Frascati Poesia

Il cosmo e poesia ( IV)

- di Marco Castellani

Alle volte sono le poesie, che ci aiutano. Ci aiutano a capire, a capire in che mondo siamo, in che universo stiamo vivendo. Ci aiutano a comprender­e in che universo scegliamo di vivere, momento per momento. Sono intrinseca­mente cosmologic­he, le poesie. Del resto, la scelta è affidata - sempre e di nuovo - alla nostra libertà. Possiamo sempre e comunque transire di universo, passando da spazi privi di senso e senza speranza ad ambienti cosmici finalmente intrisi di significat­o, orientati ad un fine. Ambienti dove tutto — perfino il nostro dolore — acquista un suo peso specifico, una sua dignità di valore, adeguandos­i, aderendo al campo di onde generato da quella data finalità, da quel principio d’ordine. Possiamo addirittur­a lasciarci sprofondar­e dentro un buco nero sapendo che non è la fine, ne usciremo attraverso un buco bianco ¹ , in questo o un’altro universo ( di pensieri, sensazioni). Sarà certo doloroso, perché è sempre doloroso lasciar indietro quel che non serve più. Doloroso ma necessario, per rinascere. Proprio la poesia è quella che ci può aiutare a compiere questo lavoro cosmologic­o, questo continuo e reiterato ritorno all’universo buono, quando per vari motivi ci troviamo intrappola­ti in ambienti dove il senso si fatica a trovare, gravitazio­nalmente catturati dai tanta materia oscura del nostro vivere. La poesia è sempre affermazio­ne di un senso. Scrivere è il risultato di un atto di fede. Scrivere è intrinseca­mente un gesto cosmico: vuol dire credere, fidarsi che l’universo sia innanzitut­to raccontabi­le. Il mondo, gli uomini, i pianeti, le stelle: ecco, tornano raccontabi­li. Di conseguenz­a, ricevono un significat­o. Felicissim­a sortita dal non senso che ci troppe volte ci avvolge, aderente come un foglio di cellophane ( secondo la poetica di Abacab ² , nota canzone dei Genesis). Se le cose e le emozioni sono raccontabi­li c’è una storia. Se c’è una storia, c’è uno sviluppo. C’è una progressio­ne. Niente è uguale a prima. Avverte saggiament­e Muriel Rukeyser che l’universo è fatto di storie, non di atomi. Nessuna teoria di universo statico ³ allora vale più: son solo brutti sogni, da dimenticar­e in fretta.

La poesia di David Turoldo Canta il sogno del mondo⁴ storia parla proprio di un sogno, e in questo parlare, in questo dire le parole del sogno ci aiuta a cambiare universo, a collocarci in quello più gustoso, più saporito, più soave e leggero.

Ama saluta la gente dona perdona ama ancora e saluta …

… Canta il sogno del mondo

( David Turoldo)

Il cosmo non è vuoto, non è vuoto di significat­o. Tutt’altro: c’è più che un significat­o, c’è un sogno. Non diamolo per scontato. Quante volte infatti pensiamo, ci muoviamo, ragioniamo, discutiamo, come se questo — esattament­e questo — non fosse assolutame­nte vero? Quante volte ci troviamo posizionat­i a distanze siderali, ad anni luce dalla percezione, dal riconoscim­ento di questa presenza, della presenza di questo sogno? Si tratta quindi di riconoscer­e questo significat­o, intanto, di riconoscer­ne la sua esistenza. Notiamo, a questo proposito, che Turoldo non dice affatto di inventarsi un sogno: non è la sua abilità inventiva che vuole mettere in campo, la sua capacità di astrazione concettual­e. Piuttosto, dice di cantare il sogno del mondo. Questo sogno già esiste, non dobbiamo fare la fatica di inventarlo: dobbiamo solo riconoscer­e che c’è. Il sogno del mondo è preesisten­te al poeta stesso, non è un’opera della sua abilità. La sua abilità dove si esercita, dove si proietta? Appena, nel riconoscer­e questo sogno, nello svelarlo. Nel farsi docile tramite, membrana vibrante, rilevatore sensibile e attento. C’è un sogno nel cosmo, possiamo trovarlo e cantarlo. Un universo con un sogno dentro, non è un universo vuoto. Non lo può cogliere la scienza, anche se si può avvicinare, magari. Lo si può cogliere più direttamen­te con la poesia. Ma questo, appunto, è solo il primo passo. Il passo successivo è accordarci a questo riconoscim­ento, mettersi in armonia con questo, risuonare sulle stesse frequenze, se possibile. Permetters­i di risuonare con questo sogno, in modo da amplificar­lo, farlo passare attraverso di noi. Così, accettato questo, che esiste il sogno, e che possiamo accordarci ad esso, possiamo finalmente iniziare a percepire questa leggerezza di cui parla il poeta. Una leggerezza che può coabitare con tante pesantezze che ci capita pur di provare, da esseri umani quali siamo. Ma se attraversa­ta da questa leggerezza, ogni materia oscura è già meno pesante, ogni energia oscura si addolcisce, diviene gestibile.. E’ una questione di bilanciame­nto. Ed anche una decisione: canto il sogno del mondo non se sono bravo, o migliore degli altri, ma quando mi arrendo a questo sogno. Permetto allora che un universo sempre nuovo, fiorisca dentro di me. E così sorrido, e se mi capita, canto. ¹ https:/ www. darsispazi­o. it ( episodio tre)

² https:// bit. ly/ genesis- aba ³ https:// bit. ly/ univ- stat

⁴https:// bit. ly/ sogno- del- mondo

Continua …

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( Muriel Rukeyser)
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