Cosa si intende per “Rotta della Cucca”?
Il 17 ottobre 589, per la piena eccezionale dovuta alle abbondanti piogge, l’Adige straripò portando con sé morte e distruzione. Fu un evento di portata epocale perché causò la modifica del panorama fluviale del basso Veneto e della laguna tra Grado e Comacchio, solcati da un gran numero di corsi d’acqua: Piave, Sile, Zero, Dese, Marzenego, Brenta, Bacchiglione, Agno, Adige, Tartaro e Po. Il longobardo Paolo Diacono, vissuto nell’VIII secolo, racconta che «campagne e borghi furono ridotti in rovina, grande fu la moria di uomini e animali, strade e sentieri furono spazzati via e distrutti» e ricorda che anche Verona fu travolta dall’inondazione. L’alluvione fece abbandonare al Brenta e al Bacchiglione il loro delta mentre il Piave, che sfociava con il Sile nei pressi di Heraclia, spostò il corso a sud, entrando in mare nel porto di Cavallino: la città, allora capitale del distretto di Venetikà, rimase esposta alle minacce esterne e si avviò verso la decadenza. I fiumi Dese e Zero, dal canto loro, confluirono in laguna nei pressi di Torcello e l’afflusso massiccio di acque dolci cambiò l’ecosistema e trasformò la zona in palude malarica. Il catastrofico fenomeno del 589 è conosciuto come la Rotta della Cucca (attuale Veronella, dove passava un meandro dell’Adige oggi abbandonato) ma non fu improvviso: fu il risultato del peggioramento del clima tra il VI e l’VIII secolo, che portò al parziale scioglimento dei ghiacciai e a un aumento delle precipitazioni con conseguente incremento della portata dei fiumi. A peggiorare ulteriormente la situazione fu la scarsa manutenzione degli alvei dopo la fine dell’Impero romano d’Occidente e la guerra greco-gotica (535-553).