LA FABBRICA ALLA PROVA DEL DIGITALE
Big data, cloud, intelligenza artificiale, robotica collaborativa, 5G. Per il manifatturiero il Pnrr è un’occasione di trasformazione imperdibile. Se n’è discusso all’evento di Fortune Italia ‘Connect the Intelligence’
IIL VECCHIO MODELLO di sviluppo economico lineare non è più in grado di confrontarsi con la complessità di un mondo globalizzato. La crisi pandemica lo ha reso palese in via definitiva, contribuendo ad accelerare la transizione digitale avviata dall’avvento delle Big Tech e ad accrescere l’urgenza di un nuovo modello in grado di conciliare crescita, sostenibilità e resilienza. In questo scenario, per le aziende manifatturiere italiane il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) varato dal governo rappresenta un’occasione imperdibile per realizzare il salto verso modelli di business digitali in grado di garantire la flessibilità e l’agilità necessarie per restare competitive. Proprio le prospettive della transizione digitale della manifattura italiana e i percorsi da intraprendere sono stati al centro dell’evento ‘Connect the Intelligence. Energie a sistema per la transizione digitale delle imprese manifatturiere’ organizzato a Roma da Fortune Italia in collaborazione con Nokia, Omron e Oracle il 18 maggio scorso.
UN NUOVO UMANESIMO
Perché la trasformazione digitale abbia successo, ha detto Giovanni Notarnicola, Associate partner Porsche Consulting, introducendo il dibattito, occorre imparare da quanto accaduto nel 2017 con Industria 4.0, un piano “che non ha mantenuto la promessa di farci scalare le classifiche europee della competitività perché accolto per lo più come un’iniziativa tattica e di breve termine, benché necessaria”. Per non ripetere quegli errori è fondamentale anzitutto definire una visione strategica, insieme a un processo di change management, per poi focalizzarsi sulle tre aree su cui la trasformazione digitale impatta – core business, customer experience, efficienza – per puntare “su quella che è rilevante per la nostra azienda e che poi trascina le altre due”. Si passa quindi alla scelta del modello:
sistema proprietario o piattaforma collaborativa? Quale che sia la scelta, per Notarnicola la trasformazione digitale segnerà “l’inizio di un nuovo umanesimo”, con fabbriche in cui le nuove tecnologie permetteranno di vedere in anticipo problemi e potenzialità, “suggerendo soluzioni diverse in base alle variabili che il sistema riesce a leggere in tempo reale” e in cui l’essere umano “esprimerà il suo più grande valore: la propria capacità decisionale”.
AZIENDE ZERO LATENCY
“Penso occorra guardare al digitale in modo olistico, perché abbiamo la possibilità di impattare su tutta la value chain delle aziende”, ha detto Lucia Chierchia, managing partner di Gellify, avviando la discussione del panel ‘Innovazione, resilienza e sostenibilità economica’. In questi anni, ha ricordato Simone Marchetti, Business development manager, Digital supply chain solutions Oracle, abbiamo visto grandi cambiamenti, “la rivoluzione digitale portata dagli over the top, il fenomeno Greta, la pandemia, che ha messo a dura prova chi opera nel settore delle operation. Molti dei nostri clienti hanno dovuto riconfigurare rapidamente le catene del valore su cui avevano costruito i loro casi di successo e la loro redditività”. Questi fenomeni “ci stanno insegnando che dobbiamo essere agili: occorre creare aziende zero latency, in grado di prendere decisioni in tempi molto rapidi, guardando al proprio interno, alla propria catena del valore per riconfigurarla in tempi molto veloci, attraverso un dialogo digitale costante tre le diverse aree e il mercato della fornitura, da cui si possono importare innovazione e best practice. In questo ci vengono in aiuto tecnologie come il Cloud e l’intelligenza artificiale che permettono di sfruttare il valore contenuto nei dati”.
