Il Realismo magico e l’eredità di Buzzati
Ci sono orrori che non si possono descrivere e non possiamo, per logica, accettare. Qualcuno starà pensando ai Grandi Antichi di Lovecraft. Ma se questi elementi li accettiamo come parte integrante della nostra realtà, ecco che usciamo dagli stilemi del weird ed entriamo nel Realismo magico.
Genere in cui il celebre autore Dino Buzzati fu un maestro, nell’anno dei cinquant’anni dalla sua scomparsa abbiamo intervistato Maurizio Cometto, autore e curatore dell’antologia di Realismo magico La boutique degli incanti (2022, Delos Digital) per indagare le differenze tra weird e questo genere nostrano.
Maurizio, benvenuto su Fantasy Voice e grazie per averci concesso questa intervista. Parlando di Realismo magico, su Wikipedia leggiamo «Nella letteratura (come realismo fantastico) è un filone attribuito a determinate opere narrative in cui gli elementi magici appaiono in un contesto altrimenti realistico». Ti ritrovi in questa definizione?
Sì e no. In questa definizione vedo una separazione tra realismo ed elemento “magico”; è vero che devono esserci entrambi, ma, secondo me, per avere Realismo magico, devono essere amalgamati insieme. Tanto che diventi difficile distinguere dove finisce la parte realistica e dove inizia quella magica. È come gli ingredienti di una torta: li hai in forma separata, ma poi, se vuoi la torta, se vuoi gustare qualcosa di buono che è più della somma delle parti, devi mischiarli e amalgamarli insieme.
Pensiamo a un esempio classico: la Macondo di Márquez. È inverosimile? Esagerata? Certo, certo. Eppure, è vera? E certi avvenimenti, certi personaggi, nel loro andare “oltre”, non sono forse ancora più veri? Non ci emozioniamo con loro, per loro? Sì, sì, sì. È l’elemento fantastico che mischiandosi con la realtà ne amplifica certi aspetti, certi significati, fino a farli deflagrare con maggiore potenza. Questo fa un buon racconto di Realismo magico.
Quali elementi differenziano questo genere dal weird e quali, invece, li accomunano?
Qui entriamo nell’ambito delle etichette, delle definizioni, ed è sempre difficile stabilire un canone e mettere tutti d’accordo. Poi trovo che “Weird” sia un termine ormai inflazionato, e usato fin troppo spesso. Darò quindi la mia personale opinione, che, come tale, è “di parte” e non vuole ovviamente avere i crismi della verità.
Rifacendoci al presente e al passato, si potrebbe dire che mentre nel Weird, un po’ come accennavo prima, c’è la realtà e c’è, “staccato” da essa, l’elemento fantastico (quasi sempre “perturbante”, se non orrorifico), il quale vi s’inserisce come fatto alieno, esterno, e quasi sempre “non accettato” dai personaggi, nel Realismo magico i personaggi accettano come cosa “normale” l’elemento fantastico (anche quando è perturbante o orrorifico), perché in effetti fa parte della loro realtà “ricreata” all’interno del racconto o del romanzo.
Nel Weird abbiamo quasi sempre personaggi vs. elemento fantastico; nel Realismo magico, personaggi insieme all’elemento fantastico. Uno potrebbe dire: ma allora anche il Fantasy è Realismo magico. Sarà vero? Io penso di no, ma questo è il bello delle etichette e delle definizioni: che vengono sempre fuori contraddizioni e casi particolari, e alla fine raccapezzarcisi è difficile.
Da luglio scorso stai curando un’antologia dedicata a questo genere che è stata pubblicata da Delos Digital con il titolo La boutique degli incanti. Cosa dobbiamo aspettarci dai racconti selezionati e, soprattutto, cosa non dobbiamo aspettarci?
Mah, diciamo che possiamo aspettarci… di tutto. Nel senso che i racconti sono molto vari per stile, tono, idee ecc. Per usare uno slogan di una serie a fumetti: “Libero spazio alla fantasia”. Cosa non dobbiamo aspettarci? Direi la predominanza del “perturbante” o dell’orrorifico. Ci sono pezzi in cui l’atmosfera è cupa o in cui abbiamo scene cruente, ma ci sono altri pezzi nei quali il mood predominante è
semplicemente lo stupore, la meraviglia, il bizzarro, e a volte può scappare anche un sorriso o perfino una risata.
