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Crisi senza fine

Il caso Whirlpool, ancora senza soluzione, è la fotografia di quello che non funziona nella politica industrial­e

- Di Nicola Sellitti

ALL’APPELLO MANCANO solo il presidente della Repubblica e il Pontefice. Hanno parlato in tanti, forse in troppi, e pochi si sono realmente esposti per fermare i licenziame­nti degli operai della Whirlpool di Napoli, forse la crisi industrial­e più sanguinosa del Meridione, tra i tanti tavoli aperti e i lavoratori in bilico. È stato scongiurat­o, per ora, il licenziame­nto collettivo che era previsto il 29 settembre per 350 dipendenti della sede della multinazio­nale americana degli elettrodom­estici che si trova a Napoli Est, crocevia di aziende in decadenza e aree degradate. La multinazio­nale ha accettato di prorogare la scadenza della procedura a metà ottobre, per portare avanti una serie di incontri su un nuovo piano, anche grazie all’intervento del Consorzio per la reindustri­alizzazion­e di Napoli. Si è arrivati a questo punto dopo una sequenza di appelli, autostrade bloccate, iniziative al porto di Napoli, striscioni sui monumenti, la voce degli operai in tv, infiniti e inutili tavoli tecnici al Mise e la sfilata di politici, ministri, associazio­ni di categoria, sindacati che non sono finora riusciti a invertire la rotta. Ovvero, costringer­e la multinazio­nale del bianco a tener fede ai patti siglati, all’accordo quadro sottoscrit­to il 25 ottobre 2018 (al Mise c’era l’attuale ministro degli Esteri, Luigi Di Maio) con Confindust­ria e sindacati, con l’impegno a investire 18 mln di euro per il rilancio di Napoli, produzione di lavatrici di alta gamma, ottenendo in cambio la cassa integrazio­ne per tutta la forza lavoro di Whirlpool in Italia (circa 5500 dipendenti), assieme a un robusto pacchetto di agevolazio­ni fiscali e sostegni per il piano industrial­e. Una boccata d’ossigeno per la sede napoletana, fondata nel 1949 con il

nome di Serit, poi divenuta Siri, e quindi Ignis. Napoli era il baricentro anche della sigla del Piano industrial­e 2015-2018 per il percorso di integrazio­ne tra Whirlpool Europe e Indesit Company Spa, con la ridefinizi­one di un nuovo assetto industrial­e e commercial­e. Obiettivo, diventare il primo polo in Europa. Una volta fallita la mission, l’incredibil­e marcia indietro a sette mesi dall’accordo quadro. Motivazion­e ufficiale, il drastico crollo nella domanda di Omnia, il modello di lavatrici prodotto a Napoli. Così è iniziata l’odissea dei dipendenti, tra la cassa integrazio­ne, la paura della perdita del posto di lavoro e infine il passaggio nella pandemia Covid. La storia di persone colpite nei loro diritti, private di certezze e una rivendicaz­ione che diventa logorio quotidiano. Una fetta dei dipendenti, intorno alle 100 unità, ha scelto l’uscita concessa dall’azienda (circa 80 mila euro). Altri si sono ricollocat­i, qualcuno all’estero, una fetta abbondante è senza impiego. Dopo due anni di promesse, senza che i governi che si sono succeduti siano riusciti a imporre a Whirlpool il rispetto dell’accordo di tre anni, le speranze si sono rivolte al decreto delocalizz­azioni del governo Draghi - una “norma complessa, che deve essere efficace e realistica” secondo il premier – che non vedrà più la luce, almeno nella sua forma originaria. “La cassa integrazio­ne durante la pandemia ha prolungato l’agonia, siamo nella fase decisiva, non accettiamo che il nostro destino sia già scritto, è un nostro diritto chiedere per noi un piano occupazion­ale serio”, spiega Vincenzo Accurso, uno degli operai di Whirlpool, 43 anni, da 16 in catena di montaggio, due figli. Whirlpool nei mesi scorsi ha rifiutato anche la proposta della Regione Campania, un contributo da 20 mln di euro (con sette anni di sgravi fiscali per la formazione degli operai) per non spegnere gli impianti nella sede napoletana. In sostanza, ha rifiutato tutto, eppure il lavoro non manca, la pandemia ha accelerato la richiesta di lavatrici di alta gamma: secondo dati forniti dalla stessa Whirlpool, la multinazio­nale ha fatto segnare +32% delle vendite nel secondo trimestre del 2021 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. “L’accordo va rispettato, Whirlpool ha ottenuto benefici, se il governo non ottiene nulla ci sarà un effetto traino e molte aziende potranno pensare di poter stringere accordi, ottenere vantaggi fiscali e poi delocalizz­are all’estero, senza conseguenz­e. È un segnale assai pericoloso, serve una politica industrial­e, una visione”, aggiunge Antonio Accurso, segretario generale aggiunto di Uilm Campania. Il caso Whirlpool è quello più significat­ivo, ma non l’unico, in Campania e al Sud. A pochi chilometri dalla zona est di Napoli, a Marcianise, c’è Jabil, società americana che produce componenti e circuiti elettronic­i. Nel 2015 l’acquisto dello stabilimen­to di Ericsson, 400 dipendenti che si uniscono alla forza lavoro di un altro stabilimen­to campano, ex Marconi ed ex Nokia Siemens. Anche qui, dopo poco, inizia lo smistament­o, per mancanza di commesse: erano circa 700, ora, dopo una lunga vertenza, sono in 480 e a giugno hanno ottenuto il prolungame­nto della cassa integrazio­ne fino al 31 dicembre 2021. Una parte, circa 200, sono finiti alla vicina Softlab che lavora al 30-40% delle potenziali­tà, un’altra a Orefice Generators (generatori elettrici), che dalla multinazio­nale americana ha ottenuto fondi per due milioni di euro (80 mila euro per ognuno dei 23 dipendenti). Ora Orefice ha comunicato di voler chiudere l’impianto campano (a Caivano) e di voler trasferire i 23 dipendenti ex Jabil al sito produttivo di Sestu (Cagliari). “Ho ricevuto la lettera di licenziame­nto da Jabil a marzo 2020, a inizio lockdown e con mia moglie incinta e che lavora part-time”, racconta Giuseppe

Cerrone, 36 anni, dal 2008 in Jabil. “Molti miei colleghi monoreddit­o non riescono ad andare avanti, la disperazio­ne purtroppo prevale. Ma la mia dignità lavorativa non deve essere toccata, con Jabil andrò fino in fondo, non accetto altre formule o trasferime­nti in aziende senza prospettiv­e. Sono anche pronto ad andare a lavorare da solo all’estero”.

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 ?? ?? Gli operai della Whirlpool occupano la stazione Centrale di Napoli
Gli operai della Whirlpool occupano la stazione Centrale di Napoli

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