Un Paese a rischio crollo
Le infrastrutture sono vecchie e difficili da controllare. Il nodo dei poteri e delle risorse dell’agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali
IL PIÙ TRAUMATICO e scioccante è stato il crollo del Ponte Morandi, accartocciatosi su se stesso il 14 agosto del 2018 con il suo tragico carico di 43 vittime. Prima e dopo lo hanno preceduto o seguito altri cedimenti di ponti e cavalcavia sulle autostrade e sulle strade statali e provinciali italiane, per non parlare della caduta di intonaci e rivestimenti nelle gallerie, che hanno fatto meno notizia perché il fato ha decretato un numero più contenuto di morti. E quando è stato davvero benevolo ha risparmiato vite umane limitandosi a provocare danni materiali.
COME ACCADE IN ALTRI PAESI economicamente avanzati uno su tutti gli Stati Uniti dove il presidente Joe Biden ha indicato tra le sue priorità strategiche un piano di costruzione, rifacimento e manutenzione delle infrastrutture americane che vale 2 trilioni di dollari - le migliaia di manufatti che insistono sulle nostre arterie stradali risalgono in gran parte agli anni del boom economico, i ‘50 e i ‘60 del secolo scorso, o addirittura ad ancora prima, e sono vicini all’esaurimento della vita utile. Non è finita: molti soffrono di quello che in gergo tecnico viene definito ‘ammaloramento’ da cause ambientali, da realizzazioni non idonee o da insufficienti manutenzioni, di tanti non si conosce lo stato di salute attuale e neppure a chi appartengano, quale sia l’ente che ne detiene ufficialmente la proprietà.
BASTANO I NUMERI, davvero enormi, per comprendere le difficoltà presenti: ben 840mila chilometri di strade, di cui 8.006 autostrade e 27.259 strade statali gestite dall’anas su cui insistono 2.179 gallerie, 21.072 ponti e viadotti e 6.320 cavalcavia. In quali condizioni sono? “Sui circa 800mila chilometri della rete che fanno capo a Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni i dati sono ridotti, limitati e lacunosi”, questo il responso della prima ricognizione condotta dalla Direzione generale per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali di Ansfisa, l’agenzia nazionale per la sicurezza delle ferro
vie e delle infrastrutture stradali e autostradali.
“LA STRATIFICAZIONE NORMATIVA, i frequenti passaggi di gestione e la vetustà delle opere rendono molto difficile – scrive ancora l’agenzia nel suo rapporto - avere dati certi sul perimetro della rete e sulle sue caratteristiche. Le ultime rilevazioni utili risalgono al 1999. Mancano anche le informazioni qualitative, fondamentali per la definizione di moderni sistemi di gestione della sicurezza da parte dei gestori o dei proprietari”. Ovvero informazioni sulla loro condizione effettiva di usura.
POCHI ESEMPI di ‘eventi avversi’ confermano, in controluce, i mali che affliggono i manufatti stradali italiani, denunciati da più parti: nel 2016 a Lecco cede il ponte di Annone precipitando sulle auto sottostanti, uccidendo un automobilista e ferendone altre sei, quattro anni dopo ancora non si è riusciti a chiarire di chi sia la proprietà e quindi la responsabilità della sua tenuta. Il 15 luglio 2020 tra Camerano e Loreto il cavalcavia sulla A14, l’autostrada Adriatica, che si regge su una struttura provvisoria per i lavori di ampliamento della terza corsia, si schianta sulle vetture di passaggio provocando 2 morti e 2 feriti. Sempre nel 2020 crolla il ponte sul fiume Magra in Liguria tra Caprigliola e Albiano, stavolta fortunatamente senza vittime, in gestione all’anas. Riassumendo: ‘ammaloramento’ delle opere, incertezza sugli enti titolari dei manufatti, scarsa sicurezza dei cantieri, identica affidabilità (inadeguata) del gestore privato, i concessionari autostradali – come per il Morandi e l’a14 – e pubblico, l’anas.
QUALCHE ALTRA SPIGOLATURA sul panorama attuale? Non molto tempo fa il presidente dell’upi, l’unione delle Provincie, Michele De Pascale (sindaco di Ravenna) ha riconosciuto che queste hanno in carico 1.490 opere che presentano criticità strutturali, che sarebbero subito da cantierare, mentre il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha riscontrato 200 gallerie autostradali a rischio e in Sicilia sono stati sequestrati 22 cavalcavia. Chi non ricorda la rampa sulla strada statale 121 collassata, sempre in Sicilia, nel 2015 addirittura prima dell’inaugurazione?
L’ISTITUZIONE DI ANSFISA – ancorché l’italia abbia costruito un ircocervo che non ha eguali in Europa, dove le agenzie per ferrovie e strade vengono tenute distinte – all’indomani della tragedia del Morandi è stato un primo passo per aumentare la sicurezza introducendo sulla rete viaria controlli analoghi a quelli già attivi sulle ferrovie e per completare il censimento delle opere, in particolare quelle nella potestà degli Enti locali. Ma la piena operatività resta lontana, a partire dal completamento della pianta organica: all’appello mancano 405 unità su un totale di 569.
