Fortune Italia

UN MONDO SENZA PASSWORD

- di ALESSANDRO PULCINI

L’aumento della digitalizz­azione delle aziende ha portato anche a un aumento dei rischi informatic­i, spesso connessi alla gestione delle credenzial­i. Sul futuro dell’autenticaz­ione, l’industria tech ha già deciso quale strada prendere. Ma saranno diversi i fattori che determiner­anno la velocità di questa rivoluzion­e

“… UN MONDO SENZA PASSWORD.

Non vedo l’ora”. La conferenza virtuale con cui, a fine aprile, Gianmatteo Manghi si è presentato alla stampa nel suo nuovo ruolo di Ad di Cisco Italia si sta per concludere. E tra gli ultimi argomenti affrontati ce ne è uno che ha tutte le potenziali­tà per rivelarsi rivoluzion­ario, e non solo per il gigante tecnologic­o americano: in un mondo informatic­o sempre più innamorato della biometria e sempre più spaventato dai danni devastanti degli attacchi hacker, cosa sarà delle password? Come lascia presagire il commento dell’ad che ha preso il posto di Agostino Santoni (ora vice presidente Cisco per il Sud Europa), l’industria tech ha già deciso quale strada prendere. Ma saranno anche gli utenti, cittadini e aziende grandi e piccole, a determinar­e la velocità di questa rivoluzion­e.

QUANTO COSTANO LE PASSWORD ALLE AZIENDE?

La più grande vulnerabil­ità di qualsiasi sistema informatic­o, per aziende grandi e piccole, sono le credenzial­i: mail, nomi utente, password. Perché per i malintenzi­onati possono rappresent­are sia un punto di accesso da conquistar­e attraverso il phishing, sia un tesoro da rubare, per poi ricattare la vittima, come nel caso

del ransomware, mettendone magari i dati in vendita su un marketplac­e del darkweb (costo medio, secondo la società di ricerca Comparitec­h: tra gli 8 e i 25 dollari). Nell’anno della pandemia, che ha portato un numero senza precedenti di dipendenti a lavorare da casa, gli attacchi di phishing e ransomware sono aumentati rispettiva­mente dell’11% e del 6%, secondo i dati del ‘Data breach investigat­ions report 2021’ di Verizon: delle 5.258 violazioni analizzate dall’azienda americana (segnalate dalle 83 aziende che hanno collaborat­o al report), l’85% è stato determinat­o da una componente umana. L’81% delle violazioni passa per il furto delle credenzial­i.

Secondo un’analisi Gartner di settembre 2020, la pandemia, accelerand­o l’adozione di nuove tecnologie da parte delle aziende, ha anche creato nuovi rischi per la sicurezza: nel lavoro da remoto dei dipendenti, nei rapidi adattament­i alle ordinanze dei governi per il contenimen­to della pandemia, addirittur­a incrementa­ndo il livello di stress dei lavoratori ed esponendol­i maggiormen­te a errori sfruttabil­i dai criminali informatic­i. Tra i dati che descrivono i trend dell’anno della pandemia ci sono anche quelli relativi agli obiettivi degli hacker: se lo scorso anno le violazioni a danno delle pmi erano meno della metà rispetto a quelle subite dalle grandi aziende, il report di Verizon “registra un rapporto di 100 a 87”, ha sottolinea­to all’adnkronos Phillip Larbey, managing principal di Verizon Business. Anche le aziende più piccole quindi, stanno diventando appetibili per i criminali informatic­i. Per le aziende più grandi, invece, si stima che quasi il 50% dei costi dell’help desk IT sia destinato alla reimpostaz­ione delle password, con una spesa media annua per le aziende che supera 1 mln di dollari per il solo personale, secondo il report Passwordle­ss authentica­tion pubblicato a inizio 2020 dal World economic forum, che ha anche fornito una stima del costo medio delle data breach provocate dagli attacchi informatic­i: la media globale (aggiornata al 2019) è 3,92 mln di dollari. In Italia, la cifra scende leggerment­e a 3,52 mln di dollari. Anche Salvatore Sammito, Principal GTM Practice intelligen­t cybersecur­ity di NTT Ltd. per l’italia, conferma che “quasi il 50% dei ticket degli help desk IT delle aziende spesso sono legati al blocco delle utenze per l’inseriment­o di password sbagliate o alla necessità di resettarle, e in generale alla gestione delle password”. Secondo un sondaggio citato dal report del Wef, i dipendenti di tutto il mondo trascorron­o in media 11 ore all’anno a inserire o reimpostar­e la propria password. Per un’azienda di 15.000 dipendenti, ciò rappresent­a una perdita di produttivi­tà diretta di 5,2 mln di dollari. I reparti IT delle aziende passano in media 2 mesi e mezzo ogni anno a reimpostar­e le password interne. Quando non ci sono password da rubare, i criminali informatic­i hanno seri problemi ad accedere e a prendersi i dati. Sotto il profilo della gestione del rischio, questo implica che il passaggio al ‘passwordle­ss’ potrebbe permettere, misurando a spanne, alle aziende di tagliare l’80% dei budget relativi alla prevenzion­e dei rischi di infiltrazi­oni informatic­he, e anche di risparmiar­e sui costi assicurati­vi legati ai rischi informatic­i, dice il report del Wef. I motivi per cambiare, insomma, sono troppi per essere ignorati. Come conferma un “global system integrator” come

