Il governo darà tutto il sostegno all’editoria
Intervista a Giuseppe Moles, sottosegretario a capo del dipartimento presso la presidenza del Consiglio. Dalla crisi del comparto all’importanza della digitalizzazione, fino alla “svolta epocale” della direttiva sul copyright. Senza escludere una riforma di sistema
IL GOVERNO È PRONTO a dare tutto il “sostegno necessario” al mondo dell’editoria, in preda a una crisi che data da lungo tempo ma che è stata ulteriormente acuita dalla pandemia. Tutti gli attori della filiera, però, “devono fare la loro parte” per un rilancio che non può prescindere dal necessario passaggio alla digitalizzazione. Giuseppe Moles, senatore di Forza Italia da marzo alla guida del dipartimento Informazione ed editoria dell’esecutivo Draghi, è però convinto che l’era della carta stampata non sia finita, soprattutto se riuscirà a puntare sulla qualità. Ritiene una “svolta epocale” il recepimento della direttiva Ue su copyright e diffusione di contenuti sul web e annuncia che, se avrà tempo, intende mettere in cantiere una importante riforma di sistema.
Nell’ultima relazione annuale dell’agcom è emersa con prepotenza la crisi della carta stampata, che non è riuscita a beneficiare nemmeno della maggiore richiesta di informazioni dovuta alla crisi pandemica, perché i cittadini hanno preferito cercare le notizie su internet. Recentemente una testata storica come la Gazzetta del Mezzogiorno ha dovuto sospendere le pubblicazioni. Dobbiamo rassegnarci a un mondo senza giornali?
Sappiamo bene che la crisi dell’editoria non nasce oggi, ma molto tempo fa anche se, certamente, l’emergenza economico-sanitaria legata a Covid ha accentuato i problemi. È ovvio che questo tipo di crisi non può che spingere tutti gli attori della filiera a reinventarsi e a cercare di trovare una serie di soluzioni per il rilancio. Noi non possiamo che accompagnarli in questo cammino, ma tutti devono fare la loro parte. Quando nacque la tv tutti dissero che la radio era morta, in realtà poi hanno trovato un modo per coesistere e, anzi, per creare un circuito virtuoso. La stessa cosa dovrebbe valere anche per online e carta stampata. Il problema non è tanto lo strumento attraverso cui ci si informa ma la qualità delle notizie. Noi comunque abbiamo fatto in modo tale che all’interno del decreto Sostegni bis ci fossero anche crediti di imposta per la carta, proprio per sostenere la stampa. Anche per le difficoltà subite durante il lockdown, inoltre, non solo sono intervenuto con il bonus una tantum per le edicole che ne hanno fatto richiesta, ma l’ho raddoppiato portandolo a mille euro. Sicuramente è poca cosa rispetto ai fatturati standard pre-pandemia, ma è anche un riconoscimento simbolico: non dimentichiamo che
le edicole che sono rimaste aperte, insieme ad esempio alle sedi delle forze di polizia, supermercati e farmacie, in quei giorni hanno svolto anche il ruolo di presidio territoriale e di integrazione sociale. Per quanto riguarda la Gazzetta del Mezzogiorno, sto seguendo la situazione con molta attenzione. Si tratta di un caso legato ad altre vicende che si sono purtroppo trascinate nel tempo e mi dispiace molto che si sia arrivati a questa sospensione. Spero, anzi, che i curatori fallimentari si adoperino prima possibile perché possa tornare in edicola.
Il settore dell’editoria nel suo complesso è in grande difficoltà. Molte sono le vertenze e gli stati di crisi delle aziende. Non tutti i suoi predecessori sono stati a favore di interventi a sostegno. Cosa ha invece fatto e cosa farà questo governo?
Appena arrivato al dipartimento ho pensato di agire su due binari. Il primo era quello del sostegno immediato, il più possibile, all’intera filiera - quindi non solo editori, cooperative o società editoriali, ma anche edicole e distributori - per far sì che il momento di crisi causato dalla pandemia venisse in qualche modo superato. Il secondo binario è quello del medio periodo che, se avrò modo e tempo, cercherò di portare avanti attraverso la collaborazione di tutti gli attori del sistema. Ho incontrato ciascuno singolarmente e da ognuno ho avuto una disponibilità a lavorare insieme perché evidentemente, almeno a giudicare da ciò che mi hanno detto, sono d’accordo che la situazione obblighi tutti a un cambio di passo. Per quanto riguarda il primo binario, nel decreto Sostegni bis abbiamo inserito tutta una serie di misure, quantificate in circa 160 mln tra risorse e crediti di imposta: oltre a
quelli già citati ci sono, per esempio, il credito di imposta fino al 30% per le distribuzioni, o quello per gli investimenti pubblicitari che è un elemento fondamentale per qualsiasi impresa editoriale e, ancora la forfettizzazione sulle rese pari al 95% rispetto all’80% ordinario. Mi ritengo soddisfatto di aver quasi triplicato, rispetto alle previsioni passate, l’intero pacchetto per il sistema editoriale. Ho poi voluto convocare immediatamente dopo la pausa estiva la prima riunione per il tavolo dell’equo compenso e ho chiesto a tutti di arrivare con una propria proposta per essere subito operativi.
Cosa prevede il Pnrr per il settore dell’editoria?
