Le nuove sfide di Cisco.
Il Ceo Chuck Robbins in Europa per spiegarle
TRA HARDWARE E SOFTWARE, CISCO HA TOCCATO CON MANO I TANTI ASPETTI DELL’IMPATTO DELLA PANDEMIA SUL BUSINESS E SUL MONDO DEL TECH, INCLUSA LA CRISI DEI MICROCHIP. IL CEO CHUCK ROBBINS RACCONTA COME QUESTO IMPATTO STIA CAMBIANDO ANCHE LE PERSONE. DA CHI PRENDE DECISIONI A CHI, ANCHE DA CASA, DEVE POTERLE ESEGUIRE
LA RIUNIONE, OVVIAMENTE, è via Webex. Il luogo, per tutti i partecipanti, è l’europa: quattro giornalisti dall’italia (Fabio Insenga, il direttore di Fortune Italia), dalla Germania (Handelsblatt) dalla Francia (Le Figaro), dalla Spagna (El Español), il Senior vice president dell’area Emear di Cisco (Wendy Mars), e il Ceo, Chuck Robbins, collegato dal Ritz di Parigi, nel pieno del suo tour estivo europeo tra aziende clienti, fornitori e rappresentanti istituzionali. Praticamente, Robbins ha ricominciato da dove la pandemia l’aveva interrotto, visto che quando l’emergenza sanitaria si è aggravata, costringendolo a tornare negli Stati Uniti, il Ceo di Cisco era proprio impegnato nel suo ultimo tour europeo: “È stato fantastico tornare ad avere connessioni umane con le persone”, racconta ai giornalisti. L’argomento del meeting, così come quello del tour, è l’accelerazione digitale imposta dalla pandemia, una discussione che coinvolge necessariamente parecchi temi: il futuro del 5G, le competenze digitali delle persone, il lavoro da remoto,
la cybersecurity, la privacy. “Questa accelerazione digitale è senza precedenti per qualsiasi azienda, qualsiasi Paese. È semplicemente incredibile, è come se ci fosse stata una rivelazione, un risveglio, durante la pandemia. E tutti i Paesi pensano a come possano assicurare che questa accelerazione al contempo riduca le ineguaglianze e rispetti la privacy e i diritti individuali, la cybersecurity, la sostenibilità, l’educazione della forza lavoro. Ogni Paese ha le sue unicità, ma i macro temi sono comuni”, racconta Robbins. “Penso che la pandemia, oltre ad aver accelerato la trasformazione digitale, abbia anche accelerato la comprensione del fatto che la tecnologia sia cruciale per il nostro futuro”, dice il Ceo. “Paesi e aziende vogliono essere meglio preparate per quando il prossimo evento arriverà, e vogliono fare leva sulla tecnologia. Molti dei leader della politica e della finanza stanno usando questi strumenti per la prima volta, non erano esposti alla tecnologia e quindi non ne capivano il potenziale. Ora capiscono, e dicono ‘possiamo estendere i servizi sanitari in aree rurali grazie alla tecnologia in maniera molto efficace, e non avevo idea fosse possibile’”. Robbins sottolinea spesso il problema del digital divide: in un’epoca in cui una connessione internet è diventata una necessità, nel mondo ci sono ancora tre miliardi di persone che non hanno la possibilità di accedere al web. Per Cisco, dice Robbins, questo vuol dire cambiare il modo con cui si costruisce l’infrastruttura che sorregge la rete. Un obiettivo al quale la multinazionale americana ha dedicato la strategia unificata hardware-software ‘Internet for the future’, lanciata alla fine del 2019, che interviene sulla progettazione e la costruzione delle reti per renderle più efficienti, economiche e sicure.
