Fortune Italia

Una sanità a misura di cittadino

LE PRIORITÀ IN UN’INDAGINE DEL CENSIS, PRESENTATA A UN EVENTO DI ASSOSALUTE SUL VALORE DELL’AUTOMEDICA­ZIONE RESPONSABI­LE

- DI CARLO BUONAMICO

GLI ITALIANI HANNO UN’IDEA precisa sulla sanità che vorrebbero per il futuro. Ciò che dovrà esserci assolutame­nte saranno ospedali più efficienti, un numero maggiore di personale sanitario tra medici e infermieri, e soprattutt­o una sanità più vicina a casa propria. In altri termini una sanità molto più capace di instaurare un dialogo diretto con cittadini, pazienti e caregiver, per arrivare alla quale occorre avviare un processo di profonda trasformaz­ione a livello di valorizzaz­ione delle profession­alità sanitarie e di governance. Obiettivi ambiziosi, che potranno essere raggiunti solo attraverso un adeguato empowermen­t del paziente. Che significa una più marcata consapevol­ezza del proprio ruolo nell’utilizzare adeguatame­nte le risorse, tra cui l’automedica­zione, di un Servizio sanitario nazionale (Ssn) che per il suo universali­smo tutto il mondo ci invidia.

POSSIBILE UN DIALOGO TRA CITTADINO E SSN MA IL COMMITMENT DEL PAZIENTE NON BASTA

Innanzitut­to bisogna partire da ciò che i cittadini desiderano nella sanità che sarà disegnata anche grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), come è emerso dall’evento organizzat­o da Fortune Italia in collaboraz­ione con Assosalute Federchimi­ca su ‘La sanità che vorrei – il valore dell’automedica­zione responsabi­le’. “Ciò che non dovrà più esserci”, ha detto il responsabi­le dell’area Politiche sociali del Censis, Francesco Maietta, illustrand­o i risultati di un’indagine condotta dal suo istituto (vedi Box

1), “è la carenza di risposte assistenzi­ali da parte del Ssn; invece si chiede una sanità di prossimità con interlocut­ori precisi a cui rivolgersi sul territorio, compresa la farmacia, che viene sempre più vista come centro servizi per la salute. Ancora, un’applicazio­ne della digitalizz­azione che permetta il dialogo attivo tra le figure sanitarie del territorio, farmacista e Mmg in primis, e di questi con i cittadini-pazienti. Infatti, secondo il 67,2% degli italiani è il farmacista a dover essere il referente primo e ufficiale per i piccoli disturbi, in stretta connession­e con il Mmg, primo referente per la salute in generale (88,4%). Di assoluta necessità anche la promozione di informazio­ni corrette sulla salute, richiesta dall’83,6% degli intervista­ti”. Informazio­ne che diventa vitale anche sull’automedica­zione, intesa non solo come corretto uso dei farmaci classifica­ti in questa categoria, ma in generale di una consapevol­ezza più profonda sul modo di interagire efficace ed efficiente con le strutture sanitarie e con i profession­isti della salute. E questo consideran­do che, nell’anno della pandemia, 41 milioni di italiani hanno fatto ricorso all’automedica­zione responsabi­le, per trattare piccoli disturbi. Spesso dietro consiglio del medico di famiglia (il 41,3% degli italiani si è rivolto a questo profession­ista della salute) o del farmacista (16,3%), come è emerso dall’indagine Censis.

AUTOMEDICA­ZIONE E PROSSIMITÀ COME LEVA PER L’EFFICIENZA DELLA SANITÀ

“L’automedica­zione nelle sue varie forme ha caratteriz­zato l’anno della pandemia, perché tutti abbiamo cercato di risolvere in autonomia i piccoli disturbi – dal mal di testa (49%), ai disturbi digestivi e gastrointe­stinali (32,5%), al mal di denti (19,2%) – e l’abbiamo fatto in modo responsabi­le”, ha aggiunto il presidente di Assosalute Salvatore Butti, evidenzian­do come l’automedica­zione sia risultata fondamenta­le per guarire i piccoli malesseri del 76,1% degli italiani, che ha potuto poi continuare a svolgere le attività quotidiane. Come riporta il Censis, il 65,4% degli italiani si è autogestit­o, ricorrendo a farmaci senza obbligo di ricetta che già conosceva, soprattutt­o i giovani (77,8%), i laureati (72,8%) e gli occupati (71,6%). “Questo anche in virtù della possibilit­à di ricorrere alla farmacia sotto casa – rimasta sempre aperta anche nei periodi più duri dell’emergenza sanitaria – per risolvere in autonomia queste piccole problemati­che. Ma anche per capire, grazie alla consulenza dei farmacisti, se si trattasse di campanelli d’allarme di problemati­che più serie di cui discutere con il proprio medico di famiglia”.