Io ho insistito molto affinché nella parte relativa alla digitalizzazione venisse aggiunta una frase per precisare che gli strumenti previsti in quel capitolo possono essere utilizzati da tutte le imprese della filiera. Questo rientra in ciò che dicevo all’inizio: bisogna cercare di riuscire ad accompagnare il settore nel nuovo mondo editoriale attraverso una serie di strumenti che possano aiutare il rilancio, fermo restando ovviamente il grande riguardo per i livelli occupazionali. Penso a strumenti relativi sia ai software sia agli hardware, ma il tutto può essere utile anche per far sì che le edicole diventino un punto di servizio per il cittadino e questo lo possiamo fare solo attraverso la digitalizzazione, come, per esempio, per il rilascio di certificati. È un sistema molto complesso ma se ognuno degli attori fa un passo di lato, si può fare qualcosa di veramente utile, tanto da poter pensare anche a un nuova idea del sistema editoriale italiano. La digitalizzazione aiuta nell’immediato una informazione corrente ma non lascia impresso un titolo, nello stesso tempo gli editori devono ammodernare il modo di pensare l’informazione perché non esiste più il vecchio e il nuovo ma un unico contenitore con funzioni differenti. È fondamentale ripensare il settore non con interventi spot ma attraverso un progetto organico. Con il mio dipartimento voglio avviare su questo una serie di incontri per un feedback costante sulle possibili evoluzioni del comparto, e credo possa essere un momento di grande stimolo per tutti.
Prima della pausa estiva il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema di decreto legislativo che recepisce la direttiva Ue sul copyright e internet. Lei ha parlato di svolta epocale. Ci spiega perché?
Credo sia un primo passo ma fondamentale anche per l’intera filiera del sistema editoriale italiano. Abbiamo fatto in modo tale che si affermasse un principio, e cioè che le imprese editoriali devono ricevere un equo compenso per gli articoli di carattere giornalistico che vengono diffusi via web. Questo anche per ovviare a questi sistemi basati su algoritmi e indicizzazione. Abbiamo cercato di mantenere un equilibrio tra i vari soggetti, perché ovviamente gli interessi dei giganti del web sono diversi da quelli di chi produce informazione, i quali hanno diritto a vedere riconosciuta la qualità del loro prodotto. Per questo, noi abbiamo inserito l’obbligo di negoziazione
“TUTTI GLI ATTORI DELLA FILIERA DEVONO REINVENTARSI E CERCARE SOLUZIONI PER IL RILANCIO. NOI LI ACCOMPAGNEREMO IN QUESTO CAMMINO”
- non di contrattazione – il che vuol dire che tutti i soggetti interessati devono sedersi intorno a un tavolo e trovare insieme – e soprattutto con l’obbligo della buona fede – il valore che deve essere attribuito agli articoli.
Cosa risponde a chi invece la considera una legge bavaglio?
Chi definisce questa direttiva un bavaglio per internet non ha rispetto per il mercato. La libertà di mercato e la concorrenza non si hanno se c’è monopolio, è molto semplice.
Nel momento in cui attraverso una serie di escamotage si determina un monopolio, non c’è più libertà, non c’è più la possibilità per chiunque di scegliere come veicolare i propri contenuti, per esempio. Io credo che con il ministro Franceschini e con gli altri dicasteri abbiamo fatto un buon lavoro, tra l’altro con un consenso unanime nella compagine governativa. Ritengo che il risultato sia giusto ed equilibrato e, soprattutto, che sia stata garantita la libertà contrattuale. Sono forse presuntuoso, ma penso sia un testo importante e che potrebbe essere addirittura portabandiera per altri Paesi.
Una delle spade di Damocle che pesano sul mondo dell’informazione è il rischio default della cassa previdenziale dei giornalisti, l’inpgi. Cosa sta facendo il governo per risolvere questa annosa questione?
Come previsto dall’ultimo decreto è stata stabilita la creazione di un comitato tecnico proprio presso il dipartimento per l’editoria. Noi lo ospitiamo, perché la delega su questa questione è del ministro del Lavoro; ma anche in questo caso, ho già voluto che ci fosse una convocazione ai primi di settembre. È una situazione che questo governo ha ereditato, che si è trascinata a lungo nel tempo. Credo sia arrivato il momento di studiare tutte le possibili soluzioni, da chiunque arrivino, per far sì che venga tutelato il diritto di tutti gli iscritti a ricevere ciò che gli spetta.
Compreso un assorbimento nell’inps?
Questo comitato è lo strumento giusto per esaminare tecnicamente qualsiasi soluzione utile per trasformare o salvare l’ente dal default; noi siamo pronti a fare la nostra parte e qualche nostra ipotesi tecnica verrà da noi sottoposta a chi ne ha la responsabilità.
Parliamo di politica. Come braccio destro di Antonio Martino lei ha assistito in prima persona alla nascita di Forza Italia. Cosa ne pensa della proposta di partito unico del centrodestra lanciata da Silvio Berlusconi?
È un progetto che a me piace. Io ho apprezzato sin dall’inizio anche l’idea di creare il Pdl. L’idea era splendida, purtroppo la realizzazione meno. Fu fatta a freddo, in maniera un po’ affrettata e non ha funzionato, anche a causa di una serie di personalismi. Un partito unico del centrodestra sarebbe la realizzazione di quel bipolarismo che in Italia si è praticato a parole ma non è stato mai realizzato nei fatti. Non significa, come alcuni dicono, disperdere il proprio patrimonio politico, anzi sarebbe il modo migliore per stemperare gli eccessi e amalgamare una serie di ideali che ci accomunano. Ma ritengo che a questo punto, non possa che nascere dal basso. E cioè, come dice Berlusconi, partendo intanto da un raccordo dei gruppi parlamentari.
Lei fa parte di un governo di larga coalizione con a capo un presidente del Consiglio ‘tecnico’. Ritiene che il contributo di Mario Draghi alla politica possa andare oltre il 2023?
Per come ho imparato a conoscere il presidente Draghi, ho l’impressione che non sia persona da lasciare le cose a metà. Credo, e spero, voglia portare a termine un compito che sta svolgendo benissimo.