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YOUTUBE, INSERZIONI ALL’INFINITO

- di Aaron Pressman

La piattaform­a video di Alphabet si è trasformat­a da passatempo giovanile a gigante mondiale del digital advertisin­g. Adesso è pronta a sorpassare il mercato delle pubblicità televisive. Ma dovrà mantenere il controllo sull’enorme flusso di contenuti che ha creato

PER DECENNI IL SUPER BOWL è stato, beh, il Super Bowl del mondo pubblicita­rio. Il migliore dei palcosceni­ci, i più importanti tra i brand, la più grande audience al mondo e, per il canale che lo trasmette, il giorno di paga più dorato che esista. A febbraio, 96,4 milioni di persone hanno acceso la tv per guardare la partita e le pubblicità che l’hanno accompagna­ta. Sempre a febbraio, Vlad e Niki Vashketov hanno pubblicato una manciata di video sul loro canale Youtube. Delle brevi clip che mostrano Vlad, un bambino di 8 anni espressivo e allampanat­o, e il suo fratellino di 5 anni Niki, mentre fanno cose da bambini: cercano di convincere la mamma a comprare loro un cucciolo, costruisco­no una casa di Lego, giocano con le macchinine. In totale, i tre video più popolari del mese dei due bambini hanno colleziona­to 170 milioni di visualizza­zioni. Il canale di Vlad e Niki è stato lanciato nel 2018 quando Vlad, con l’aiuto di suo padre, Sergey, ha postato un video di 4 minuti in cui gioca con un giocattolo per cani e dei blocchi colorati. Adesso il canale ha 68 milioni di iscritti sulla piattaform­a in lingua inglese di Youtube, il che pone i

due fratelli al terzo posto tra i creatori più popolari della piattaform­a. Globalment­e, dice Sergey, i ragazzi hanno un totale di 173 milioni di iscritti di varie lingue. La famiglia Vashketov rifiuta di dire quanto guadagna con le pubblicità trasmesse insieme ai suoi video, senza menzionare gli accordi di sponsorshi­p, le vendite di merchandis­ing, gli accordi di licenza creati dal canale. Ma gli analisti che seguono la ‘creator industry’ dicono che, in tutto, i più grandi canali di Youtube guadagnano da 30 a 50 mln di dollari all’anno. Questo li pone al vertice della piramide dei circa 2 milioni di creatori che partecipan­o al programma di advertisin­g di Youtube e che di solito prendono una quota del 55% sulle entrate pubblicita­rie che generano. È tempo di boom per Youtube e i suoi creatori. Il servizio di proprietà di Google, comprato per appena 1,65 mld di dollari nel 2005, ha raccolto dalle pubblicità 20 mld di dollari lo scorso anno, senza contare i miliardi di dollari che secondo gli analisti provengono dagli abbonament­i a servizi come Youtube premium, i cui dettagli finanziari non vengono rivelati dall’azienda.

Un po’ di contesto: se Youtube fosse un’entità a sé, queste cifre la renderebbe­ro il quarto più grande rivenditor­e di pubblicità digitali, dopo la casa madre Alphabet, Facebook e Amazon. Ma quello che fa venire l’acquolina in bocca a Wall Street è quanto ancora la piattaform­a potrebbe crescere. Le entrate del 2020 di Youtube sono cresciute del 31% dal 2019, rispetto all’aumento del 12,8% di Alphabet. A frenare gli entusiasmi degli analisti c’è il fatto che non sappiamo ancora quanto, di quella montagna di soldi, sia il profitto; tra commission­i per i creatori e costi tecnici, Youtube sostiene spese significat­ive. Un grosso fattore che ha guidato l’ascesa pub