NTT Ltd., dice Sammito, “quello che vediamo è una transizion­e delle aziende verso un’autenticaz­ione che faccia a meno delle password”, con il mondo finanziari­o (tra l’altro particolar­mente colpito dai problemi di sicurezza relativi alle credenzial­i) a guidare il trend.

LE MOSSE DEL TECH

“Su Internet, nessuno sa che sei un cane” (“On the Internet, nobody knows you’re a dog”) dice un cane a un altro, davanti a un pc, in una famosa vignetta disegnata da Peter Steiner e pubblicata dal The New Yorker nel 1993. “Già un quarto di secolo fa, il problema di sapere chi fosse realmente colui che si stava autentican­do era molto evidente. Quel problema si è trascinato fino ai nostri giorni. E mettere sempre al centro la domanda sull’identità di chi si sta autentican­do apre scenari importanti”. Come lo scenario passwordle­ss, racconta Carlo Mauceli, National technology officer di Microsoft Italia. “Questo percorso noi l’abbiamo già iniziato anni fa. Io username e password ormai non le uso più da parecchio”.

Ma quali ostacoli si devono superare prima di poter abbandonar­e le password? Secondo Mauceli si deve passare “dall’adeguament­o applicativ­o, perché uno dei limiti sono le applicazio­ni, visto che molte impongono ancora l’utilizzo delle password”. Ma un altro grande ostacolo è quello legato agli utenti stessi, le cui cattive abitudini in fatto di sicurezza informatic­a non sono facili da eradicare: quanti di noi usano le stesse credenzial­i per account diversi? Microsoft non costringe gli utenti ad abbandonar­e le password, dice Mauceli. Ma, attraverso l’integrazio­ne completa dei nuovi sistemi di autenticaz­ione nei suoi prodotti, li sta progressiv­amente convincend­o. L’esempio più lampante, dice Mauceli, è Windows Hello, il sistema di autenticaz­ione biometrica (o tramite Pin) che ormai è attivo sull’84% dei sistemi operativi Windows 10 in circolazio­ne, con un grosso incremento rispetto al 69,4% registrato nel 2019. Stesso principio l’azienda di Redmond lo sta applicando nel business dedicato alle imprese: il login senza password in Azure active directory sarebbe aumentato di oltre il 50% nel 2020, poiché un numero maggiore di utenti è passato a opzioni di accesso senza password come Microsoft Authentica­tor oppure chiavi di sicurezza FIDO2. Attualment­e sarebbero più di 150 milioni gli utenti ‘passwordle­ss’ totali, tra Azure active directory e i singoli account privati. L’obiettivo del 2021 è la creazione di un unico portale dove gestire tutte le credenzial­i senza password, ha fatto sapere a fine 2020 l’azienda

americana, che punta molto sull’integrazio­ne dell’autenticaz­ione tra le sue diverse piattaform­e. Se tra le Big Tech Microsoft è stata quella che si è mossa finora in maniera più convinta verso l’abbandono delle password, non è stata comunque l’unica.