INTELLIGENZA IBRIDA
Lo scopo della digitalizzazione dell’industria manifatturiera “è trasformare ogni azione dell’individuo in un’azione digitale e controllabile attraverso i vari dispositivi che saranno interconnessi tra di loro”, ha sottolineato Alessio Trombettoni, Group continuous improvement manager di Froneri, joint venture tra R&R e Nestlé che produce gelati. A tal fine serve che “l’operatore umano rimodelli le sue skill ed expertise per fare in modo che siano interpretabili dalle macchine con cui lavora”, per poi installare “processi di manufacturing execution system per estrapolare dalle macchine i dati che ci serviranno per analizzare i nostri kpi”. Serve quindi adottare “uno smart service di integrazione dei vari sistemi, lavorando con provider che sappiano interpretare le esigenze della catena produttiva per trasformarle in kpi digitali”, e infine approntare “il data management, la raccolta di tutti i big data che i vari siti produttivi forniscono, in modo da renderli fruibili”, per migliorare efficienze e tecnologie.
LA ROBOTICA COLLABORATIVA
“L’evoluzione dei consumi ha trasformato la robotica industriale da mezzo di automazione massiva a strumento di mass customization”, ha ricordato Daniele Pes, director SSM Technology, aprendo il panel ‘Robotics and humanity quale collaboration’. In particolare, la giapponese Omron, da sempre attiva dei dispositivi di automazione, da qualche anno si sta rivolgendo al mercato della robotica collaborativa, in grado di operare anche in presenza di umani. “L’obiettivo è aiutare i clienti che fanno manifattura a essere il più flessibili possibile – ha detto Marco Spimpolo, regional marketing manager Omron – inte
grando nel nostro portfolio tecnologie avanzate di robotica collaborativa per fornire soluzioni applicative innovative nell’ambito della flexible manufacturing”. Tra le aziende che hanno già adottato la tecnologia nei loro stabilimenti ci sono colossi come Bmw e Skoda, ma anche pmi italiane come Cleca S. Martino nel mondo del food e Diva International, leader nel settore delle salviette rinfrescanti. “La tecnologia è per tutti, ma è importante avere poi un piano strategico di roll out delle attività che si vogliono svolgere, per non rimanere al proof of concept”, ha sottolineato Spimpolo. Proprio per questo Omron “continua a investire” in tutte e tre le macro aree strategiche del cambiamento - robotica, Iot e intelligenza artificiale - collaborando con partner “che hanno già un background sulla parte applicativa” delle tecnologie.
PRODOTTI SEMPRE PIÙ PERSONALIZZATI
“Ormai anche in un mercato tradizionalmente di massa, come l’alimentare, si cerca di avere prodotti sempre più diversificati sia per i clienti delle catene di distribuzione che per il consumatore”, ha ricordato Giovanni Palopoli, Meal solutions europe operations vice president di Barilla. “Il cliente vuole avere confezioni sempre diverse e uniche per differenziarsi dai competitor. La robotizzazione ci aiuta in questo senso: oggi siamo in grado di fare il cambio di formato e pezzatura in tempi non paragonabili rispetto al passato. Anche il consumatore vuole prodotti solo per lui: per questo abbiamo un’unità dedicata alle scatole personalizzate per Pan di Stelle e Gocciole”. Alla robotizzazione, ha aggiunto il manager, “si abbina poi la digitalizzazione, che contribuisce alla nostra missione di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, che non può prescindere da un processo completamente digitalizzato”.
IL RUOLO DEL 5G
Tra le tecnologie destinate a rivoluzionare la manifattura c’è sicuramente il 5G, ha sottolineato Andrea Del Core, Sales director manufacturing and logistic Italy Nokia, perché “abilita quattro pilastri della produzione: la flessibilità, l’efficienza, la produttività e la sicurezza sul lavoro”. In Nokia, ha ricordato il manager, “l’importante know-how accumulato in questi anni collaborando con le aziende e implementando centinaia di progetti di reti industriali ci ha fatto capire che la trasformazione digitale può creare i valori attesi solo se alla sua base c’è una visione olistica degli obiettivi e dei processi aziendali. Da
NELL’ARCO DEI PROSSIMI 5-10 ANNI VEDREMO LA NASCITA DI ALTRE 3-4 GIGAFACTORY IN ITALIA” LARS CARLSTROM/ CEO DI ITALVOLT
questi deve discendere una roadmap all’interno della quale si innestano poi le tecnologie, i processi organizzativi e le competenze”. Due i fattori che oggi spingono il 5G industriale. “Il primo è il fatto che lo standard 5G è un catalizzatore della trasformazione digitale, un processo che richiede anni per essere implementato: partire oggi non vuol dire essere in anticipo ma giusto in tempo per fare questa tipo di attività”. L’altro “razionale è il Pnrr, che ha lo scopo dichiarato di favorire gli investimenti che accelerano la conversione da debito in crescita che, insieme alla competitività, è un obiettivo irrinunciabile a cui tutti dobbiamo puntare”.
