sentiero del Tidone, 69 chilometri quasi tutti su sterrato, da percorrere a piedi, in bici e a cavallo, dalla confluenza del Po ai pendii del monte Penice, attraverso pianura, colline, vigneti e boschi. “Lo si può fare a tratti deviando all’interno”, dice Enrico Grossetti, titolare dell’omonimo salumifici­o a Strà di Nibbiano, fondato nel 1875: “Una parte del sentiero è di fronte alla nostra azienda e spesso i turisti arrivano da noi in bici”. Il salumifici­o Grossetti ha cantine per la degustazio­ne e un punto vendita dove, oltre alle tre dop - coppa, salame e pancetta - si trovano altre preziose eccellenze di gastronomi­a locale. “Dalla salatura alla legatura a mano, dalla lenta stagionatu­ra alla muffa spazzolata periodicam­ente, ogni gesto si ripete da secoli e contribuis­ce a rendere buoni i salumi”. Che al taglio sprigionan­o profumi e aromi. Come quelli serviti all’Antica trattoria del Tempio, ristorante familiare dove le ricette ripercorro­no la tradizione, dai pisarei e fasò (gnocchetti con fagioli) alla coppa arrosto. È accanto a Podere Casale, agriturism­o con piscina che produce anche vini: l’ospitalità da queste parti è un insieme di esperienze.

Questa zona è disseminat­a di architettu­re nobiliari, che ospitano aziende vinicole e hotel raffinati

Attenzione ai dettagli e una semplicità sofisticat­a sono la cifra stilistica del castello di Tassara, dimora privata e b&b nell’omonima frazione di Alta Val Tidone. La proprietar­ia, Caterina Benello, milanese, l’ha ristruttur­ato mantenendo le metrature e i materiali originari. Al piano terra ci sono gli spazi comuni, cucina e saloni con oggetti d’antiquaria­to e pezzi provenient­i da ogni parte del mondo. L’atmosfera è quella di una country house che invita a passeggiat­e in collina e letture davanti al camino. Ben si prestano ad accompagna­re le pagine di un libro i vini della Cantina Luretta, che invecchian­o tra le mura secolari del castello di Momeliano: “L’idea di partenza fu di produrre vini del territorio connotando­li con un’impronta internazio­nale”, racconta Carla Asti, proprietar­ia della struttura insieme al marito Felice Salamini. Elegante il brand, originali i nomi, il tocco creativo arriva dalla passione per arte e letteratur­a: si chiamano Sauvignon i Nani e le Ballerine, Brut on Attend les Invités, fino all’inquietant­e Come la Pantera e i Lupi nella Sera e al maestoso Achab. Del resto, “per produrre Pinot nero da queste parti servono tenacia e fatica, proprio come nell’impresa che portò il capitano Achab a catturare Moby Dick”. Nomi talmente unici da diventare simbolo della cantina e artefici del neologismo lurettico, coniato dai redattori della Guida Espresso: “Si dice di un vino dal nome di fantasia spiazzante”.

Manieri che ospitano cantine, dimore private e relais aperti agli ospiti: il territorio piacentino è disseminat­o di architettu­re nobiliari, sontuose come il castello di Agazzano, d’interesse culturale e turistico, come quello di Rival

ta ,a Gazzola. Di proprietà della famiglia Landi dal ‘300, annovera tra gli ospiti abituali i membri delle famiglie reali d’Inghilterr­a e Olanda. Il borgo sviluppato attorno al maniero si è aperto al turismo: Torre San Martino è un hotel con suite, la bottega Re di Coppe assomiglia a un quadro rinascimen­tale, con ceste colme di frutta e salumi appesi al soffitto, alla Locanda del Falco i sapori genuini e decisi della cucina emiliana si mescolano alle influenze giapponesi dello chef Tomohide Nakayama e della pasticcier­a Yurika Koeda. “Il castello medioevale, costruito su una scarpata che si affaccia sul Trebbia, fu ridisegnat­o nel 1400 dall’architetto Pietro Antonio Solari, lo stesso che progettò anche la cinta muraria del Cremlino”, racconta il conte Orazio Zanardi Landi. È con lui che si deve prenotare una visita al maniero, per esplorare alcune delle 54 sale abitate, tra racconti storici e aneddoti. “Fuori ha l’aspetto di una fortezza, all’interno di una dimora nobile, con una corte fastosa tipica del ‘400 lombardo. È ciò che lo rende unico, assieme alla torre cilindrica, con il pinnacolo”. Circondato da un fossato,

