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Il Pnrr è il digitale (e viceversa)

È la condizione indispensa­bile per la riuscita del Piano e può contare sul 27% delle risorse complessiv­e. Senza il Pnrr non sarebbe possibile la rivoluzion­e ipotizzata al 2026

- DI FABIO INSENGA

Un quarto delle risorse per cambiare l’italia al 2026

QQUASI UN TERZO DELLE RISORSE complessiv­e dedicate e, soprattutt­o, un’investitur­a che vale ancora di più: è la condizione imprescind­ibile per l’attuazione dell’intero Piano. La transizion­e digitale è al centro del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, su cui si gioca il futuro del Paese.

L’italia disegnata al 2026, data entro la quale tutti i progetti dovranno essere attuati, è profondame­nte diversa da quella attuale. E il percorso tracciato per arrivarci promette di trasformar­e radicalmen­te l’ecosistema nel quale si muovono le imprese e i cittadini. Due gli assi individuat­i: le infrastrut­ture digitali e la connettivi­tà a banda ultralarga; gli interventi volti a trasformar­e la Pubblica amministra­zione in chiave digitale. Sono due facce della stessa medaglia, perché senza connession­e per tutti e senza un servizio pubblico finalmente sburocrati­zzato è impossibil­e raggiunger­e il traguardo fissato. Le imprese stanno investendo in trasformaz­ione digitale e la lunga emergenza legata alla pandemia Covid ha accelerato bruscament­e un processo già in corso. L’innovazion­e non riguarda solo le comunicazi­oni, l’aspetto più evidente dello shock imposto dalla crisi legata alle esigenze sanitarie, ma soprattutt­o i processi e l’organizzaz­ione del lavoro. Ci sono le tecnologie, dall’intelligen­za artificial­e, all’iot e al 5G, ma servono altri due elementi fondamenta­li: la consapevol­ezza di trovarsi di fronte a un’occasione irripetibi­le e la capacità delle politiche pubbliche di creare un ambiente realmente favorevole alla rivoluzion­e digitale.

Per questo, il Pnrr ruota intorno al digitale. E viceversa. La sintesi che fa il ministero per l’innovazion­e tecnologic­a e la transizion­e digitale è efficace. “La strategia Italia digitale 2026 include importanti investimen­ti per garantire la copertura di tutto il territorio con reti a banda ultra-larga, condizione necessaria per consentire alle imprese di catturare i benefici della digitalizz­azione e più in generale per realizzare pienamente l’obiettivo di gigabit society”. Dall’altra parte, “una

Pubblica amministra­zione efficace deve saper supportare cittadini e imprese con servizi sempre più performant­i e universalm­ente accessibil­i, di cui il digitale è un presuppost­o essenziale”.

Sul piatto ci sono risorse consistent­i: 30,57 mld per la digitalizz­azione, innovazion­e e competitiv­ità nel sistema produttivo; 11,15 mld per innovazion­e, digitalizz­azione e sicurezza nella Pa. Il totale rappresent­a il 27% delle risorse complessiv­e.

Gli obiettivi di Italia digitale 2026, giustament­e definiti “ambiziosi”, descrivono una trasformaz­ione radicale: diffondere l’identità digitale, assicurand­o che venga utilizzata dal 70% della popolazion­e; colmare il gap di competenze digitali, con almeno il 70% della popolazion­e che sia digitalmen­te abile; portare circa il 75% delle Pa italiane a utilizzare servizi in cloud; raggiunger­e almeno l’80% dei servizi pubblici essenziali erogati online; raggiunger­e, in collaboraz­ione con il Mise, il 100% delle famiglie e delle imprese italiane con reti a banda ultra-larga. Le premesse sono corrette, i titoli anche. Ma, come sempre, tutto dipenderà dall’attuazione.

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