Ci sono autori che consideri dei punti di riferimento del Realismo magico?
Ce ne sono talmente tanti che mi sarebbe impossibile elencarli tutti. Citerò solo quelli che considero i miei numi tutelari, perché i più vicini a una mia particolare sensibilità: gli argentini del fantastico. Borges, Cortàzar, Bioy Casares e tanti altri meno conosciuti. Quando leggo un loro racconto, mi sembra sempre di sentirmi a casa. Un giorno o l’altro dovrò farlo, finalmente, ‘sto benedetto viaggio a Buenos Aires. Magari in una vita precedente mi aggiravo per le sue strade.
In un’intervista sul portale Mangialibri hai dichiarato «Penso che possa fare molta più paura una cosa che ti sta vicina e che credevi innocua, piuttosto che qualcosa di molto lontano fisicamente e psicologicamente...» Ritroveremo qualcosa del genere nell’antologia? Il Realismo magico si sposa particolarmente bene con l’orrore?
Ritroveremo questo concetto in alcuni racconti. Riguardo la seconda domanda, nella mia mente avverto Orrore e Realismo magico come due entità ben distinte. Sarà forse perché all’etichetta “orrore” vengono attribuite molte opere anche fumettistiche, cinematografiche e televisive, opere che hanno configurato in maniera abbastanza forte l’immagine che la parola evoca dentro di noi, mentre quando diciamo Realismo magico vengono subito in mente più racconti che film, più atmosfere sospese che scene cruente, più letteratura “di nicchia” (non so che altra definizione dare) che intrattenimento di massa. Per non parlare dell’arte figurativa, o di alcuni film risalenti soprattutto al periodo centrale del secolo scorso.
Il Realismo magico appare più come un piacere per pochi e si porta dietro un’aura (fasulla) di cosa “letteraria”, e quindi “difficile”; l’Orrore, o l’Horror, identifica qualcosa di più commerciale, pensato per un pubblico più vasto (e magari anche più giovane). Ripeto, siamo sempre nel campo delle etichette. Ci sono racconti attribuiti al Realismo magico che spaventano più di film slasher. E magari qualcuno lo troverete anche in questa antologia.
Quest’anno ricorrono i 50 anni dalla morte di Dino Buzzati, da te stesso citato nell’intervista di Mangialibri come un autore di Realismo magico. Quanto Buzzati ha influenzato questo genere e cosa resta della sua eredità, oggi?
Si può quasi dire che Buzzati, in Italia, sia l’autore per antonomasia di Realismo magico. Per certi versi ha creato un canone, che però, almeno in apparenza (spiegherò meglio dopo), non è stato raccolto da nessuno. Paradossalmente è un autore che viene visto “male” dalle élite letterarie, perché considerato troppo lontano dal realismo imperante in quegli ambienti e troppo innamorato del fantastico e del perturbante (per non parlare dei suoi sconfinamenti fumettistici…), e insieme è considerato troppo “letterario” dal grande pubblico, o forse troppo “invecchiato”, almeno ai giorni nostri.
Insomma, non va bene né da una parte, né dall’altra. Eppure, continua ad avere un suo pubblico, non numerosissimo ma forte, anche tra le nuove leve. Perché? Perché i suoi racconti e i suoi romanzi sono memorabili, ancora attualissimi e universali. Che alla fine è ciò che veramente conta. Della sua eredità rimane poco di visibile al grande pubblico, ma molto nel sottobosco letterario, nell’underground degli scrittori senza lettori e delle case editrici senza soldi (entrambe categorie molto più coraggiose e, in fondo, libere, di chi ha un grande pubblico e di chi possiede grossi capitali da investire).
Molti scrittori che ho conosciuto, e mi ci metto anch’io, hanno raccolto l’eredità di Buzzati e cercano di portarla avanti, ciascuno con la sua sensibilità, il suo sguardo, il suo particolare stile, e tutti attingendo dal rinnovato background della società che viviamo al giorno d’oggi, che ovviamente è diversa da quella del grande Dino.
A cinquant’anni dalla morte di Dino Buzzati, uno dei padri del Realismo magico in Italia, riscopriamo il genere insieme a Maurizio Cometto, il curatore de La boutique degli incanti.