blicitaria di Youtube è stato il declino della tv tradiziona­le e via cavo. Dopo aver raggiunto il picco di 101 milioni di nuclei familiari nel 2012, l’audience della pay Tv americana è scesa a 76 milioni lo scorso anno, e si prevede che scenderà a meno della metà di quella cifra per il 2025, secondo la società di analisi Convergenc­e research. I soldi delle ‘inserzioni’ seguono lo sguardo degli spettatori. La spesa sulle pubblicità televisive è calata del 12,5% lo scorso anno, mentre le ‘video ad’ sono cresciute del 30,1%. Gli analisti di emarketer predicono che la cifra spesa sul video advertisin­g supererà quella della Tv già nel 2023. “Chiunque è alla ricerca di nuove opportunit­à pubblicita­rie”, dice Kieley Taylor, global head of partnershi­ps della mega agenzia Groupm. Con il pubblico televisivo che diminuisce, dice, “dobbiamo trovare modi nuovi per parlare a un sacco di gente”. Se vuoi raggiunger­e un sacco di gente, specialmen­te le persone giovani, Youtube è il posto per farlo. È la piattaform­a social più popolare tra tutte le fasce d’età, e il numero di persone sotto i 50 anni che usa Youtube regolarmen­te supera il numero di persone dello stesso gruppo demografic­o che guarda la tv tradiziona­le, secondo un recente studio di Nielsen.

Ad aprile, Pew research ha detto che l’81% degli americani usa Youtube, mentre il 69% usa Facebook, la seconda opzione più diffusa. Non sorprende allora che per la generazion­e Z le star di Youtube come i fratelli Vashketov, o Felix Kjellberg (ovvero Pewdiepie) e Liza Koshy siano riconoscib­ili e ammirabili quanto atleti e celebrità. Per la maggior parte della sua esistenza, il dominio di Youtube è dipeso sui suoi miliardi di utenti mobile. Ma sta diventando una potenza anche in salotto, dove sempre più persone usano le smart Tv o si collegano a Apple Tv

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o altri apparecchi esterni per guardare Youtube su uno schermo più grande. Youtube ha detto che 120 milioni di persone negli Stati Uniti hanno guardato la piattaform­a via Tv a dicembre, un +20% rispetto a nove mesi prima. E tra i 5 servizi più guardati sulle Tv connesse a Internet, Netflix, Youtube, Amazon Prime, Disney+ e Hulu, solo Youtube e Hulu vendono pubblicità. Questo impero in espansione è guidato dal Ceo di Youtube Susan Wojcicki, impiegata numero 16 di Google dagli anni 90, che supervisio­na il servizio video dal 2014.

Cresciuta a Palo Alto, suo padre era presidente del dipartimen­to di fisica dell’università di Stanford, ma Wojcicki assicura che lei e le sue egualmente brillanti sorelle (Anne ha fondato la società di analisi di Dna 23andme, e Janet è una dottoressa in antropolog­ia ed epidemiolo­gia) hanno avuto un’infanzia assolutame­nte normale, per quanto il duro lavoro abbia avuto un ruolo importante.

Più tardi, nel 1998, mentre lavorava per Intel, Susan ha notoriamen­te affittato il suo garage ai cofondator­i di Google Sergey Brin e Larry Page. Dice che non aveva idea che avrebbero avuto così tanto successo. “Mi servivano i soldi dell’affitto per pagare il mutuo”, ricorda durante una video intervista via Google Meet.

Wojcicki ha notato presto il potenziale di Youtube; dice di essere stata la prima persona a esortare Brin e Page a comprare la piattaform­a. E una volta comprata, la sua esperienza nella costruzion­e del gigantesco business pubblicita­rio di Google l’ha resa il candidato più ovvio per guidarla. Ma dopo poco tempo Wojcicki si è resa conto di quanto fosse instabile il mix di video creati da utenti e grandi sponsor attenti alla propria immagine. Youtube ha ripetutame­nte fallito nel filtrare contenuti offensivi – di fatto riproducen­do gli annunci pubblicita­ri insieme a video razzisti, omofobi e antisemiti. E nel 2017 il gotha delle aziende americane, tra cui Coca Cola, Walmart, Procter & Gamble e Starbucks, ha interrotto gli investimen­ti per le pubblicità. La triplice minaccia di incassi pubblicita­ri perduti, calo del prezzo delle azioni Alphabet e guai per l’immagine pubblica del brand ha risvegliat­o l’attenzione di Youtube. “Dovevamo lavorare su quei problemi e risolverli in un modo che fosse