RIVOLUZIONE 5G
Tra le tante rivoluzioni tecnologiche, ce n’è una di cui si è parlato meno, nell’ultimo anno e mezzo, ma che è in corso a tutti gli effetti: quella del 5G. La diffusione sui dispositivi mobili è iniziata in molti Paesi, ma sembra quasi che non si sappia ancora bene come utilizzare la tecnologia. “Anche nei Paesi in cui è stata avviata la diffusione dei dispositivi mobili ancora non c’è una grande possibilità di utilizzare il 5G. Qualsiasi applicativo attuale è utilizzabile ancora con il 4G”. Quello su cui bisogna spingere, quindi, sono gli “use case del 5G”. Farlo, “In Italia e in altre aree, avrà un valore inestimabile”.
Se si lasciano da parte i cellulari, i primi esempi di utilità del 5G già ci sono. “In Italia abbiamo parlato molto dell’opportunità di accelerare la tecnologia nell’agricoltura, e il 5G avrà sicuramente un grande ruolo in questo, se pensiamo all’aspetto della bassa latenza e del ridotto tempo di risposta nel passaggio di informazioni. Dati relativi all’equipaggiamento agricolo o al terreno, che permettono di lavorare in maniera più agile e veloce, rendendo l’agricoltura non solo più efficiente, ma anche più sostenibile. Il ‘manifacturing’ poi è uno dei primi consolidati use case del 5G e uno dei settori in cui può essere rivoluzionario. Penso che siamo a buon punto sugli use case industriali e del business, e penso che saranno molto più importanti, nella fase iniziale, della parte dedicata ai consumatori privati”. Naturalmente questo non vuol dire che non ci saranno use case su dispositivi mobili per il 5G, “basta ricordarsi l’esplosione di app che c’è stata quando il 4G è diventato diffuso. Semplicemente non sappiamo ancora quali innovazioni ci saranno”.
LA DIGITALIZZAZIONE E GLI STIMOLI ECONOMICI
L’innovazione tecnologica europea dei prossimi anni sarà strettamente legata all’utilizzo del Next generation Eu. “In realtà questo sta succedendo in tutto il mondo, ovunque ci sono stimoli economici in buona parte dedicati all’infrastruttura digitale. Anche negli Stati Uniti. In molti
Paesi i governi guardano al numero di data center emersi negli ultimi anni e a come si possano valorizzare, alla luce delle esigenze in termini di efficienza, di security e di sostenibilità”. E i data center portano il Ceo a parlare anche del cloud. “Questa transizione ad applicazioni cloud è un altro grande tema” dell’accelerazione digitale, come lo è la digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni. “I governi europei sono molto più decisi, ora, in termini di digitalizzazione”, dice Robbins, ricordando la diffusione delle piattaforme digitali per gestire le campagne vaccinali. Cisco, tra l’altro, è tra i partner tecnologici dell’iniziativa Gaia X per la costruzione di un ecosistema cloud federato europeo. Una parte importante del business di Cisco è dedicata proprio alla collaborazione con i governi (l’azienda la chiama Country digital acceleration strategy, attiva in 40 Paesi, Italia
compresa). “Ci sono molte aree in cui parteciperemo e aiuteremo. Daremo sostegno anche sul lato dell’educazione e delle digital skills dei dipendenti pubblici e privati ma anche dei cittadini che vogliono migliorare le loro abilità per poter trovare il prossimo lavoro o la prossima opportunità. Le discussioni che stiamo avendo indicano che ci sono molte opportunità per noi di poter aiutare in molti modi diversi. Anche sull’agenda green: la tecnologia può avere un grande ruolo su obiettivi sostenibilità”. Cisco, ricorda Robbins, ha raggiunto il 100% di energia rinnovabile in 8 Paesi europei, più gli Stati Uniti, e vuole ridurre le emissioni di gas serra Scope 1 e 2 del 60% nel prossimo anno fiscale, rispetto al 2007.
