COOLTURA Rassegna di arti varie per nutrire il tempo libero
Iconica popstar del nuovo millennio, grazie a un ricercato songwriting e a incredibili performance live, Sia, australiana, viene paragonata a Whitney Houston per la potenza della voce, e accostata a grandi come Adele e Lauren Hill per lo stile jazz. Creativa e talentuosa nelle canzoni scritte per Beyoncé, Rihanna, Céline Dion, Katy Perry, Madonna, Cher, Shakira, Jennifer Lopez, Ed Sheeran, Eminem, Selena Gomez; riconoscibilissima per l’uso di parrucche e capigliature alquanto curiose, sempre mirate a spingere i confini creativi dei suoi costumi che diventano personaggi; famosissimo il video hit Chandelier
(2 miliardi e passa di visualizzazioni, ovvero la donna più cliccata su Youtube Billion Views Club)... Ciò nonostante, la sua timidezza è proverbiale. Altri segni particolari: dialettica infinita (non smette mai di parlare), acume, reazioni epidermiche immediate quando si sente attaccata, com’è accaduto alla presentazione del suo primo film da regista e interprete, Music, quando l'hanno colpevolizzata per aver usato un’attrice neurotipica (la sua musa Maddie Ziegler) nei panni della protagonista, che invece è autistica. Nel film, oltre a Maddie Zigler, c'è Kate Hudson (fino al 28 febbraio, su Musicilfilm.it). Partiamo dalla polemica. Vuole dirci qualcosa in proposito?
«Avrei dovuto fare una ricerca più approfondita, magari ho ascoltato le persone sbagliate, preso decisioni affrettate ma... guardiamo il film e poi ne parliamo. Con Music volevo fare un film che avesse un sentimento così forte da poter combattere la violenza e l'odio che esistono nel mondo di oggi, un film vecchia scuola che potesse mostrare non solo il bianco e nero ma, sopratutto,
i colori intermedi. Il tutto spinto da emozioni su base musicale. Non volevo offendere nessuno né tanto meno far male. Anzi, la mia intenzione era quella di spezzare il cuore del pubblico, ridurlo a brandelli e poi ricostruirlo durante il corso del film, aggiungendo un tipico finale hollywoodiano».
Nonostante le critiche per aver dato il ruolo a una ragazza non autistica, quale messaggio vorrebbe dare con il film?
«Vorrei che la gente che non ha alcuna esperienza di persone autistiche sappia che, anche se la loro mente sembra essere assente, dentro quel corpo esistono persone che provano i nostri stessi sentimenti. Hanno solo difficoltà a rivelarli in un modo a noi consono. Per loro siamo noi quelli che non capiscono. Non voglio essere polemica, ma per me
Music è un'omaggio a film classici come Forrest Gump e Rain Man con le performance incredibili di Tom Hanks e Dustin Hoffman, solo che in questo caso le protagoniste sono donne. È un film che esplora sentimenti complessi e profondi, come estasi, gioia, tristezza e devastazione. Amo il cinema da sempre, tempi e tendenze, e guardo solo film che mi danno emozioni, ecco perché sono un'avida consumatrice di documentari, per me veicoli di realismo sociale».
Music è il suo primo film da regista, una storia scritta da lei. Com'è nata l'idea?
«Sono passati 15 anni da un pensiero, un breve racconto. Nel corso del tempo ho pensato spesso di poterne fare un film e sognato anche di dirigerlo, ma non ho mai pensato a me stessa come a una regista, anche se ho girato molti dei miei video musicali. È stato solo dopo aver fatto Chandelier con il filmmaker Daniel Askill che ho iniziato a credere che avrei potuto davvero dirigere un film. E ho trovato il coraggio di farlo! Music è stato un battesimo del fuoco: ogni giorno mi sono preparata come per girare un video musicale, solo che questa volta si è trattato di due mesi».
Vista l'inesperienza nel cinema, ha chiesto aiuto a qualcuno in particolare?
«In passato ho lavorato con Shia Labeouf e Lena Dunham, che mi hanno suggerito di farmi consigliare da un mentore, e alla fine ho incontrato Vincent Landay, il produttore di Spike Jones, uno dei miei registi preferiti. Ha anche creduto in film favolosi come Her, Adaptation e Being John Malkovich.
Parlando del progetto, che a quei tempi era poco più di un'ipotesi, il mio amico Dallas Clayton, anche sceneggiatore del film, mi ha convinta a fare un musical. A quel punto il budget è cresciuto da 4 a 16 milioni di dollari».
E il casting?
«Sono una fan di Maddie da sempre, la sento spesso. Leslie Odom Jr. l'ho contattato su Twitter, mi è piaciuto molto in Hamilton, ed era giusto per la parte. Kate (Hudson) l'ho vista cantare una canzona di Natale su Instagram: ha una bella voce ed è molto lontana dalla classica cantante costruita stile Broadway. La prima cosa che le ho chiesto è stata se si sentiva di tagliarsi i capelli a zero. Quando ha accettato, ho saputo che era quella giusta. Questo film è un sogno, amo immaginare nuovi mondi, ho disegnato la maggior parte del guardaroba e scritto tutte le canzoni. Grazie a Music ho riscoperto l'amore per il cinema. E per aiutarmi nella regia ho usato la teoria psicologica dell’attaccamento».
In cosa consiste?
«È un celebre studio dello psicoanalista John Bowlby secondo il quale durante i primi dieci mesi di vita un bambino crea un legame fondamentale con l'individuo dal quale riceve nutrimento, amore e cura. In base alla cura e all'amore ricevuti e alla qualità di quel legame, si determina lo sviluppo del bambino e la sua personalità: se cioè sarà un tipo sicuro o insicuro, organizzato oppure minato da problemi di ansia o indecisione. Sul set ho cercato di creare un rapporto di fiducia con i miei attori per evitare traumi. Perché so cosa significa entrare in depressione dopo esperienze negative».
Si riferisce a se stessa?
«Sì, sono stata depressa per anni, ho abusato di sostanze stupefacenti, pillole, alcol, ho persino contemplato il suicidio. Mi sono salvata grazie alla meditazione, che pratico ogni giorno».
Ce la può descrivere?
«Seguo la meditazione trascendentale di George Haas (www.mettagroup.org): 20 minuti, due volte al giorno. L'mportante è respirare profondamente e recitare il proprio mantra: basta una singola frase che, ripetuta, può aiutarti a non desistere, a continuare... Perché, fidatevi, prima o poi, i risultati arrivano».