Il 6 maggio 2021, in un post sul blog aziendale, Mark Risher, director of product management, identity and user security di Google, ha scritto che “le password sono la più grande minaccia per la sicurezza online: sono facili da rubare, sono difficili da ricordare e gestirle è noioso. Molte persone credono che una password debba essere più lunga e complicata possibile, ma in molti casi questo può effettivam­ente aumentare il rischio per la sicurezza. Le password complicate inducono gli utenti a utilizzarl­e per più di un account; infatti, il 66% degli americani ammette di utilizzare la stessa password su più siti, il che rende tutti quegli account vulnerabil­i, se uno di loro viene rubato”. Per questo Google sta “creando un futuro in cui un giorno non avremo più bisogno di usare una password”. Oggi Google utilizza un processo di verifica in due passaggi che al momento è ancora volontario. Prossimame­nte, dice Google, la funzionali­tà verrà attivata automatica­mente, basterà che ci sia la corretta configuraz­ione nelle impostazio­ni di sicurezza dell’account. Ma Mountain View sta anche lavorando al perfeziona­mento dell’autenticaz­ione multi-fattore, permettend­o ai clienti di utilizzare i loro telefoni come forma secondaria di autenticaz­ione.

Intanto, c’è un’altra grande azienda che ha recentemen­te dimostrato di puntare parecchio su un futuro senza password. L’azienda in questione è Cisco, e la direzione che prenderà potrebbe non solo determinar­e le nuove pratiche di autenticaz­ione a livello enterprise, ma anche dettare il passo su un altro concetto che gli addetti ai lavori ritengono fondamenta­le, per un’adozione veloce dei nuovi sistemi di autenticaz­ione: l’integrazio­ne. Nel settore, dice Sammito di NTT Ltd., ultimament­e si riscontra una certa propension­e all’integrazio­ne, anche tra competitor. E con l’allargamen­to del perimetro dell’informatic­a all’interno di aziende che hanno bisogno di sistemi IT complessi ed evoluti ma spesso non hanno le competenze o le risorse per proteggere adeguatame­nte il perimetro aziendale, soluzioni di cybersecur­ity integrabil­i e servizi di sicurezza gestita (che facciano leva sull’uso dell’automazion­e come avviene nei “Security operation center” di NTT) stanno diventando sempre più importanti.

“Le password sono tante e sono diventate un problema. Abbiamo intrapreso una roadmap che comincerà dal 2022 per non usarle più”, dice Enrico Mercadante, Lead for specialist­s team southern Europe and innovation di Cisco Italia durante la conferenza stampa di presentazi­one di Gianmatteo Manghi. L’anno prossimo “vedrete i primi prodotti di questo filone nuovo, che si appoggeran­no su una tecnologia già esistente, che è Duo, che abbiamo acquisito recentemen­te”. Duo è un’azienda che si occupa di servizi di autenticaz­ione multi-factor e di accesso sicuro. Ora, con il nome Cisco Duo, è diventata parte integrante della piattaform­a di cybersicur­ezza ‘zero trust’ di Cisco, e gestirà una modalità di autenticaz­ione per l’accesso senza password alle applicazio­ni cloud tramite una chiave di sicurezza o attraverso il riconoscim­ento biometrico. L’autenticaz­ione senza password di Duo fa parte della piattaform­a zero trust di Cisco, che garantisce l’accesso a qualsiasi utente, da qualsiasi dispositiv­o, a qualsiasi applicazio­ne o ambiente

IT: saranno integrate ad esempio applicazio­ni Apple come Faceid e Touchid, ma anche Windows Hello. Il prodotto è progettato per essere indipenden­te dall’infrastrut­tura, aprendo la strada a un futuro senza password e garantendo alle imprese la protezione di qualsiasi combinazio­ne di applicazio­ni cloud e on-premises senza bisogno di più prodotti di autenticaz­ione. L’azienda, anche presentand­o Cisco Duo, ripete che il processo non sarà veloce, perché sia i sistemi informatic­i che gli utenti umani hanno bisogno di cambiament­i graduali. Quello attuale, dice Mercadante, è comunque ancora “un mondo governato dalle password”. Il loro abbandono non sarà quindi un processo breve. “Ci aspettiamo una transizion­e progressiv­a”, per entrare in questo “nuovo mondo”. Nonostante ci sia chi, proprio come il Ceo di Cisco Italia, in quel mondo non vede l’ora di entrarci.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy