Quanto è green il tuo fondo green?
Mentre sempre più fondi di investimento adottano l’etichetta ‘Esg’, ecco come capire la differenza tra i campioni che salveranno il pianeta e gli investimenti perdenti
NEGLI INVESTIMENTI, la potenza delle emozioni guida le decisioni della gente. Nulla di più vero nel 2020 per i fondi azionari ambientali, sociali e di governance (Esg), per i quali le passioni degli investitori, le paure e le speranze sullo stato del pianeta hanno alimentato un anno da record. I fondi Esg promettono di indirizzare i loro asset verso aziende che evitano di compiere azioni dannose o fanno del bene alla società. Secondo Morningstar, il nuovo investimento netto ha raggiunto i 51,1 mld di dollari nel 2020, più del doppio del record dell’anno precedente. E anche se i mercati azionari sono andati inaspettatamente bene, gli investitori di Esg hanno fatto ancora meglio: negli Stati Uniti, il fondo sostenibile tipo ha superato quelli tradizionali di oltre quattro punti percentuali. Questi numeri riflettono in parte una tendenza a lungo termine degli investitori ad allineare il loro patrimonio con i propri valori: circa un dollaro su tre investiti in fondi ora va verso “strumenti di sostenibilità”, secondo il Forum per gli investimenti sostenibili e responsabili. (I fondi Esg sono generalmente etichettati come “sostenibili”, anche quando si concentrano più su questioni sociali o di governance che sull’ambiente). Ma gli aspiranti filantropi ora devono affrontare un dilemma: mentre l’investimento
Esg diventa sempre più popolare, molti fondi stanno accelerando per adottare l’etichetta, che lavorino sodo o meno per guadagnarsela. Secondo una ricerca dei fondatori della società di consulenza Esg KKS Advisors, più di 6.600 fondi ora vengono identificati come “etici”, il doppio rispetto al 2013. Nell’unione europea, in base a regole che sono entrate in vigore a marzo, i fondi che si promuovono come orientati all’esg devono comunicare esattamente in che modo le loro strategie aiutano a risolvere i problemi sociali. Ma negli Stati Uniti non c’è una tale regolamentazione, quindi spetta agli investitori riconoscere i fondi Esg autentici. E quindi, come si può controllare questa ampia distesa di pretendenti? Come con tutti i fondi, si inizia valutando le performance e le commissioni da pagare. Per restringere ulteriormente le opzioni, è utile capire le sottocategorie del comparto e vedere quali si allineano meglio con il proprio stile di investimento. Senza una regola precisa per i progetti sostenibili, i fondi hanno adottato “una serie di approcci”, dice Jon Hale, responsabile Usa della ricerca sulla sostenibilità di Morningstar. Gli investitori possono fare lo stesso, mescolando e abbinando questi tre stili:
GLI SHUNNERS. La metodologia Esg più basilare si concentra sull’evitare i cattivi soggetti. I manager della maggior parte dei fondi guarderanno a un dato universo di investimenti, per esempio, i titoli ad alta capitalizzazione, ed elimineranno quelli che si posizionano in fondo alla classifica di un determinato fattore Esg, come l’impatto ambientale o il trattamento equo dei dipendenti. C’è un’intera sotto-industria che si occupa di creare tali classifiche. Il prospetto di un fondo dovrebbe spiegare come i suoi manager decidono chi è dentro e chi è fuori. Alcuni fondi Esg investono
con coscienza, abbandonando le azioni poco qualificate e tenendo il resto. Un esponente di spicco in questa categoria è il FTSE Social Index Fund Admiral Shares di Vanguard (VFTAX). Esso monitora il Ftse4good U.S. Select Index; a metà marzo, possedeva 468 titoli azionari americani a elevata capitalizzazione. Ha prodotto un ritorno sull’investimento del 23% l’anno scorso, rispetto al 18% per L’S&P 500, e le spese annuali sono solo 14 dollari ogni 10.000 investiti. I SEEKERS. Altri fondi si concentrano in modo più selettivo sui titoli migliori. E alcuni dei loro manager non si limitano a scegliere le azioni, sono anche attivisti che usano i loro voti da azionisti per determinare il cambiamento nelle aziende in cui investono. Questi fondi spesso pubblicano “report sulla partecipazione”, delineando i problemi che hanno affrontato con il management aziendale, insieme al resoconto delle loro attività di delegati al voto. Alcuni si spingono anche oltre e pubblicano una relazione di impatto, descrivendo esattamente come la loro strategia di investimento si propone di raggiungere un effetto positivo. Questi rapporti “dovrebbero essere considerati una best practice”, dice Hale di Morningstar, l’emblema di una società di fondi che si è impegnata nella sua missione. Un altro segno concreto di questo impegno: i manager di un fondo dovrebbero avere una vasta esperienza precedente in investimenti Esg. La Parnassus Investments, con sede a San Francisco, ha molta esperienza nella scelta di azioni Esg, e il fondo Parnassus Core Equity Investor (PRBLX) è stato un top performer sin dalla sua fondazione nel 1992, con rendimenti annui medi dell’11,4% (e del 21% nel 2020). Il co-manager Todd Ahlsten ha guidato il fondo dal 2001, e la sua squadra è stata tanto abile nella scelta delle azioni quanto scrupolosa rispetto alle cause sociali. Ad esempio, Parnassus ha recentemente contribuito a convincere il gigante degli snack Mondelez a utilizzare imballaggi più riciclabili.
GLI SPECIALISTS. Jennifer Kenning è il Ceo di Align Impact, che lavora con singoli clienti e consulenti finanziari per costruire portafogli sostenibili. Uno dei suoi consigli chiave per gli investitori è: invece di ricercare l’intero panorama Esg, concentrarsi dove “puoi far spostare l’ago della bilancia”. La massiccia proliferazione dei fondi Esg, in particolare degli ETF, ha reso più facile individuare una causa specifica: gli investitori possono concentrarsi sul sostegno alla tecnologia pulita (tra le molte opzioni c’è ishares Global Clean Energy, ICLN), sostenere le imprese women friendly (SPDR SSGA Gender Diversity Index, SHE), o anche evitare lo sfruttamento degli animali, comprese le aziende che producono o vendono prodotti a base di carne (U.S. Vegan-climate, VEGN). In generale, uno dei motivi per cui i fondi
Esg hanno sovraperformato il resto del mercato nel 2020 è che pochi di loro possiedono azioni vicine al mondo dei combustibili fossili, che in genere l’anno scorso sono affondate. Ma l’energia pulita è un campo comunque molto specifico, le cui prospettive a lungo termine rimangono forti. Due promettenti ETF condividono un co-manager: Peter Hubbard, un veterano Esg da 14 anni, che supervisiona sia Invesco Solar (TAN) che Invesco Wilderhill Clean Energy (PBW). TAN detiene circa 50 società principalmente focalizzate sul solare, con il 20% del fondo suddiviso tra la società americana Enphase Energy e la Solaredge Technologies di Israele; la PBW investe in una più ampia gamma di imprese energetiche. Anche se i loro investitori non supereranno mai i risultati del 2020, quando le quote di entrambi gli ETF sono salite di oltre il 200%, è probabile che continuino a beneficiare di un’economia che sta gradualmente abbracciando l’imperativo di diventare più verde.