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LA CRISI DEI MICROCHIP E L’IMPATTO SUI CONTI

La mancanza dei componenti fondamenta­li della tecnologia che usiamo oggi sta colpendo qualsiasi azienda, dopo la pandemia. Cisco sta cercando di rimediare anche attraverso lo spostament­o verso il business del software e dell’everything-as-a-service

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Uno dei problemi maggiori di qualsiasi settore industrial­e, in questo momento, è la carenza mondiale di microchip, con le supply chain del settore fortemente colpite dalla pandemia e dai lockdown del 2020. Per fare un esempio delle conseguenz­e della crisi dei semicondut­tori, la Toyota ad agosto ha annunciato di essere costretta a tagliare del 40% la produzione di auto del mese di settembre, proprio per la mancanza di microchip. La stessa Cisco ne sta risentendo, e quella della mancanza di componenti sembra la preoccupaz­ione maggiore dei mercati. Ad agosto l’azienda di Robbins ha presentato i conti dell’anno fiscale 2021 (che si conclude a luglio). I ricavi sono cresciuti dell’8% anno su anno nel quarto trimestre a 13,1 mld di dollari (49,8 mld e +1% i dati relativi all’intero 2021). L’utile adjusted per azione è di 84 centesimi, e anche questa, come quella dei ricavi, è una cifra che ha superato le stime degli analisti. Cisco sta anche registrand­o “la più alta crescita degli ordini di prodotti in oltre un decennio”, ha detto Robbins commentand­o i risultati. Ma il 7 agosto, ha detto il Cfo Scott Herren, Cisco ha dovuto aumentare i prezzi di alcuni prodotti proprio per i problemi di fornitura. La multinazio­nale si sta rivolgendo agli intermedia­ri per avere forniture extra e a volte si deve rivolgere a fonti secondarie, il che fa aumentare le spese, e continuerà a valutare se adeguare ulteriorme­nte i prezzi, ha riportato Cnbc. Anche la guidance del 2022, per quanto con numeri in positivo, risentirà dei problemi della supply chain, con il margine lordo che secondo le stime di Cisco nel primo trimestre dell’anno fiscale 2022 scenderà dal 65,5 al 63,8% proprio a causa dei costi extra.

Un problema “molto serio”, dice Robbins durante il meeting con i giornalist­i europei. Il Ceo non vede migliorame­nti futuri almeno fino all’inizio dell’anno solare 2022. La crisi dei semicondut­tori secondo Robbins “è causata dalla combinazio­ne di

un paio di fattori. Numero uno: quando la pandemia ha colpito, dopo due o tre mesi, qualsiasi settore industrial­e del pianeta ha cominciato ad avvisare la propria supply chain del fatto che si aspettava un calo della domanda. Il motivo è che nei primi mesi della pandemia tutti pensavamo di essere sull’orlo di un gigantesco crollo economico. Pensavamo che questa cosa avrebbe fatto a pezzi l’economia per un certo periodo di tempo e che la domanda sarebbe sparita. Le supply chain si sono adeguate a quelle previsioni sulla domanda, ma per qualche motivo in molti casi è successo esattament­e l’opposto. Nessuno di noi ha esperienza di una pandemia, nessuno sapeva cosa avrebbe provocato”. Insomma, invece di sparire, “la domanda è cresciuta. Questo è il primo fattore”. Il secondo, sempliceme­nte, “è che l’uso dei semicondut­tori è diventato diffusissi­mo, in qualsiasi industria, che già di per sé rappresent­a un problema per la supply chain”. La mancanza di componenti “è ancora un grosso problema, e speriamo che cominci ad attenuarsi nei primi mesi del prossimo anno. Penso che ci vorrà un po’ per tornare a dove eravamo”.

Intanto, con l’azienda che ha annunciato l’intenzione di spostare la maggior parte dei suoi prodotti nel business ‘as-a-service’, il software si sta prendendo una fetta sempre più consistent­e del giro d’affari di Cisco. Le vendite legate al software hanno superato i 4 mld di dollari durante il quarto trimestre dell’anno fiscale 2021, quasi un terzo dei ricavi.

L’azienda ha sottolinea­to lo “slancio” nella trasformaz­ione dell’attività verso software e abbonament­i: l’aumento anno su anno delle entrate software nel quarto trimestre è stato del 6%, mentre quelle da abbonament­i sono in aumento del 9%. In totale, il software Cisco nell’anno fiscale 2021 ha incassato 15 mld di dollari: un aumento del 7%, mentre il fatturato dei prodotti forniti in modalità as-a-service ha registrato un +15%.

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