Il Ceo di Cisco insiste molto su un punto: al di là delle tecnologie a disposizione, bisogna concentrarsi sul lato umano dell’accelerazione digitale. “La prima cosa da fare è essere sicuri di avere la corretta ‘tech hygiene’, le corrette abitudini nell’uso delle tecnologie esistenti. Le persone di qualsiasi organizzazione devono conoscere gli strumenti che usano”. Molte delle minacce alla cybersecurity sono causate proprio da una scarsa ‘igiene’, dalla mancanza di tecnologia aggiornata, dall’avere dipendenti che “fanno la cosa sbagliata”. Le tecnologie per mettere al sicuro i sistemi ci sono, dice il Ceo. “Le minacce da ransomware, ad esempio, stanno aumentando, e noi continuiamo a migliorare la tecnologia per combatterle, ma ciò non toglie che addestrare le persone ed educare la forza lavoro sono le cose più importanti che possiamo fare”.
HYBRID WORK
Dire a tutti i propri i dipendenti di andare in ufficio è facile. Dire loro di restare a casa all’improvviso è stato complicato, ma comunque non impossibile. La parte complessa, secondo Robbins, arriva ora: conciliare il lavoro in ufficio con il lavoro da remoto, nella grande rivoluzione, su cui Cisco punta moltissimo, dell’hybrid Work. Questa rivoluzione non riguarda solo la tecnologia, ma anche la leadership, “gli strumenti per guidare i dipendenti anche in remoto, senza averli di fronte ogni giorno. E penso che un po’ come nella cybersecurity il problema sarà il lato umano”. Molti dei ‘tool’ dell’azienda americana ruotano intorno allo strumento di collaborazione che chiunque, soprattutto nell’ultimo anno e mezzo, ha usato almeno una volta per meeting e videochiamate: la piattaforma Webex. “La suite Webex per il futuro del lavoro ibrido è incentrata sul creare esperienze solide ma inclusive, perché il 98% dei meeting da adesso in poi saranno hybrid, con qualcuno presente e qualcuno da remoto. Storicamente queste riunioni sono esperienze terribili per le persone in remoto, dobbiamo essere certi di offrire loro esperienze molto più affidabili. Quindi abbiamo creato un’intera suite di possibilità per questo scopo. Pensiamo che leader di governo e Ceo capiscano il potere di questa tecnologia. Verrà usata in maniera più efficace. Avremo anche sempre più eventi virtuali, quindi sarà super importante lavorare su questi strumenti. Nei loro uffici, i nostri clienti installeranno nelle sale conferenze degli schermi ad alta definizione proprio per l’hybrid meeting experience. Questa per noi è un grande opportunità che ha richiesto molti investimenti nella tecnologia video. Stiamo anche vedendo una grossa crescita nel settore wi-fi, con le aziende che stanno provvedendo ad attrezzare i loro uffici in maniera adeguata con il wi-fi 6”. Il wi-fi 6, al pari del 5G, sarà una delle parole d’ordine dell’industria tecnologica dei prossimi anni: una volta installata una connessione stabile e veloce fino all’ufficio, bisogna assicurarsi che quella potenza non vada sprecata nel passaggio fino ai dispositivi dei dipendenti, compresi i nuovi schermi intelligenti per video conferenze di cui parla Robbins. “Tra unità video e wi-fi 6 c’è bisogno di una infrastruttura ‘switching’ tecnologi
ca di base particolarmente robusta per poter gestire tutto il traffico dati, quindi per noi c’è anche tutta un’area dedicata all’infrastruttura per uffici su cui lavorare”.
E al ritorno in ufficio si lega anche il tema della sicurezza dei dipendenti, dopo la pandemia. “Dovremo affrontare ancora a lungo la pandemia nonostante i vaccini, e quindi sarà importante avere la possibilità di far sentire le persone al sicuro negli uffici”. Magari proprio con tecnologie come le unità video pensate per le sale conferenze: “Hanno telecamere mobili, hanno dei sensori e la tecnologia di riconoscimento facciale con i quali si può capire il numero di persone in una stanza. Si possono programmare dicendo ‘questa conference room è approvata per 4 persone, questa per 6’, e poi la video unit può mandare alert se hai superato quel numero e può mandare messaggi a una centrale per avvisare che una data sala riunioni viene usata impropriamente, il che può far sentire le persone più al sicuro”. Con le tecnologie di wifi analytics poi si possono avere ancora più informazioni sull’interazione tra persone e luogo fisico, attraverso la piattaforma DNA Spaces di Cisco, che ha l’obiettivo non solo di rendere sicuri gli edifici dell’organizzazione, ma anche di aggiungere una suite che permette ai clienti di offrire ai visitatori più strumenti e applicazioni connesse all’esperienza wi-fi.
