A prova di virus e batteri
IL SISTEMA ROBOTICO LIGHTSTRIKE È IMPIEGATO NELLA DISINFEZIONE AVANZATA DELLE SUPERFICI. A DISTRIBUIRLO IN ITALIA È IL GRUPPO AB MEDICA CHE OGGI SCOMMETTE SU ROBOTICA, TELEMEDICINA E NUOVE TECNOLOGIE
LA LUCE ULTRAVIOLETTA ad alta intensità viene prodotta dalle lampade flash allo xeno, un gas raro: questa è la chiave di un successo che “sgretola completamente l’rna di qualsiasi batterio o virus fin qui conosciuto, SARS-COV-2 compreso”. Stiamo parlando di Lightstrike, un sistema robotico impiegato nella disinfezione avanzata delle superfici e a raccontare questa tecnologia è Francesca Cerruti, Ceo di ab medica, la società italiana che ha ‘scoperto’ questo innovativo strumento di produzione americana, oggi utile nella lotta contro il Coronavirus. Era il 2016 e tutto ebbe inizio con un viaggio negli Stati Uniti, destinazione San Antonio, in Texas. “Guardiamo Oltreoceano sempre con estremo interesse e attenzione, soprattutto nel campo dei device medicali, anche se - spiega - i fondi europei come Horizon 2020 hanno fornito una grande spinta anche a tutto il Continente, sul fronte dell’innovazione, portando anche qui creatività, nuove idee e tanto fermento”. Fu durante quella trasferta negli States che Francesca scoprì la tecnologia di cui stiamo parlando, intuendone le potenzialità in ambito sia medico che civile. Lighstrike, infatti, è un’innovazione tecnologica che non si applica solo ed esclusivamente nell’ambito ospedaliero. “Si tratta di uno strumento che può essere utilizzato anche in altri spazi dove si possono verificare assembramenti, un termine con cui abbiamo imparato a familiarizzare in questa emergenza e
che, al contrario, ci riporta immediatamente al periodo pre-covid: penso ad aeroporti, hotel e alberghi e, ancora, spogliatoi in strutture sportive”. “Nel 2020, ad esempio, nel momento in cui è stato possibile accogliere turisti e visitatori, abbiamo applicato l’uso di Lighstrike anche nel settore del turismo: ci sono stati hotel che hanno scelto la nostra soluzione affinché in quel momento la struttura potesse diventare Covid-free”, racconta. Eppure, il tema della sanificazione - SARS-COV-2 a parte - è centrale. Il fenomeno da debellare con forza, infatti, è quello delle infezioni ospedaliere. È una piaga che riguarda non solo l’italia ma che, di certo, non vede il Paese in una buona posizione a livello internazionale. Con circa 530.000 casi l’anno, secondo il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, l’italia è uno degli Stati membri che maggiormente si distingue per la circolazione di microrganismi antibiotico-resistenti. Ed è in questa partita contro virus, batteri e altri agenti patogeni, che diventa fondamentale sanificare gli ambienti, ospedalieri e non solo. “Nel 2020 - racconta Francesca Cerruti - Lightstrike viene installato in 17 ospedali”. Non a caso, nonostante la crisi scatenata dall’emergenza in atto, se guardiamo ai numeri registrati, ab medica prosegue nel suo trend crescente: con un fatturato di 180 mln, composto per il 70% dalla distribuzione di tecnologie medicali e per il restante 30% da prodotti con marchio casalingo e relativa assistenza, l’azienda Cerruti cresce dell’1,5% rispetto all’anno precedente. Eppure, il core business di ab medica - società che
530mila
I CASI DI INFEZIONI AGLI L’ANNO ANTIBIOTICI RESISTENTI IN ITALIA
nasce negli anni Ottanta, per volontà di
Aldo Cerruti, papà di Francesca - rimane un altro: è quello della robotica. Nella storia dell’azienda, la svolta avviene a cavallo tra il 2009 e il 2010: è in quel periodo, infatti, che l’azienda, “dopo avere capitalizzato una certa esperienza nel campo dei device medicali”, decide di incrementare il valore delle proprie soluzioni acquisendo competenze sempre più ampie e trasversali. “È proprio in quegli anni - prosegue Francesca Cerruti - che abbiamo cominciato ad acquisire altre aziende e abbiamo preso la conformazione di un gruppo. Oggi ab medica Enterprise, con ab medica Spa capofila, conta 500 dipendenti di cui il 50% sono donne, 6 aziende stabilite in 5 Paesi europei”. Altra branca, altra storia, altri viaggi. Correva l’anno 1999 ed è sempre da uno dei viaggi negli States che arrivava un prodotto destinato a rivoluzionare la chirurgia ospedaliera. Parliamo di un robot: il suo nome è da Vinci ed è una tecnologia che, oggi, permette al chirurgo di operare manovrando il robot a distanza seduto a una console computerizzata posta all’interno della sala operatoria. Il tutto in maniera minimamente invasiva, più sicura ed efficiente. “Si tratta di uno strumento innovativo nato in California: un gruppo di ingegneri aveva, infatti, deciso di comprare un brevetto che, in realtà, era nato in ben altro ambito, ovvero per operare e salvare soldati in guerra, lasciando il medico lontano dai campi bellici”, racconta Francesca Cerruti. Ancora una volta - basta guardare indietro alla nascita di internet - la ricerca in ambito militare si dimostra particolarmente proficua. La storia si ripete.