LA RIVOLUZIONE VA ANTICIPATA E NON SUBITA
Il Pnrr e il digitale: parla il sottosegretario al ministero dell’innovazione tecnologica e la transizione digitale, Assuntela Messina
IIL PIANO NAZIONALE di ripresa e resilienza e la transizione digitale devono essere gli strumenti attraverso cui nei prossimi cinque anni l’italia riduce le differenze tra i cittadini. Assuntela Messina, dal primo marzo sottosegretario di Stato al ministero dell’innovazione tecnologica e la transizione digitale del governo Draghi, è convinta che questo obiettivo sia fondamentale. Ma anche che la ‘rivoluzione’ vada anticipata anziché subita e che il capitale umano resterà comunque centrale.
Quale deve essere secondo lei il ruolo della tecnologia e del digitale nel progetto di Paese al 2026 disegnato dal Pnrr?
di BARBARA ACQUAVITI
Alla tecnologia è rimesso un ruolo di primissimo piano in questa importante fase di transizione. Lo dimostrano anche i numeri: più di 40 mld saranno dedicati alla trasformazione digitale del Paese, per rendere più innovative e competitive le nostre imprese e imprimere una svolta nel funzionamento della pubblica amministrazione e nelle sue relazioni con i cittadini. Il digitale è una straordinaria opportunità per garantire lo sviluppo culturale e sociale del Paese, oltre che quello economico. E il Pnrr mira proprio a questo, ad assicurare il salto necessario per permettere all’italia di sfruttare appieno le sue enormi potenzialità. Ma il raggiungimento di questo traguardo passa inevitabilmente dalla riduzione dei divari digitali e dalla diffusione di una vera e propria cultura digitale. Altrimenti, il digitale sarà solo un nuovo fattore di esclusione sociale ed economica per tante persone. Questo non possiamo permetterlo.
Banda ultralarga, cloud e 5G offrono opportunità che vanno colte. Il nodo della Rete unica va sciolto, al di là degli assetti proprietari. Quali soluzioni vuole portare avanti il governo?
Il governo è concentrato sul raggiungimento di un obiettivo che è vitale per lo sviluppo dell’economia del Paese: diffondere la banda ultra larga su tutto il territorio nazionale. Per farlo si individueranno tutte le soluzioni più opportune sostenendo ogni tecnologia in grado di estendere la connessione veloce anche nelle aree più remote o a fallimento di mercato. Più del ‘come’, è fondamentale concentrarsi sul ‘quando’. Entro 5 anni l’italia non deve solo recuperare i ritardi accumulati, ma raggiungere standard tali da porsi tra i primi posti nell’ue per copertura e capacità di garantire servizi digitali a imprese e cittadini.
Un anno di Covid ha accelerato i processi di trasformazione digitale ma ha anche evidenziato tutte le criticità del digital divide. Un tema che riguarda sia i cittadini sia le imprese. Come si accorcia la distanza tra chi ha accesso al digitale e chi no?
Quella dei divari digitali è forse la questione più urgente da affrontare. L’emergenza pandemica ha imposto con veemenza cambiamenti nelle modalità del lavoro e della didattica a cui, con tutta evidenza, tante famiglie, cittadini e imprese non erano adeguatamente preparate. La crisi ha fatto emergere le gravi difficoltà nell’accesso a internet ma anche il fatto che molte famiglie sono sprovviste di dispositivi per collegarsi in rete, seguire le lezioni o lavorare da casa. È chiaro si tratti di un riflesso delle diseguaglianze che oggi insistono nella nostra società. Il Pnrr e, in particolare, la transizione digitale devono essere strumenti per appianare queste differenze e ridurre i divari. E le strade non possono che essere tre: infrastrutture, competenze, strumenti. Da un lato è indispensabile garantire una connessione stabile e ultraveloce a tutti, dall’altro bisogna dare ai cittadini e alle imprese le competenze e gli strumenti necessari per sfruttare appieno le opportunità del digitale. Per quanto riguarda le famiglie, sarà necessario approfondire l’efficacia del bonus varato l’estate scorsa per l’acquisto di Pc, tablet e abbonamenti internet, ed eventualmente correggerlo per ottenere migliori risultati. Le imprese, invece, potranno contare su Transizione 4.0, che garantisce ampi incentivi agli investimenti in innovazione tecnologica, per l’acquisto di beni strumentali e per la formazione dei dipendenti.
Guardando, in particolare, alle imprese, il tema che ricorre è la necessità di tenere insieme l’innovazione (A.I., Iot, Big data) con la valorizzazione del capitale umano. C’è un confine che non va mai superato? Come vanno gestite le conseguenze della trasformazione digitale nell’organizzazione delle imprese e del lavoro?
Come ogni grande rivoluzione industriale, anche quella 4.0 nasconde le sue insidie tra le indiscusse opportunità che genera. Per questo è importantissimo cominciare ad occuparsi oggi dei possibili effetti collaterali che la trasformazione digitale potrebbe portare con sé. E credo che al contempo sia necessario anticipare i tempi, piuttosto che subirne le conseguenze. Ecco perché sarà fondamentale garantire consistenti investimenti proprio sul capitale umano, puntando tutto sulle competenze digitali che oggi sono un indispensabile strumento di lavoro e saranno sempre di più un requisito qualificante per un lavoratore. Al contempo, anche le imprese dovranno prepararsi a rivedere la propria organizzazione e i processi produttivi adottando soluzioni e modalità del tutto nuove. Ma ciò non esclude necessariamente il fattore umano. Anzi, il capitale umano sarà sempre più centrale e decisivo nel lavoro di domani.
IL GOVERNO È CONCENTRATO SUL RAGGIUNGIMENTO DI UN OBIETTIVO CHE È VITALE PER LO SVILUPPO DELL’ECONOMIA DEL PAESE” ASSUNTELA MESSINA/ SOTTOSEGRETARIO AL MINISTERO DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA E LA TRANSIZIONE DIGITALE