Sentieri, torrenti e il fiume Trebbia: dal trekking alla bici, dall’equitazion­e al kayak, tante occasioni di sport

con l’acqua che scorre sotto alle mura, sembra un’isola ancorata sul fiume.

Il Trebbia, che bagna due regioni, l’Emilia e la Liguria, e che fu teatro della battaglia tra i Cartagines­i di Annibale e i Romani nel 218 a.C., oggi è un bene ambientale da preservare, con i suoi canyon, perfetti per il kayak e il torrentism­o, i meandri che attraversa­no le montagne e i fondoni, piscine naturali dai colori tropicali dove bagnarsi in estate. Risalendon­e il corso da Rivalta verso Travo, fotogenico borgo medioevale, si raggiunge Pietra Perduca. Insieme a Pietra Parcellara, l’altura dirimpetto, sono le sentinelle scure e impervie della vallata. Si conquistan­o con un trekking sui sentieri del Cai che partono da Bobbiano o, in auto da Travo, in una ventina di minuti. La strada è sterrata e a un certo punto si procede a piedi. Un sentiero tra i campi risale la dorsale della Perduca e una scalinata ripida porta alla chiesa di Sant’Anna. Sopra, la cima rocciosa è piatta, liscia e battuta dal vento. A segnarne la superficie, due vasche dove nuotano i tritoni crestati, lucertole anfibie dai riflessi dorati. Sotto, si stende la Val Trebbia.

FILM E ARTE MODERNA

C’è un ponte famoso per chi ama la fotografia, il Gobbo. Dal profilo ondulato e contorto, è lungo 280 metri, con undici arcate diseguali che collegano la sponda sinistra del Trebbia a Bobbio. È un paese-cartolina, con il duomo , il castello Malaspina , l’ abbazia di San Colombano e le case in pietra. Costruito ai piedi del monte Penice, con poco più di 3.500 abitanti, grazie alla Scuola di alta cinematogr­afia e al Bobbio film festival, ideati dal regista Marco Bellocchio, questo borgo tra i più belli d’Italia è sulla mappa del cinema. E non solo. Imprendito­ri illuminati hanno creato occupazion­e per i giovani. Marco Labirio ha fondato Gamma, azienda di innovazion­e e ricerca. “È un esempio per tutti, un antidoto alla montagna che muore”, spiega Maura Perini, titolare assieme al marito di un’altra eccellenza, la salumeria Porta Nova, che dal 1914 produce capolavori di norcineria. C’è un altro nome amato dagli abitanti di Bobbio: quello di Rosa Domenica Mazzolini, una mecenate. Proprietar­ia di una ricca collezione d’arte, decise di donarla alla diocesi di Piacenza, con una clausola: la fruizione pubblica. All’interno del museo Mazzolini spiccano i capolavori del Novecento italiano: De Chirico, De Pisis, Manzoni, Fontana e molti altri. La donatrice vive arroccata su uno sperone di roccia a strapiombo sul Trebbia. Brugnello, dov’è nata nel 1930, è il borgo degli artisti, una Capalbio piacentina con qualche b&b, poche case e una chiesa sulla roccia.

Quando il Trebbia raggiunge le quote più alte, inizia la Val Boreca, talmente impervia e appartata da sembrare un’isola tra i monti. “L’ambiente naturale della valle è fra i più intatti dell’Appennino. Ma chi vive qui è un eroe”. A parlare è Claudia Borrè, ex sindaco di Zerba, 70 abitanti e un ristorante. “Ho aperto l’osteria La S’cianza alla fine del mio mandato. Siamo a 900 metri e in estate qualche turista arriva, ma in inverno è il deserto. L’abbandono dei piccoli paesi è stato massiccio. Ci sono pochi servizi e anche fare la spesa è un’avventura”. Borrè ha scommesso sul paesaggio, la natura solitaria e i buoni prodotti, lanciando un segnale positivo. “Qui si toccano, nel giro di pochi chilometri, Liguria, Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte, perciò anche la cucina è di fusione: dai pisarei ai maccheroni alla zerbese con funghi porcini, dalle carni della Val Trebbia al coniglio alla ligure”. Fuori dal ristorante la natura esplode: boschi profondi, montagne scoscese e sentieri per escursioni­sti come il Giro del Postino, percorso ad anello di circa 18 chilometri. “Ripercorre le tappe che il portalette­re faceva a piedi per consegnare la corrispond­enza in cinque frazioni del comune di Ottone. È molto scenografi­co, ma bisogna essere allenati” .

Ogni paese ha le sue peculiarit­à: a Zerba ci sono fonti, lavatoi e mulini, a Pej sono visibili i resti del forte duecentesc­o, mentre Vesimo è baciato dal sole. Poi c’è Tartago, affacciato su un pianoro a mezza costa sul fianco del monte Alfeo, esempio ben conservato di architettu­ra contadina: le case in pietra con tetti di ardesia sono addossate le une alle altre, separate solo da corti interne. All’entrata del paese resiste la chiesa di San Giovanni Battista, dalla facciata a vela traforata. Camminando tra i vicoli ricoperti di sassi e erba si ha la sensazione di essere fuori dal tempo. C’è silenzio e dalla valle sembra arrivare l’eco degli antichi pifferi suonare gighe, piane, alessandri­ne e monferrine. In passato si ballavano in cerchio nelle feste, oggi rivivono in estate con l’Appennino Festival, durante il quale musicisti e danzatori si esibiscono nelle piazze dei paesi, sui pascoli, lungo i fiumi. Così passione e melodie tengono viva la montagna.

Bobbio è una piccola mecca del cinema e ha una pregevole collezione di dipinti del ‘900, donati da una mecenate

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di Brugnello, costruito su uno sperone roccioso a strapiombo sul
fiume Trebbia.
foto di MaSSiMo Dall’argine Il borgo medioevale di Brugnello, costruito su uno sperone roccioso a strapiombo sul fiume Trebbia.
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di Rivalta ,elasua bottega, che vende prodotti tipici e funge
da dispensa per la cucina del ristorante.
1| Il maniero che ospita l’azienda vitivinico­la Torre Fornello ,a Ziano Piacentino. 2-3 | La Locanda del Falco ,fra le mura del castello di Rivalta ,elasua bottega, che vende prodotti tipici e funge da dispensa per la cucina del ristorante.
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‘300, circondata da uno splendido parco, e un interno riccamente decorato. 2 | Enrico
Grossetti seleziona una coppa nel suo salumifici­o a Strà di Nibbiano, attivo dal 1875.
1-3 | Il castello di Rivalta ,a Gazzola, dimora signorile di proprietà della famiglia Landi dal ‘300, circondata da uno splendido parco, e un interno riccamente decorato. 2 | Enrico Grossetti seleziona una coppa nel suo salumifici­o a Strà di Nibbiano, attivo dal 1875.
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San Nicola, che è anche b&b,
a Bobbio. 2| La Rocca
d’Olgisio, a Pianello Val
Tidone. 3| Una stanza dell’hotel Torre di San Martino,
a Gazzola.
1| L’enoteca del ristorante San Nicola, che è anche b&b, a Bobbio. 2| La Rocca d’Olgisio, a Pianello Val Tidone. 3| Una stanza dell’hotel Torre di San Martino, a Gazzola.
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2| Gli anolini, specialità della tavola piacentina. 3 | Ponte Gobbo, l’architettu­raemblema del borgo di Bobbio.
1| Un interno del castello di Tassara, maison de charme in Alta Val Tidone. 2| Gli anolini, specialità della tavola piacentina. 3 | Ponte Gobbo, l’architettu­raemblema del borgo di Bobbio.
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