Ferrovie, la sfida della manutenzione
Anceferr, l’associazione nazionale dei costruttori edili ferroviari accreditati presso Rfi, ne rivendica il ruolo cruciale e denuncia gli ostacoli da aggirare
STAVOLTA, E PER LA PRIMA VOLTA da molti anni, le risorse non sono il problema. Con parole più crude, e chiare, non sono i soldi che mancano per ridare lustro al treno e spostare entro il 2050 quote consistenti di passeggeri e merci dalla strada alla ferrovia, il mezzo di trasporto più green e ambientalmente sostenibile. Non a caso il Next generation Eu vincola gli investimenti infrastrutturali dei Paesi membri proprio al rilancio della strada ferrata, alla costruzione di nuovi chilometri di linee ferroviarie ad alta velocità e all’ammodernamento e all’adeguamento delle linee regionali e delle stazioni. Come e forse più dei nuovi binari - ai quali il Piano nazionale di ripresa e resilienza e il Fondo complementare destinano ben 25 mld per completare la rete AV, in particolare nel Sud Italia - ruolo cruciale e indifferibile assumono le manutenzioni, straordinarie e ordinarie, del patrimonio esistente, degli oltre 16mila chilometri di rete realizzati nel tempo. E come per le strade, mettere in sicurezza ponti, viadotti e gallerie ferroviarie e rendere più efficiente e veloce la gestione del traffico è una priorità, già dichiarata nel 2016 dall’allora ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, nella definizione del contratto di programma con Rete ferroviaria italiana (Rfi), la società di gestione dell’infrastruttura che fa capo a Ferrovie dello Stato italiane. Che è, per inciso, la principale stazione appaltante di lavori pubblici in Italia da cui dipende – pro-quota – il successo del Pnrr.
Agli investimenti nelle manutenzioni e nelle stazioni, oltre che alla costruzione delle nuove linee, guardano le imprese di Anceferr, l’associazione nazionale dei costruttori edili ferroviari accreditati presso Rfi, che ha tenuto di recente la propria assemblea. “Da qui al 2030 sono disponibili oltre 40 mld per le ferrovie: chiediamo che le gare del Pnrr siano calibrate per favorire la partecipazione anche delle medie imprese, perché contribuiscano a vincere quella sfida che il presidente Mario Draghi dice che ‘non possiamo perdere’. Imprese come le nostre vogliono essere protagoniste”, ha rivendicato nella relazione d’apertura il presidente Vito Miceli, citando i tremila addetti e gli 1,8 mld di fatturato.
“Nelle costruzioni in Italia il 96% delle aziende fattura meno di un milione di euro ed ha meno di 5 dipendenti, le nostre associate si collocano tutte nel
restante 4%. Per realizzare infrastrutture di qualità servono imprese di qualità e sostenibili, imprese che rispettano il lavoro e promuovono la sicurezza”, ha aggiunto Miceli con orgoglio. E al ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, che nel suo saluto aveva sollecitato il mondo delle imprese “a decidere se stare in retroguardia o sulla frontiera positiva del cambiamento e della sostenibilità ambientale”, ha risposto presente: “Saremo sulla frontiera dell’innovazione e dei diritti, per un’infrastruttura ferroviaria sicura e sostenibile”. Se i soldi non sono più il problema, restano gli altri ostacoli, elencati dal presidente di Anceferr: la Pubblica amministrazione da riformare, le semplificazioni da introdurre davvero e in via permanente e non solo per le opere del Pnrr e fino al 2026, gli stanziamenti strutturali annuali da destinare alla manutenzione, al recupero funzionale e alla messa in sicurezza delle opere civili, con particolare riguardo alla sede ferroviaria, al rafforzamento dei ponti e al consolidamento e adeguamento delle gallerie, con obbligo di spesa nell’anno nell’esercizio. Infine, il ‘caro materiali’ che affligge questi primi mesi di ripartenza delle costruzioni dopo lo stop imposto dal Covid mettendo a repentaglio imprese e crescita. Appello che il ministro Giovannini ha prontamente raccolto, inserendo con un emendamento nel decreto Sostegni bis un meccanismo di compensazione a favore delle aziende appaltatrici di opere pubbliche.
Molte delle valutazioni di Anceferr sono state condivise da Gabriele Buia, presidente dell’ance, l’associazione dei costruttori di Confindustria: “Semplificare è fondamentale, le procedure vanno snellite a monte, garantendo trasparenza e legalità, non possiamo permetterci di sbagliare.
E di continuare a cambiare il Codice degli appalti, che ha subito oltre 500 modifiche. Al legislatore diciamo: date lavoro ma imponete una qualificazione seria delle imprese, che favorisca la loro evoluzione qualitativa. A settembre l’ance discuterà una sua proposta di qualificazione, un sistema unico per chi partecipa alle gare pubbliche e non come ora requisiti definiti gara per gara”. In apertura Miceli si era detto contento che dai capitolati fosse stato stralciato il massimo ribasso: “Va definitivamente archiviato. La competizione deve essere affidata alla affidabilità, alla parte tecnica. Noi proponiamo che la parte economica pesi al massimo per il 10% del punteggio. La ripresa non deve basarsi sul lavoro a qualsiasi costo”.
Anche Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea, il sindacato degli edili della Cgil, è intervenuto sulla stessa lunghezza d’onda: “Dopo la riscrittura nel 2016 del Codice degli appalti anziché varare i provvedimenti attuativi abbiamo continuato a riscrivere le norme. Dobbiamo scommettere sulla ‘cura del ferro’, le nuove opere che il Pnrr accelera ma soprattutto la manutenzione di infrastrutture vecchie e obsolete: Rfi deve diventare strumento della qualificazione industriale delle imprese perché quel 4% che rappresenta la parte migliore dell’imprenditoria di settore, salga al 6%, al 7%”.
Eppure, i soldi possono essere di nuovo il problema, almeno per Rfi. Non la loro scarsità, ma la dovizia coniugata con i tempi strettissimi nei quali vanno spesi, oggi la principale sfida che attende Rete ferroviaria italiana. Con le parole dell’amministratore delegato, Vera Fiorani: “Piano di investimenti e contratto di programma ci assegnano 150 mld, di cui 75 per attività già in corso. Ci aspetta una mole di lavoro incredibile: in due anni, nel 2023, dobbiamo raddoppiare la produzione annua, da 4,6-4,7 mld di investimenti l’anno a 9 mld, quindi essere molto più veloci nell’assegnare gli appalti e utilizzare al meglio i superpoteri affidati ai commissari per i 31 progetti di cui sono responsabili”.
“Per voi – ha sottolineato l’ad rivolgendosi alla platea di imprenditori – si apre uno spazio enorme per lavorare, vi ingaggeremo insieme agli altri appaltatori traducendo le norme in atti concreti. Con grande attenzione alla sostenibilità sociale: a settembre lanceremo un progetto sperimentale per la sicurezza dei lavoratori. Chiederemo alle associazioni di aderire in modo volontario, con l’obiettivo di arrivare a un sistema di rating che premi le imprese virtuose”.