UNA SVOLTA IMPORTANTE per l’agenzia, un cambio di passo in due mosse lo segnano il decreto legge 77 del 31 maggio su ‘Governance del Pnrr e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure’, il cosiddetto decreto Semplificazioni, e l’avvicendamento del direttore con la nomina di Domenico De Bartolomeo, dirigente dei Vigili del Fuoco. Entrambe volute dal ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, che ha annunciato: “Questo governo ha già avviato un monitoraggio molto attento sullo stato di ponti e viadotti. Sono state impartite specifiche indicazioni ai gestori stradali e autostradali per alzare gli standard di sicurezza delle infrastrutture e sono in corso nuove iniziative anche di natura legislativa per definire in modo compiuto le attività e le funzioni di Ansfisa”.
AD ACCELERARE SULLA VIGILANZA e sui controlli sul campo è l’articolo 65 del decreto – ‘Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali’ – che introduce l’adozione di “un programma annuale di attività di vigilanza diretta dell’agenzia sulle condizioni di sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali,
“QUESTO GOVERNO HA GIÀ AVVIATO UN MONITORAGGIO MOLTO ATTENTO SULLO STATO DI PONTI E VIADOTTI”
ENRICO GIOVANNINI MINISTRO INFRASTRUTTURE E DELLA MOBILITÀ SOSTENIBILI
da espletarsi nel corso dell’anno successivo”, e di cui deve dare comunicazione al ministero. Solo per quest’anno la data è stata fissata al 31 agosto.
NATURALMENTE “fermi restando i compiti, gli obblighi, le responsabilità degli enti proprietari e dei soggetti gestori in materia di sicurezza”, come si riconferma in apertura. Entro il 31 gennaio l’agenzia deve relazionare sull’attività dell’anno precedente. Inoltre, Ansfisa deve tenere l’elenco dei soggetti che possono effettuare i controlli e le attività di formazione, classificare i tratti di strada ad elevata concentrazione
di incidenti e la sicurezza della rete esistente, stabilire le misure di sicurezza temporanea da applicare ai tratti di rete interessati da lavori stradali, fissando le modalità delle ispezioni.
L’ALTRA CARTA DA GIOCARE per evitare il ripetersi di crolli e tragedie è l’accelerazione e l’implementazione delle manutenzioni ordinarie e straordinarie, visto che – come spiegano gli ingegneri civili – queste attività prolungano nel tempo la vita utile delle infrastrutture senza dover ricorrere alla più costosa demolizione e ricostruzione, che va comunque utilizzata laddove necessaria. Mentre finora si è preferito i concessionari autostradali come l’anas, concentrarsi sulla costruzione del nuovo piuttosto che sulla cura dell’esistente. Il ministro delle Infrastrutture e trasporti che ha invertito questa tendenza e messo l’accento sulla priorità della cura è stato Graziano Delrio, che l’ha implementata sia nel contratto di servizio firmato con Anas che con il piano di manutenzione avviato nel 2017.
IL MINISTRO ENRICO GIOVANNINI e il ministro dell’economia, Daniele Franco, ne hanno seguito le orme licenziando all’inizio di giugno il decreto interministeriale che dà il via libera ai piani provinciali triennali per il monitoraggio e la manutenzione di ponti e viadotti stradali e per la sostituzione delle infrastrutture considerate ad alto rischio, piano che vale 1,15 mld di euro e si aggiunge ai piani precedenti arrivando a una cifra totale di 4,1 mld ripartiti e disponibili per essere investiti e da spendere entro il 2024. Altri 3 mld sono in attesa di assegnazione: porteranno le risorse per la manutenzione straordinaria della rete viaria a oltre 7 mld. Queste somme finanziano anche analisi per determinare lo stato di vulnerabilità delle opere che diventeranno poi la base su cui progettare gli interventi di manutenzione e/o ricostruzione.
UN ALTRO, ULTERIORE AIUTO, potrebbe arrivare di nuovo dal decreto legge Semplificazioni. L’articolo 59 “Disposizioni urgenti in materia di perequazione infrastrutturale”, istituisce il “Fondo perequativo infrastrutturale” con una dotazione di 4,6 mld di euro dal 2022 al 2033, 100 mln il primo anno che diventano 300 mln dal 2023 al 2027 e 500 mln dal 2028 al 2033. Risorse destinate a riequilibrare il divario tra le diverse aree geografiche del Paese nella dotazione di strutture pubbliche, da quelle sanitarie, assistenziali e scolastiche alle infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali. Un gruzzoletto che potrebbe essere integralmente destinato alla manutenzione ordinaria e straordinaria.
POCO, INVECE, può fare il Piano nazionale di ripresa e resilienza visto che il Next generation Eu nelle sue linee guida per gli investimenti esclude quasi completamente strade e autostrade: l’unico intervento previsto insiste sulle A24 e A25 - la Strada dei Parchi Roma-l’aquila-teramo - e stanzia un miliardo di euro per la messa in sicurezza dei viadotti, in particolare dal rischio terremoto, e per il monitoraggio tecnologico.