Il digitale fa la differenza
Data economy, tecnologie digitali e nuovi modelli. Ecco il grande patrimonio dei dati, visto da Yolo Group, società che ha ricevuto un riconoscimento agli Italy insurance awards 2021. Obiettivo: creare valore e innovazione
“LE ASSICURAZIONI
sono abituate storicamente a usare i dati. Pensiamo a quelli usati per la valutazione del rischio. Solo che, stavolta, a essere analizzato è il comportamento. L’obiettivo è finalizzare l’acquisto e soprattutto rispondere al meglio alle esigenze del cliente”. A spiegarci quanto il mondo del data analysis possa essere utile soprattutto, ma non soltanto, per l’universo assicurativo è Roberta Pazzini, Head of marketing & communication di Yolo, gruppo italiano di servizi e di intermediazione assicurativa digitale. “L’economia dei dati e le tecnologie digitali, infatti, stanno trasformando profondamente i nostri stili di vita con una serie di sviluppi interessanti che potrebbero ridefinire il modo in cui ci prendiamo cura di noi stessi e di ciò che ci sta più a cuore”, mette in evidenza Gianluca De Cobelli, amministratore delegato del gruppo che, fra l’altro, ha ottenuto, ad aprile 2021, il riconoscimento degli Italy insurance awards, nella categoria Best Insurtech “per essersi distinto per il suo business model e la capacità di creare valore e innovazione per il mondo assicurativo”. In termini tecnici, si parla di engagement del cliente. Yolo, infatti, permette di sottoscrivere su base on demand e pay per use i prodotti dei maggiori gruppi assicurativi italiani e internazionali. Il merito è della forte accelerazione in ambito digitale che ha spinto la compagnia a ripensare l’offerta assicurativa tradizionale per rispondere meglio ai nuovi bisogni di protezione del consumatore digitale. Le esigenze sono nuove ma soprattutto richiedono un’offerta flessibile, personalizzata e innovativa. Lo strumento utilizzato viene sintetizzato in una
sigla: si chiama Cep (Customer engagement platform). Esso fornisce ai partner di Yolo (banche e compagnie assicurative) il posizionamento della loro customer base. Questa piattaforma è pensata infatti per aggregare dati da più fonti e sfrutta tutte le informazioni relative agli utenti attraverso algoritmi di clusterizzazione (gli altri due soggetti protagonisti del progetto, insieme a
Yolo, sono Sas, società di software e servizi di Business Analytics, e Bid, company che fornisce soluzioni in ambito analytics e di intelligenza artificiale). Uno degli obiettivi di questo progetto, infatti, è mappare la customer base. In altre parole, fare un’analisi e profilazione della clientela. Segmentandola si riesce ad offrire il prodotto migliore e più rispondente alle sue esigenze. Una delle fasi più delicate del progetto è la mappatura dei comportamenti digitali degli utenti, ma certamente quella più importante è la comprensione del potenziale di ciascun cliente che viene analizzato per la propensione all’acquisto e interesse verso polizze digitali Yolo. È a questo punto, infatti, che viene proposto il prodotto con maggiori probabilità di acquisto, favorendone così l’acquisto. Lo spiega in parole semplici Roberta Pazzini: “Il signor Mario Rossi può avere un interesse verso le nuove tecnologie o, ancora, avere la passione per gli sport estremi o i viaggi in bici”. Sono tutte informazioni utili a capire in quali ambiti la propensione all’acquisto è più forte. Ed è qui che si gioca la partita. “Secondo i dati dell’european House - Ambrosetti, nel 2020 - afferma De Cobelli - la quota di prodotti e servizi digitali ha raggiunto, a livello globale, il 55% rispetto al 35% dell’anno precedente, mentre la quota media di interazioni on line dei clienti con le aziende ha visto un aumento di 22 punti percentuali rispetto al 2019”. E, ancora, dati alla mano, “secondo l’osservatorio mobile B2C strategy del Politecnico di Milano, nel 2020, gli italiani connessi tramite mobile hanno raggiunto i 35,1 milioni. In media trascorrono 77 ore al mese davanti a dispositivi mobili”, spiega. I nostri comportamenti sulla Rete, dunque, producono un’enorme quantità di dati. La possibilità di accedere a quest’ultimi da parte, in questo caso, delle compagnie assicurative consente di passare da un approccio statico tradizionale al cliente a uno più dinamico e prospettico che, almeno in linea teorica, è in grado di riclassificare di continuo il profilo del cliente. “Non è più il prodotto tradizionale che ha una scadenza naturale ma, al contrario, è quest’ultimo che si modifica e si ridisegna real time, in base alle esigenze del cliente”, precisa Pazzini. Tutto cambia, grazie a nuovi modelli organizzativi e soprattutto alle nuove tecnologie. Ancora una volta, il digitale fa la differenza.
della sostenibilità, promossa più che altro come forma di auto-branding. Di solito, va di pari passo con il primo l’orientamento alla beneficenza, adottata da 12 delle Pmi quotate: la sostenibilità è ancora completamente slegata dal core business. Quando l’argomento viene affrontato più seriamente, si passa a una vera gestione del rischio Esg, caratteristica di imprese che divulgano e misurano le informazioni non finanziarie. L’orientamento più avanzato è quello strategico, che caratterizza le imprese che integrano gli obiettivi di sostenibilità all’interno della strategia aziendale e del business, puntando a massimizzare il valore economico attraverso un modello di business sostenibile. Le società Aim con orientamento avanzato alla sostenibilità in termini di Esg risk management e di Esg strategico sono passate da 11 a 21. Infine, solo 3 società su 70 pubblicano una rendicontazione non finanziaria ex decreto legislativo n. 254/2016 che recepisce la direttiva Ue n.95/2014 sulla rendicontazione sociale, ambientale e di governance per le imprese oltre una certa dimensione e di interesse pubblico. Le Pmi, infatti, non hanno gli obblighi delle grandi aziende in fatto di dichiarazioni non finanziarie. Per questo, sottolineano gli autori del report, la spinta verso la sostenibilità deve venire dalle aziende stesse. Aiutate, nel caso di quelle quotate, dal ruolo di controllo degli investitori istituzionali.
Per Marco Ruspi, Head of Esg di Acomea Sgr, “il potenziale strategico delle aziende dell’aim è enorme e ancora inespresso. Questo percorso è oggi ineluttabile, un’opportunità per investitori e aziende che non può più essere ignorata”. Tastando il polso al mercato, dice Ruspi, “c’è tanta voglia di ascoltare e di assorbire i contenuti, da parte delle imprese. Perché i benefici, sia interni che esterni, che ne possono derivare sono notevoli, e le aziende lo stanno capendo”. All’aumento di questo interesse sta corrispondendo anche un aumento del giro d’affari, della capacità di attirare capitali. “L’aim in questo momento ha raggiunto un record di liquidità e scambi. Si sta creando un circolo virtuoso che sta contribuendo al forte trend di crescita dell’interno segmento”.