La scienza è sempre più donna
“OGGI ABBIAMO DAVVERO L’OPPORTUNITÀ DI INNOVARE NEL MONDO DELLA RICERCA E DELLA SALUTE“. INTERVISTA A LOREDANA BERGAMINI, DIRETTORE MEDICO DI JANSSEN ITALIA, CHE SPIEGA PERCHÉ SCEGLIERE UNA CARRIERA NEL SETTORE
LA SCIENZA È VITA. Ma soprattutto, in questi anni, è sempre più donna. E siccome l’innovazione è scienza, anche l’innovazione è donna. “Oggi abbiamo davvero l’opportunità di innovare nel mondo della ricerca e della salute”. A delineare una ‘chiamata alle armi’ declinata al femminile è il direttore medico di Janssen Italia, Loredana Bergamini, che analizza il futuro della ricerca e del pharma alla luce della pandemia da Covid-19.
Un’emergenza che è arrivata come uno tsunami. In che modo Janssen Italia ha reagito alla pandemia da Covid-19? Come siete riusciti a tutelare dipendenti e produzione, senza fermare la ricerca, in questi difficilissimi mesi?
Essere un’azienda farmaceutica ci ha richiesto di vivere la pandemia con un grande senso di responsabilità. Fin dall’inizio ci siamo concentrati su tre aree principali: la tutela della produzione, per garantire la disponibilità dei farmaci ai pazienti. La continuità della ricerca - sul vaccino ma anche su altre aree terapeutiche - per rispondere alle aspettative di salute dei pazienti. Infine garantire l’accesso alla terapia in una fase unica e drammatica, in cui il contatto con i centri specialistici era molto complicato. Da qui l’idea di portare le terapie a casa del paziente: abbiamo attivato a livello nazionale il progetto ‘Janssen a casa tua’, che ha raggiunto i pazienti di 11 regioni italiane, consentendo la consegna domiciliare dei farmaci a coloro, particolarmente fragili, che ne avevano bisogno. Una scelta molto apprezzata, che ha tutelato la continuità terapeutica, consentendo alle persone di non esporsi a rischi legati a Covid-19. Non solo: la maggior parte dei nostri collaboratori di ufficio sono stati invitati a lavorare da remoto, una pratica - quella dello smart working - che da anni Janssen mette a disposizione delle proprie persone. Per i lavoratori impegnati negli stabilimenti produttivi come quello di Latina, abbiamo adottato soluzioni che permettessero loro di continuare a operare in sicurezza, seguendo standard di protezione maggiori rispetto a quelli richiesti dalle autorità nazionali e locali.
A che punto è, secondo lei, la pandemia e come sarà il nostro autunno?
Le nostre istituzioni stanno lavorando per assicurare il controllo dell’evoluzione della pandemia, in particolare attraverso una campagna vaccinale che, voglio sottolinearlo, è fondamentale. Ma anche attraverso il monitoraggio delle varianti: un altro aspetto cruciale per affrontare preparati l’autunno. Noi non abbasseremo la guardia, consapevoli che nessuno sarà al sicuro finché non lo saremo tutti.
Voi siete fra i produttori dei 4 vaccini attualmente in uso in Italia, anche se pare che per il futuro il nostro Paese punterà sui prodotti a mrna. Cosa ne pensa?
Credo che ci sia bisogno di tutti i vaccini: ognuno ha particolari caratteristiche. Per quanto ci riguarda, da gennaio 2020 ci siamo impegnati nello sviluppo di un vaccino a dose singola, che non richiedesse una conservazione complessa: ciò lo rende particolarmente utile in una situazione come quella pandemica. Gli ultimi dati ci hanno mostrato che il nostro vaccino è efficace contro la variante Delta, un aspetto importante e che ci deve rassicurare. Inoltre, i dati ci dicono che la durata della risposta immunitaria persiste per almeno 8 mesi dopo una singola dose: questo deve farci ben sperare per il futuro. Per quanto riguarda le prossime fasi, la Commissione europea, per conto degli Stati membri, ha esercitato l’opzione per assicurare altri 36,7 milioni di dosi del nostro vaccino. L’utilizzo di tutti i vaccini sarà essenziale per mettere i Paesi nelle condizioni di affrontare al meglio l’autunno.