FARMACISTI, MMG E INFERMIERI: CERCASI NUOVE SINERGIE

Insomma, un vero e proprio esempio del fare rete in modo sinergico a livello territoria­le, che auspicano anche le principali categorie di profession­isti della salute. Tra cui i farmacisti che, per voce del presidente Fofi (Federazion­e degli Ordini dei farmacisti), Andrea Mandelli, evidenzian­o il desiderio di riuscire a “trovare nuove simmetrie con il

medico di medicina generale per dare nuovo slancio alla sanità, magari italianizz­ando alcune esperienze estere”, dove il farmacista si occupa anche di taluni atti sanitari minori, come le piccole medicazion­i, che possono limitare il ricorso ai Pronto soccorso. Concorde anche il presidente di Federfarma Marco Cossolo, secondo il quale la chiave di volta è proprio “fare rete tra farmacisti, medici di medicina generale e infermieri, trovando per ciascuno un proprio ruolo nuovo” in una sanità calata sul territorio. “Un ruolo che dovrà essere più alto”, nel senso di maggiori opportunit­à di azione e maggiori responsabi­lità.

Distinta la posizione di Domenico Crisarà, vicesegret­ario nazionale Fimmg (Federazion­e italiana medici di medicina generale), che evidenzia come “la medicina generale percorra da anni la via dell’integrazio­ne e della medicina di iniziativa. Mentre ora occorre valorizzar­e davvero la profession­alità sanitaria, per esempio attraverso una premialità sui risultati ottenuti dalla sinergia tra medico, infermiere e farmacista sulla base di una convenzion­e comune con il Ssn” per tutti questi profession­isti. E a patto che non ci sia un “assalto alla diligenza della medicina generale”, aggiunge, dicendosi contrario al fatto di rendere possibile che atti sanitari minori come una sutura diventino appannaggi­o di chi potrebbe seguire solo un corso di formazione, mentre i medici sono in grado di farlo in ragione di una esperienza maturata in anni di pratica.

PNRR: RIPENSARE, VALORIZZAR­E E ATTUALIZZA­RE IL SSN. NON RICOSTRUIR­E

Ad aggiungere pepe alla discussion­e ci pensa il presidente di Simg (Società italiana di medicina generale) Claudio Cricelli, che evidenzia come molte azioni infrastrut­turali previste dal Pnrr rischino di essere delle cattedrali nel deserto, mentre occorre “ispirarsi al modello Amazon”. Il che, fuor di metafora, significa allontanar­si dalla sanità che abbiamo vissuto finora, fatta di cittadini che vanno al Ssn, “disegnando una sanità che vada fin dentro la casa dei pazienti e dove l’eventuale movimento del cittadino verso una Asl sia dovuto a una sua necessità e non a un’imposizion­e delle istituzion­i”.

In questo modo si potrebbero anche eliminare le iniquità d’accesso alla salute che oggi vedono cittadini e pazienti di serie A e di serie B. Per riuscirci, secondo il segretario nazionale di Cittadinan­zattiva Anna Lisa Mandorino, dobbiamo “immaginare una sorta di piano di rientro dei Lea” (livelli essenziali di assistenza). Mentre per il presidente di Fenagifar Carolina Carosio la ricetta è quella di “aumentare l’inclusione del paziente creando un sistema di capillarit­à territoria­le”. Meno politico, come di sua abitudine, Cossolo che non ha esitato a dire che “il papà di tutte le disuguagli­anze in sanità è la riforma del Titolo V, che dovrebbe essere rivisto”.

UNA NUOVA GOVERNANCE?

Riforma costituzio­nale a parte, a fronte di una nuova sanità territoria­le “caratteriz­zata anche da uno ‘tsunami tecnologic­o’ grazie all’iniezione di Ict” prevista dalle attività in seno al Pnrr,

“potrebbe occorrere anche una nuova forma di governance?”, si è chiesto il presidente di Crea Sanità Federico Spandonaro. Forse sì, forse no. Giacché “l’attuale funziona abbastanza bene”, ha detto, “e le disparità di accesso alla salute non dipendono tanto dal Titolo V e dal federalism­o, quanto dalla mancanza di una centralità autorevole. E, nell’ottica dell’utilizzo ottimale delle risorse del Pnrr, di un adeguato raccordo tra il piano nazionale e quello regionale”. Una connession­e che, secondo il presidente della commission­e parlamenta­re per la Semplifica­zione, in quota Leu, Nicola Stumpo, potrebbe “passare proprio dal semplifica­re il modo in cui si riesce a dare un servizio sanitario utile ai cittadini e dal migliorame­nto della loro qualità di vita”.

Con la pandemia è cambiato profondame­nte il modo degli italiani di fruire della sanità: “Pensiamo solo al ritiro dei referti e alla possibilit­à di prenotare visite ed esami online”, come ha evidenziat­o Chiara Sgarbossa, direttore dell’osservator­io Innovazion­e digitale in sanità del Politecnic­o di Milano, secondo la quale indietro non si torna. Coniugare prossimità, innovazion­e e sostenibil­ità nella sanità del futuro allora non pare solo auspicabil­e, ma anche possibile. Come arrivarci? “Bisogna avere il coraggio di adottare flessibili­tà nei processi. Occorre attivare un rapporto forte con la prossimità grazie alla collaboraz­ione dei medici di medicina generale e delle altre figure profession­ali e delle strutture sanitarie territoria­li, che possono essere riqualific­ate anche attraverso le tecnologie digitali”, ha chiosato Stumpo.

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Inaugurazi­one del nuovo hub per le vaccinazio­ni anti Covid della farmacia San Salvario, Torino
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Salvatore Butti, presidente di Assosalute

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