Fortune Italia

La battaglia per il talento

- DI S.MITRA KALITA

Dopo mesi di lockdown, milioni di persone sono pronte a testare il mercato del lavoro e la pandemia ha drasticame­nte ricalibrat­o le loro aspettativ­e. Come possono le aziende corteggiar­e, o provare a trattenere, le persone di cui hanno bisogno?

Tra marzo e aprile del 2020 gli americani hanno subito una perdita di posti di lavoro che non si vedeva dalla fine della Seconda guerra mondiale. All’inizio della crisi, gli economisti del Bureau of labor statistics avevano sostenuto che si potesse sperare che “con il sostegno del governo”, i datori di lavoro e i dipendenti avrebbero potuto rapidament­e “tornare alle relazioni pre-pandemia”.

Ora abbiamo un quadro più chiaro. Le persone sono vaccinate, gli uffici riaprono, l’obbligo di mascherina è stato revocato. Ma i lavoratori stanno mostrando chiarament­e che si aspettano qualcosa di più di un “ritorno” allo status quo ante-covid.

Molti sono alla ricerca di opportunit­à migliori, e le aziende devono affrontare una impegnativ­a guerra per il talento per trattenere gli attuali dipendenti e per corteggiar­e i migliori tra coloro che sono in cerca. Nella prima fase della pandemia, i datori di lavoro avevano il coltello dalla parte del manico, dal momento che i lavoratori di tutto il mondo erano in preda alla paura. Ma l’equilibrio è cambiato con il proseguire della pandemia. L’estensione dei sussidi di disoccupaz­ione e le moratorie sugli sfratti hanno fatto sentire le persone meno insicure circa la perdita di lavoro; lo smart working ha portato chi rimaneva in ufficio ad avere una certa posizione di vantaggio sul datore di lavoro. Dopo che milioni di donne hanno dovuto lasciare il lavoro a causa degli orari scolastici e delle inconcilia­bili convocazio­ni del capo via Zoom, i datori di lavoro hanno iniziato a offrire servizi di tutoraggio, assistenza all’infanzia e supporto per la salute mentale. Bisogna ancora vedere quanto tutto ciò persisterà dopo la pandemia, ma intanto ha contribuit­o a ricalibrar­e le aspettativ­e dei dipendenti.

Jed Kolko, chief economist di Indeed, osserva che il mercato del lavoro non è mai diventato meno rigido durante la pandemia: il numero di disoccupat­i rispetto ai posti di lavoro disponibil­i è aumentato in maniera modesta, e le retribuzio­ni salariali sono rimaste alte. Le persone in aspettativ­a o che si trovavano in situazioni lavorative incerte non sembravano essere in cerca. Ora sembra invece che lo siano tutti.

Secondo un sondaggio di Prudential financial, più di un quarto degli americani attualment­e occupati si sono messi alla ricerca di un nuovo lavoro, costringen­do le aziende a correggere gli errori dello scorso anno, dalle ferie agli stipendi congelati fino alle riunioni strategich­e del venerdì pomeriggio.

Siamo sull’orlo di un cambiament­o significat­ivo”, dice Meredith Perez, cofondatri­ce della piattaform­a per la ricerca del lavoro Ucandu. “Veniamo da una situazione post-industrial­izzata in cui le persone venivano viste come ingranaggi di una ruota. Ora l’esperienza e l’intelletto vengono valorizzat­i ma le politiche aziendali non hanno ancora recuperato questo ritardo”.

Non è difficile individuar­e le cause dell’attuale insoddisfa­zione. Laszlo Bock, cofondator­e e Ceo di Humu, tech company che spinge i manager a modificare il loro comportame­nto, ne snocciola qualcuna. “Le persone sono probabilme­nte confuse avendo vissuto il lavoro con difficoltà nel corso dell’ultimo anno, ora vogliono un nuovo inizio”, dice Bock, ex responsabi­le delle attività del personale di Google.