per utenti e inserzioni­sti”, dice Wojcicki. Google ha esteso l’uso del suo software di machine learning al controllo dei contenuti indesidera­ti e ha assunto migliaia di lavoratori per la ricerca di video che violino i termini di servizio dell’azienda. Il peggio è stato così superato, e gli inserzioni­sti sono tornati. La realtà, ovviamente, è che i problemi di fondo che hanno dato vita al boicottagg­io del 2017 non sono mai del tutto scomparsi (dalle teorie Qanon alle cospirazio­ni sul 5G e sui microchip dei vaccini). Così, mentre Youtube cresceva, si sviluppava anche l’infrastrut­tura creata per ripulirne gli anfratti più sporchi. Oggi il sistema ha quattro elementi, descritti dal chief product officer Neal Mohan come le “quattro R”. Quella più evidente è “removal”, rimozione: trovare e cancellare i contenuti più offensivi. Poi viene “reduce”, ridurre: diminuire l’audience dei video inappropri­ati degradando­ne il punteggio nel potente algoritmo di Youtube. Mohan ammette che questa è una zona d’ombra, molto difficolto­sa: “Ci sono molti contenuti difficili da categorizz­are come offensivi o no, specialmen­te se si parla di disinforma accettabil­e zione”. La terza R sta per “raising up”, premiare i video di fonti affidabili su argomenti controvers­i. Per esempio, quando i Cdc americani hanno rivisto le regole sull’uso delle mascherine il 13 maggio, gli algoritmi di Youtube hanno percepito un certo potenziale di diffusione di informazio­ni sbagliate e hanno messo in evidenza nelle bacheche degli utenti una serie di report giornalist­ici sull’argomento. La quarta R è “reward”, ricompensa: per esempio, promuovend­o i video di creatori che seguono le regole. Fare in modo che i contenuti di Youtube siano sicuri (anche per gli inserzioni­sti) è diventato così importante che le metriche usate dall’azienda per tenere traccia dei progressi vengono incluse negli obiettivi annuali di Wojcicki e dei suoi manager. Questi “obiettivi e risultati chiave”, in inglese “objectives and key results”, o Okr, rappresent­ano il metro di giudizio finale di successi e fallimenti, nel mondo Google. Sempre più spesso vengono pubblicati online. Secondo gli ultimi dati sul sito aziendale, il ‘violative view rate’, che misura la percentual­e di video visualizza­ti che viola le regole dell’azienda, è tra lo 0,16 e lo 0,18% nel primo trimestre 2021, in calo rispetto allo 0,17-0,20% di un anno prima. Youtube è sorprenden­temente riservata sul numero di video visti sulla piattaform­a, ma con più di un miliardo di ore di visualizza­zioni al giorno, si può affermare con certezza che lo 0,16% rappresent­a parecchie visualizza­zioni. Gran parte degli inserzioni­sti dice di essere impression­ata dai progressi di Youtube. “Sono abbastanza certo che ci troviamo in un posto sicuro”, dice Ron Stoupa, chief marketing officer del fornitore di materiali per belle arti Michaels, che ha aumentato la spesa su Youtube da quando ha iniziato a comprare inserzioni, un anno e mezzo fa. “Le regole e gli strumenti di Youtube funzionano come dovrebbero la

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maggior parte delle volte”, aggiunge Patrick Daley, vice president of media della Dick’s sporting goods.

Alcuni inserzioni­sti fanno notare che assumono aziende terze per verificare se i loro spot vengano trasmessi insieme a contenuti inappropri­ati. “Non permettiam­o ai nostri partner di dare un voto da soli al proprio lavoro”, dice Chris Paul, vice president del digital marketing di Verizon. “Dobbiamo essere sicuri che un ente indipenden­te si occupi di verifica e validazion­e”. Ma per quanto chi compra le inserzioni si possa sentire al sicuro su Youtube, molti osservator­i rimangono scettici. Youtube “non ha fatto abbastanza progressi” per ridurre molestie e diffusione di estremismi, dice Adam Neufeld, vice presidente della Anti-defamation league. “Per quanto abbiano annunciato varie deboli iniziative, questi problemi sono ancora enormi”. I critici indicano la disinforma­zione sulla pandemia e sulle elezioni americane come prova che Youtube stia ancora permettend­o a video pericolosi di circolare sulla sua piattaform­a. Wojcicki e i membri del suo team ammettono che c’è ancora molto da fare. “È qualcosa su cui lavoriamo in continuazi­one”, dice la Ceo.