Non solo Covid-19: Janssen ha alle spalle una lunga storia di ricerca e innovazione che ha prodotto un impatto concreto sulla qualità e le aspettative di vita dei pazienti con tumore. Ci racconta qual è il vostro impegno in questo settore della ricerca e quali sono le novità in arrivo?
Basiamo la nostra crescita sulla ricerca e sull’innovazione, e l’oncologia rappresenta il 50% del nostro impegno, sia contro i tumori del sangue che quelli solidi. Nell’ematologia siamo impegnati, tra l’altro, contro il mieloma multiplo, la leucemia linfatica cronica, il linfoma mantellare e la leucemia mieloide acuta. Mentre per quanto riguarda i tumori solidi siamo impegnati in uro-oncologia contro il cancro della prostata e della vescica, e nel tumore del polmone. L’obiettivo è quello di mettere a disposizione del medico un portafoglio sempre più ampio di soluzioni terapeutiche che gli consentano di combattere la malattia al meglio, a seconda della fase in cui si trova. Siamo fortemente impegnati anche nell’oncologia di precisione, che individua a priori i pazienti che potranno beneficiare o meno di determinate terapie in base all’espressione di particolari biomarcatori. La nostra mission in quest’area terapeutica è rendere il tumore una condizione sempre più gestibile, con maggiori prospettive di cura, migliorando quindi la qualità e le aspettative di vita dei pazienti. Sono proprio i pazienti che stanno aspettando il pensiero da cui nasce ogni nostra azione e la missione di Janssen.
Terapie avanzate, Car-t, terapie digitali e cellulari: in che direzione sta andando la ricerca?
Sempre di più verso nuove frontiere. Siamo impegnati con le Car-t, nuove terapie che agiscono sul sistema immunitario del paziente, rendendolo in grado di riconoscere e distruggere le cellule tumorali. Si tratta di terapie geniche: i linfociti T del paziente vengono re-ingegnerizzati in laboratorio e poi re-infusi, potenziando così le difese immunitarie del paziente. Si tratta di un mondo affascinante. Janssen adotta un modello di open innovation, affiancando la ricerca esterna a quella interna e avviando collaborazioni con partner specializzati. Al recente meeting dell’asco sono stati presentati dati davvero interessanti sulle nostre Car-t contro il mieloma multiplo recidivante, per le quali ad aprile 2021 abbiamo chiesto all’ema (Agenzia europea dei medicinali) l’autorizzazione all’immissione in commercio. Non finisce qui: stiamo lavorando anche su terapie come i bispecifici attualmente in corso di valutazione per il trattamento del mieloma multiplo recidivante o refrattario.
Tornando alle donne nella scienza, se dovesse dare un consiglio a una giovane che sta scegliendo cosa studiare in futuro, perché suggerirebbe di cimentarsi in questo settore?
Credo che le scienze della vita rappresentino una grande opportunità per tutti i giovani, ma in particolare per le donne. È un’esperienza bellissima lavorare nel mondo della scienza, della ricerca e della salute, perché la scienza è vita. Mi sono sempre appassionata a questo lavoro, che ti mostra come la scienza si traduca in anni di vita in più e in anni di qualità. Questo è l’elemento più motivante dal mio punto di vista. Le donne hanno una mente molto attenta ai bisogni dell’altro: proprio questo è stato alla base della mia motivazione, portandomi ad andare oltre le difficoltà incontrate lungo la via.
Quali sono le lezioni della pandemia da Covid-19 che faremmo bene a non dimenticare?
È emersa chiaramente l’importanza del dialogo e della collaborazione tra tutti gli attori dell’ecosistema salute: tra le istituzioni, le aziende farmaceutiche, i ricercatori, i clinici, in modo da assicurare rapidamente il passaggio delle terapie dal laboratorio ai pazienti. Dopo anni di difficoltà, credo che l’apertura al dialogo e la voglia di collaborare senza pregiudizi tra tutti questi attori dell’ecosistema per il bene delle persone siano tra le più importanti lezioni della pandemia. Lezioni da non dimenticare mai.