LA SFIDA DEL ‘MOBILE WORKER’
E infine, bisogna concentrarsi su chi in ufficio non c’è: “Dobbiamo affrontare il mobile worker”, dice Robbins. “Dobbiamo pensare all’home office come un piccolo ramo aziendale. Scherzo con i nostri clienti sul fatto che uno dei loro problemi più comuni lamentato dai lavoratori durante la pandemia è stato ‘mi dispiace, la mia connessione non sta funzionando’. Se ci sono problemi può essere colpa del loro wi-fi, effettivamente, possono esserci tutta una serie di problemi. Per questo abbiamo creato delle soluzioni che possono intervenire fino al laptop dei lavoratori e fare troubleshooting sull’intera infrastruttura. Abbiamo preso la nostra tecnologia client e Vpn e l’abbiamo incorporata con la suite per il lavoro a distanza, così che chi si trova a casa possa operare come un piccolo ramo d’azienda”.
COME È CAMBIATA LA LEADERSHIP
Tra 6 mesi, dice Robbins, “avremo capito molte più cose su come ritornare al lavoro, su come team e lavoratori si organizzeranno per andare in ufficio. Penso che la pandemia ci abbia portato a una comprensione molto più profonda delle situazioni personali dei nostri dipendenti. Adesso capiamo davvero i problemi che affrontano: bambini o genitori anziani da gestire, parenti malati, boss particolarmente severi. Oggi abbiamo una all-hands video call una volta al mese con i dipendenti Cisco. All’inizio della pandemia la facevamo ogni settimana, per restare loro vicini”. Queste nuove abitudini, dice Robbins, non spariranno. “La frequenza e la familiarità delle comunicazioni tra leader e dipendenti resteranno.
Voglio dire, se ci penso bene, solo un anno e mezzo fa era come se il mio team venisse a fare riunioni praticamente in casa mia”, dice Robbins riferendosi alle video conferenze di inizio pandemia. “È stato interessante come durante queste riunioni alcuni dicevano ‘guarda quel libro sulla libreria dietro Chuck, guarda quella foto, guarda quell’opera d’arte lì nell’angolo’. Attraverso uno schermo, è diventato tutto così informale e personale. A un certo punto, all’inizio della pandemia, uno dei nostri impiegati ha detto ‘siamo separati fisicamente come non lo siamo mai stati, ma sento che siamo più uniti, come azienda, di quanto fosse mai successo’. È chiaro che la leadership cambierà”, dice il Ceo. “Ci si aspetterà qualcosa di diverso, gli impiegati vorranno davvero conoscere i propri leader. Vogliono sapere chi sei, e cose che prima solitamente non si condividevano. Sono stato sempre aperto a questo, quindi non è stato un cambiamento drastico, per me. Ma sicuramente il cambiamento profondo c’è stato in termini di cosa si aspettano i dipendenti. Credo che un altro grande cambiamento, indipendente dalla pandemia, particolarmente negli Usa, sia stato quello relativo alla riemersione (non emersione, perché c’erano anche prima) dei problemi relativi alla giustizia sociale e alle disuguaglianze, che ha portato all’aspettativa che i Ceo siano attivamente coinvolti nel dibattito. Dieci anni fa, il mio compito era quello di guidare un’azienda. Altri dovevano parlare di quei problemi. Ora non è più così, e questo è un grosso cambiamento”, dice Robbins.