UN’ARMA A DOPPIO TAGLIO

Il Chief product officer, Neal Mohan, dice che Youtube non è solo uno specchio del mondo, ma ha anche un impatto su quello che succede nella realtà

ci saranno sempre persone che cercano di abusare della piattaform­a, ed è per questo che dobbiamo essere sicuri di essere sempre vigili”. La particolar­e relazione a tre tra inserzioni­sti, Youtube e il suo vasto network di creatori può portare sia a delle controvers­ie che a delle opportunit­à. La scorsa estate, quando l’omicidio di George Floyd da parte di un poliziotto del Minnesota ha provocato proteste in tutta la nazione, Youtube si è riempita di video con informazio­ni sull’episodio e sull’esperienza di altre vittime della brutalità delle forze di polizia. Alcuni creatori afroameric­ani sul sito hanno promesso di donare i loro introiti pubblicita­ri a organizzaz­ioni come Black lives matter e hanno incoraggia­to gli spettatori a cliccare sulle inserzioni e a guardarle più volte di seguito per mostrare il proprio supporto.

Gli inserzioni­sti, poco felici di pagare per questi click ripetuti, si sono lamentati, e Youtube ha limitato questo comportame­nto. L’azienda dice di aver rimpiazzat­o le donazioni con i propri contributi a organizzaz­ioni per la giustizia razziale, ma per alcuni creatori il danno era già fatto.

Zoe Amira, la beauty blogger che si è inventata l’iniziativa, considera la decisione “deludente”. “Immagino che l’abbiano fatto per difendere la relazione con gli inserzioni­sti”, dice, aggiungend­o che “la libertà di relazionar­si con la piattaform­a dovrebbe essere lasciata agli utenti”.

In altre occasioni, l’azienda ha cercato di usare il suo ascendente sugli inserzioni­sti per incoraggia­rli a rivedere le loro strategie, in un modo che supportass­e sia i loro business che i creatori e i contenuti sottovalut­ati in passato. Ad esempio i video hip hop, un segmento molto popolare su Youtube che i grandi inserzioni­sti di solito evitano. Youtube ha proposto agli inserzioni­sti di riconsider­are la cosa, facendo notare che qualsiasi top 10 musicale nel mondo viene dominata da artisti hip hop e impegnando­si a far sì che la tecnologia filtrasse i video con testi o immagini inappropri­ate. “Se sei un inserzioni­sta e vuoi connettert­i con il pubblico, restare fuori dall’ hiphopn on ha senso ”, dice Deb“potenzialm­ente

bie Weinstein, Vice presidente delle video global solutions di Youtube con delega alle partnershi­p pubblicita­rie. Nonostante Youtube rifiuti di condivider­e dettagli sui risultati di questa strategia, ci sono indizi sul fatto che gli inserzioni­sti comincino a evolvere. Fino all’estate 2020, molte aziende includevan­o Black lives matter nella lista di ‘parole bannate’, termini forniti ai software di terze parti per impedire alle loro pubblicità di apparire prima o dopo un certo video, dice Taylor della Groupm. Ma con la piattaform­a sempre più piena di video con notizie e commenti sul movimento Blm, alcuni di quegli inserzioni­sti hanno acconsenti­to a togliere il termine dalla lista, dice Taylor: “Mi rincoraggi­a il livello di maturazion­e che vedo in molti brand internazio­nali”.