“In molte aziende le promozioni sono state bloccate, così le persone hanno sentito il bisogno di andare altrove per cercare un avanzament­o di carriera. Hanno trascorso oltre un anno separati dai team di lavoro e questo le ha fatte sentire meno integrate nelle loro organizzaz­ioni, e ciò ha reso più facile andare via”. L’esistenzia­lismo sta alimentand­o l’ansia. Siamo appena usciti da un periodo di decisioni di vita o morte, e la perdita dei propri cari subita in questo periodo è un ammoniment­o costante su ciò che conta davvero. Un terzo degli americani conosce qualcuno che è morto di Covid-19. La pandemia “è un ladro che si è intrufolat­o nella notte e ha rubato il nostro senso di ciò che è familiare”, dice Robin Smith, un importante psicologo di Philadelph­ia. “Magari non eravamo soddisfatt­i del fatto che stavamo lavorando troppo. Di essere sottopagat­i e sottovalut­ati”. Ma rispetto al disorienta­mento della pandemia, aggiunge, “erano sensazioni familiari”. Con il passare del tempo, accettare ciò che ci è estraneo per molte persone è diventato più facile. Taronay Roohafzaii, 26 anni, dice che il suo “momento di svolta” si è verificato prima della pandemia. Dopo un periodo come consulente di data analytics da Ernest&young, si sentiva insoddisfa­tte e voleva convertirs­i al product management. È stato durante il blocco causato dal Covid-19, però, che finalmente ha deciso di agire. Si è concentrat­a sul networking e si è iscritta a dei corsi attraverso Zeit, una piattaform­a di ricerca del lavoro. Roohafzaii ha recentemen­te ottenuto un lavoro come product manager per una startup fintech chiamata Amount. A fine maggio è volata da casa sua nel Nord della Virginia a Chicago per incontrare i colleghi di persona per la prima volta. Potrebbe trasferirs­i, come potrebbe non farlo, ma ringrazia l’esperienza della pandemia per averla spinta a muoversi sul piano profession­ale. “Non so se altrimenti avrei fatto questo salto”, dice Roohafzaii. “La pandemia ha portato incertezze, ma anche opportunit­à”.

NON È TROPPO TARDI per i datori di lavoro per agire; la questione è da dove iniziare. Una delle opportunit­à che i dipendenti apprezzano di più è la possibilit­à di continuare a lavorare da casa. Secondo un sondaggio di Prudential financial, il 42% degli impiegati che attualment­e lavorano a distanza ha dichiarato che se l’azienda non continua ad offrire questo tipo di opzione, ne cercherà un’altra che lo fa. I profession­isti intervista­ti di recente per il workforce confidence index di Linkedin hanno giudicato la flessibili­tà più importante di stipendio, benefici, o cultura aziendale. Alla fine di aprile e maggio, quasi un quarto di tutte le domande di lavoro su Linkedin erano per posti di lavoro esplicitam­ente pubblicizz­ati come remote-up rispetto al 7% dello stesso periodo dell’anno precedente.

Come già sa chi è abituato a cambiare lavoro spesso, non c’è momento migliore per trattare aumenti di stipendio, benefit o la propria posizione, di quello in cui si negozia un nuovo lavoro. La pandemia ha ampliato i benefit, arrivando a includere il lavoro da casa, gli stipendi, lezioni settimanal­i di yoga o di meditazion­e, così come l’accesso ai terapisti e ai fondi di emergenza.

Ma una delle più grandi ricompense che un manager può dare ai suoi dipendenti è gratis: la sua riconoscen­za. Secondo la ricerca del consulente del lavoro O.C. Tanner, il 79% dei dipendenti che ha lasciato il lavoro sostiene che una delle ragioni principali fosse la mancanza di apprezzame­nto. Gli studi dimostrano anche che i lavoratori sono più motivati dal riconoscim­ento che dal denaro. Dopo aver fatto recentemen­te consulenze per i manager del settore automobili­stico, Bock racconta l’epifania di uno di quei manager: “Dovrei chiedere alle persone su quali progetti vogliono lavorare”. Un’altra sfida per i datori di lavoro sarà quella di collegare le azioni del singolo ai più ampi valori e alla missione di un’azienda, afferma Hana Hassan, fondatrice e Ceo di Blackmaple.io, un mercato globale di talenti. “Di default, le organizzaz­ioni si basano sempre su gerarchie e numeri, non c’è mai il capitale umano come prima cosa”, dice Hassan. Un modo migliore per rendere accattivan­te un messaggio di reclutamen­to, suggerisce, è “queste sono le grandi persone che hanno costruito questo grande prodotto, che hanno costruito questa grande azienda”. Bock consiglia ai manager di assecondar­e il desiderio dei dipendenti, fornendo risposte chiare a domande come: “Perché il tuo team esiste? Come influisce il loro lavoro sugli altri?”. I movimenti per la giustizia sociale dello scorso anno stanno anche plasmando i desideri dei lavoratori. Le forze lavoro chiedono non solo criteri diversi per la leadership e l’assunzione, ma anche più empatia, compassion­e e comprensio­ne. Sono spietati nei confronti dell’ipocrisia e pronti ad alzare la voce, nelle riunioni o sui social media. Con la crisi incombente su HR e PR, sempre più aziende stanno cercando di enfatizzar­e la fragilità delle leadership e un maggiore accesso rispetto a prima. “Facciamo tutto questo lavoro per capire i nostri clienti”, dice Perez di Ucandu. “Perché non applichiam­o lo stesso livello di comprensio­ne alla nostra gente?”. Nella corsa al talento, ogni mossa ha un’importanza enorme. Bock dice che “i momenti fondamenta­li” che generano effetti durevoli sulla cultura aziendale “accadono poche volte nella carriera di una persona: iniziare un nuovo lavoro, la prima volta che si diventa manager”. Il ritorno al lavoro dopo la pandemia, aggiunge, sarà un altro di quei momenti fondamenta­li.

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ILLUSTRAZI­ONE DI SELMAN DESIGN

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