A Tavola con i Dannati
In un aneddoto che ne celebrava la prodigiosa memoria, si racconta che il cibo preferito da Dante fosse l’uovo («con il sale»). Un’immagine di temperanza che si concilia facilmente con la scarsità di rappresentazioni di cibo della Commedia, in un’epoca in cui alla paura del peccato di gola fa però da contraltare la pubblicazione dei primissimi ricettari. Il rapporto tra Dante e il cibo è quindi, inevitabilmente, contraddittorio: nell’Inferno l’atto stesso di cucinare diventa peccaminoso, ma l’accesso al Purgatorio ricorda lo stupore nell’assaggiare una nuova pietanza, e nel Paradiso il banchetto simbolico è addirittura premio per una vita degna.
Se le apparizioni di pietanze nella Commedia si limitano a queste, ciò non ha impedito agli autori di fantasy che a essa si sono ispirati di riempire il vuoto gastronomico con impegno e dedizione. Pensiamo agli italiani Francesco Gungui (Inferno), Livio Gambarini (Eternal Wars) e Luca Tarenzi (L’ora dei dannati), dai cui romanzi abbiamo estrapolato le ricette di questo menù. Le loro descrizioni fanno venire l’acquolina in bocca: un piacere vicariale, indiretto, che viene soddisfatto nel momento in cui i personaggi hanno accesso al cibo.
In molti romanzi fantasy le abitudini alimentari riflettono attitudini storicamente documentate; e contrariamente alla radicata storiografia di un Medioevo “epoca buia”, i garanti di questa tradizione culinaria rappresentano un’istanza invariabilmente positiva. Sono contadini d’ingegno e inventiva, nobili in cerca di nuovi piaceri, cuochi in grado di far fiorire ingredienti poveri, e soprattutto osti di locande scalcagnate gli assoluti detentori del sapore enogastronomico.
Quando il consumo di cibo non fa da sfondo a un’azione o a una discussione, l’esperienza del cibo si intreccia con ricordo e malinconia, e si trasforma da accessorio a elemento centrale nella scena. La parola d’ordine è nostalgia: per un passato privato e per uno ideale e condiviso.
Questa nostalgia si scontra però con le esigenze di realismo del lettorato: da una parte, l’immagine del medioevo “tradizionale”, piacevolmente familiare e radicato nel proprio contesto storico. Perciò, aboliti pomodori e patate, ben vengano legumi e selvaggina! Dall’altra, le stranezze, il cibo esotico, l’incognita: ciò che potrebbe disgustarci (le rigaglie e le interiora, le salse stravaganti), e quindi allontanarci irrimediabilmente.
Consapevoli di questo delicato equilibrio, gli autori del fantastico lasciano appena intuire la diversità della proposta culturale, salvo poi ripiegare su terreni saldi e noti: zuppe, pane e cacciagione…
Le pietanze che ritroverete anche nel seguente menù dantesco. In quel periodo non esisteva la divisione in portate a cui siamo abituati adesso. Per cui tutte le pietanze venivamo portate a tavola insieme. Tuttavia, abbiamo optato per dei piatti che, volendo, possono essere serviti dall’antipasto al dolce in maniera più moderna.