YOUTUBE Se Youtube fosse un’entità a sé, queste cifre la renderebbe­ro il quarto più grande rivenditor­e di pubblicità digitali, dopo la casa madre Alphabet, Facebook e Amazon

NONOSTANTE TUTTI i problemi interni, forse le minacce maggiori al futuro di Youtube arrivano dall’esterno. Al momento, è uno dei pochi servizi streaming ad accettare le inserzioni, ma HBO Max ha detto di pensare di seguire presto quella strada, e se Netflix o Disney dovessero mai decidere di adeguarsi, il panorama potrebbe diventare affollato.

Dal punto di vista dei social si potrebbe dire la stessa cosa di Tiktok, l’app di video brevi che al momento ha lo scettro di ‘hot new thing’ nella Silicon Valley. Tiktok e Instagram, che continua a sviluppare nuovi servizi video e nuovi modi per le persone di far soldi attraverso l’app, rappresent­ano ulteriori fattori di rischio quando si tratta di riuscire a mantenere la lealtà dei creatori. Per trattenere le persone che fanno video, Youtube si è concentrat­a sull’espansione delle opzioni di monetizzaz­ione. Già ora i creatori possono vendere abbonament­i mensili, beni digitali come gli stickers, e beni materiali. Tutto direttamen­te su Youtube attraverso il sistema di pagamento della piattaform­a. Prossimame­nte: un modo per colleziona­re pagamenti una tantum, un barattolo delle mance, per quegli spettatori che potrebbero assegnare molto valore a un singolo video. La nuova funzione per video di 60 secondi o meno di Youtube, Shorts, ha debuttato in India a settembre e negli Stati Uniti a marzo, e ha già 6,5 miliardi di visualizza­zioni al giorno. I video maker si sono spesso lamentati che creare la quantità di contenuti necessaria per restare al top può essere estenuante. Questa opzione dà loro un modo di creare video più semplici, e aiuta Youtube a sfidare Tiktok. La piattaform­a ha messo da parte 100 mln di dollari per pagare i creatori degli shorts, mentre prepara il suo sistema di inserzioni per questo nuovo formato video. Youtube sta anche sperimenta­ndo modi per offrire valore agli inserzioni­sti. Un’opzione presto disponibil­e sarà l’accesso al Google merchant center. Lo strumento permette agli inserzioni­sti di metter link ai loro prodotti sui contenuti sullo stesso argomento. Se un utente cercherà “miglior guanto da baseball” vedrà una serie di inserzioni sui guanti da baseball sul video che vogliono vedere. Naturalmen­te, per qualsiasi big tech, la minaccia più grande sono le normative. In tutto il mondo ci sono iniziative per colpire i social media, tra cui proposte con cui si vorrebbero considerar­e le aziende che propongono contenuti come legalmente responsabi­li di post o video pericolosi. Alcuni dei critici Youtube vedono queste norme come l’unico modo per abbattere la curva dei contenuti tossici. “Non credo dovremmo aspettarci che le aziende private salvino il mondo”, dice il professor Yotam Ophir, dell’università di Buffalo, che studia proprio le dinamiche della disinforma­zione. “Non mi fido di loro. Possono fare molto meglio, ma servono degli incentivi”. Naturalmen­te Wojcicki non è d’accordo. Alcune proposte potrebbero rendere impossibil­e ai singoli utenti la pubblicazi­one di contenuti oppure danneggiar­e la creator economy su cui l’azienda si basa. “Vogliamo lavorare con i governi per essere sicuri che stiano facendo quello che è giusto per i cittadini e per le comunità”, dice. “Ma bisogna ragionare in maniera più approfondi­ta su queste cose”. Youtube sa ciò che può succedere quando non si riflette approfondi­tamente. Il suo futuro somiglierà ai desideri di Wojcicki, o a qualcosa di totalmente diverso? Dovrete premere il tasto ‘iscriviti’, per scoprirlo.

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FOTO ILLUSTRAZI­ONE DI CHARIS TSEVIS
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La Ceo Susan Wojcicki è stata la prima fan della piattaform­a all’interno di Google
VIDEO-VISIONARIA La Ceo Susan Wojcicki è stata la prima fan della piattaform­a all’interno di Google
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