IL CLUSTER FABBRICA INTELLIGENTE
Da questo punto di vista, ha detto Luca Luigi Manuelli, presidente CFI e Ceo Ansaldo Nucleare, il cluster tecnologico nazionale Fabbrica Intelligente “lavora da tempo per avere un approccio di sistema allo sviluppo e all’applicazione dell’innovazione tecnologica: oggi la missione del cluster sta nell’aiutare il governo e i diversi stakeholder a connettere i diversi obiettivi inseriti nel Pnrr che, soprattutto nella fase implementativa, devono avere un forte collegamento fra i diversi attori che possono facilitare la convergenza dei fini per permettere da un lato all’investimento di generare i benefici finanziari necessari a ripagare il debito e a non farlo gravare sulle generazioni future”, e dall’altro, come nel 5G e nelle infrastrutture tecnologiche, “di recuperare il gap del nostro Paese”. Come Ansaldo Energia, ha proseguito il manager, “siamo stati la prima fabbrica faro del cluster, per dare una direzione a questa innovazione tecnologica, ma soprattutto alle pmi che hanno bisogno di comprendere i benefici che derivano dall’applicazione di queste tecnologie, al fine di abilitare un concetto di fabbrica intelligente integrata con prodotti intelligenti in grado di generare dati e informazioni che possano essere usate per migliorare il processo produttivo”.
L’IMPATTO DELLE GIGAFACTORY
Tra i grandi abilitatori della transizione ci sono le grandi Gigafactory per la produzione delle batterie destinate ad alimentare i veicoli elettrici di nuova generazione. Come quella che Italvolt, ha ricordato il Founder e Ceo Lars Carlstrom, si appresta a costruire a Scarmagno, alle porte di Torino. “Queste sono aree dove possiamo davvero promuovere il cambiamento, aree che hanno una grande tradizione industriale ma che hanno attraversato una lunga fase di declino. Abbiamo una grande opportunità di ristrutturare queste economie, con un impatto enorme della nuova industrializzazione verde in termini di infrastrutture, posti di lavoro, rinascita sociale. La fabbrica che stiamo per costruire porterà 4mila nuovi posti di lavoro, che attraverso le diverse supply chain potranno diventare oltre 10mila”. Le batterie “saranno prodotte qui, a livello locale, vicino a dove si trovano i clienti e gli utenti finali”, ha detto Carlstrom, secondo il quale “nell’arco dei prossimi 5-10 anni vedremo la nascita di altre 3-4 Gigafactory in Italia: il finanziamento ai progetti verdi innovativi è massiccio, dobbiamo sfruttare questa opportunità, non ce ne sarà un’altra così”.
COMPETENZE, INVESTIMENTI, PERSONE
A tirare le fila del discorso, Luca Savi, group Ceo di ITT Inc. Per crescere, ha detto, la nostra manifattura ha bisogno di competenze diverse, sia hard, “dalla R&D, all’industrializzazione di prodotti e servizi”, che “soft, più legate alla cultura dell’azienda: la prima è l’esser giovani nell’approccio, nella voglia di fare, esplorare, anche di fallire, la seconda è avere fame di crescere, imparare, migliorare”. Quanto alla dimensione del ‘connect the intelligence’, anche “questa è una leva per la crescita con una dimensione hard” relativa all’invenzione di “prodotti o servizi che sfruttino le capacità tecnologiche a disposizione” e un “aspetto più soft: il mettere insieme processi dove diverse persone, modi di pensare, funzioni possono discutere per poi allinearsi su quella che è la strategia e il modo di gestire l’azienda”. È fondamentale, in ogni caso, investire nel capitale umano, tenendo conto di quattro aspetti: “Fare chiari piani di sviluppo per le nostre persone, che è quello che facciamo noi in ITT. Poi, creare e dare opportunità ai talenti in azienda. Terzo, dare un feedback vero, costruttivo, anche difficile alle nostre persone e ai nostri talenti. Serve, infine, un management che sia al servizio della crescita delle proprie persone”.