Fuoristrada e motocross d'epoca
Rally anni ’80
BMW 1000 Ecureuil
Tutto inizia nel 1986, quando il tecnico Joël Guilet e il giornalista Pierre-Marie Poli hanno l’idea di una moto rivoluzionaria; equipaggiata con un motore BMW (la Marca vincitrice della Parigi-Dakar del 1983 e del 1985), il progetto di questa due ruote francese viene finanziato dalla Cassa di Risparmio Ecureuil, da cui nasce l’omonima squadra corse. È stata una delle moto più sorprendenti
tra i prototipi degli anni ’80 al via del Rally Raid più famoso al mondo
Tappe estenuanti e terreni insidiosi che nascondono pericoli e trabocchetti, in contesti scenografici incredibili e unici, con i partecipanti spesso in condizioni limite di sopravvivenza e di stress psicofisico, sono il fil rouge che unisce le quarantatré edizioni della più affascinante gara al mondo: la Parigi-Dakar (oggi solo ‘Dakar’). Nel corso degli anni si sono susseguiti vari cambiamenti riferiti soprattutto alla location (dall’Africa all’America Latina e ora in Arabia Saudita), all’organizzatore dell’evento (dalla TSO di Thierry Sabine alla ASO) e allo stesso regolamento, ma ciò nonostante questa gara non ha mai smesso di emozionare e suscitare grande interesse negli appassionati. Le differenze più evidenti tra le prime edizioni e quelle attuali riguardano, comunque, l’evoluzione dei mezzi. Dopo il divieto di utilizzare propulsori oltre i 450 cc, le moto odierne derivano, almeno come filosofia, dalle ‘Enduro’ competizione, con scelte tecniche simili (disposizione serbatoi e accessori, materiali, ecc.) che, sommate ai regolamenti molto limitanti, hanno tolto la scena, sul palco di partenza, a prototipi, più o meno rifiniti, studiati da team importanti o costruiti nel garage di casa. Gli anni Ottanta sono stati invece caratterizzati dalla nascita delle più incredibili e, a volte, fantasiose
moto studiate (con risultati non sempre così entusiasmanti…) appositamente per prendere il via al cospetto della Torre Eiffel.
E proprio all’ombra del celebre monumento parigino nacque un vero capolavoro: la BMW 1000 Ecureuil. ‘Rivoluzionaria’: così fu definita (beh, in fondo siamo in Francia, e qui di rivoluzioni se ne intendono!) non solo per necessità di stupire a livello mediatico, ma anche perché descriveva in modo perfetto la filosofia che aveva spinto una equipe a lavorare e a credere in un progetto così ardito. Joël Guilet (creatore della ERS, impresa specializzata nella lavorazione di compositi ad alta tecnologia) e Pierre-Marie Poli
(capo redattore di ‘Moto Journal’ e pilota di Rally in moto), durante il ritorno dalla Paris-Dakar del 1985, si trovarono d’accordo sul fatto che, da tempo, i grandi costruttori non producevano moto di serie realmente innovative, facendo credere che i mezzi ufficiali che partecipavano alla lunga maratona africana fossero simili a quelli regolarmente in commercio nascondendo che, in realtà, costavano cinquanta volte di più. Poteva una piccola azienda scardinare questo sistema? Guilet aveva un’idea ben precisa: far sì che un piccolo costruttore, utilizzando le migliori tecnologie, potesse realizzare una moto capace di combattere testa a testa con le migliori. Iniziò subito a lavorare al progetto. Ma come trovare un finanziatore che credesse in una scommessa come questa? Per fortuna la Paris-Dakar godeva, soprattutto in Francia, di una visibilità enorme, e una Banca, l’AMI Financier Caisses d’Epargne Ecureuil, era interessata alla competizione, per legare il proprio marchio a un fenomeno mediatico che concentrava in sé l’idea stessa di dinamicità, coraggio e avventura. Ma i tempi erano troppo stretti per realizzare e schierare la moto all’ormai prossima Parigi-Dakar del 1986. Si trovò quindi un accordo con la Ecureuil che prevedeva un budget minimo per far correre quell’anno un pilota (Poli) dandogli la sufficiente assistenza, per poi ridiscutere il finanziamento l’anno successivo. Poli, che partiva su una Yamaha, riuscì nell’intento di attirare su di sé tutta l’attenzione della stampa già il primo giorno di gara: con neve e ghiaccio sul
tracciato del prologo a Cergy,
Poli fu il solo che si presentò alla partenza con le gomme chiodate, avendo scoperto che il regolamento non le vietava!
Vinse così la prova inaugurale davanti al pubblico di casa, regalandosi un’immensa fama, che si consolidò a Dakar quando conquistò la prima posizione come pilota privato francese. Il risultato portò alla conferma del sostegno economico da parte di Ecureuil, questa volta per la realizzazione del nuovo e impegnativo progetto della ‘Ecureuil 1000’.
LA MOTO DEL SERVIZIO
L’esemplare che vi presentiamo è uno dei dodici prodotti, in tutto, negli anni 1987-1989; è un conservato in ottime condizioni ed è perfettamente funzionante. Si tratta della moto che nel 1989 Philippe Hutin condusse in gara all’11esima edizione della ParigiDakar, ma che non giunse all’arrivo sul Lago Rosa; reimmatricolata in Italia e saltuariamente utilizzata per partecipare ad alcuni eventi, è di proprietà di un ultra appassionato BMW, Francesco Fermani, che ci racconta come ne è venuto in possesso.
“Sono sempre stato in cerca di modelli di moto BMW rari o prodotti in numeri limitati, e alcuni anni fa mi sono imbattuto in un annuncio di vendita che proponeva questa moto. All’epoca, pur facendo fuoristrada, non ero molto appassionato della Dakar e, quindi, non m’informai sul mezzo.
Il caso volle che, proprio in quel periodo, la mia strada incrociasse quella di un grande appassionato e collezionista di BMW, al quale raccontai della moto in vendita. A me non interessava ma a lui sì, e la comprò! Quando la portò a casa, m’invitò a vederla e mi raccontò tutta la storia e le caratteristiche uniche di quel mezzo. Solo allora ne capii l’importanza, mangiandomi le mani per non averla presa! Dopo una ventina di giorni, mi richiamò, dicendomi che era di fronte a un’altra Ecureuil in vendita, e mi chiese… la vuoi? Senza pensarci un attimo gli risposi di fermarla subito; dopo pochi giorni era nel mio garage! Entrambe le moto erano state trovate a Torino, acquistate anni prima, in uno stock di tre esemplari, da un gruppo di appassionati che avevano approfittato della messa in liquidazione di tutto il materiale del team francese”.
CARATTERISTICHE
La moto presentata nel 1986 ma che prese il via alla ParigiDakar dell’anno dopo con i piloti Pierre-Marie Poli, Marc Morales e Daniel Pescheur (nessuno di loro riuscì ad arrivare a Dakar, con Morales che rimase senza benzina a tre chilometri dal traguardo finale, quando era settimo assoluto!), era leggermente diversa da quella che vediamo nelle foto, soprattutto nelle sovrastrutture, molto più aggraziate e definite nel modello oggetto di questo servizio. I primi
esemplari montavano una forcella tradizionale, mentre su quelli successivi fu adottata una forcella rovesciata della WP da 300 mm di escursione; nell’ultima versione (quella protagonista del servizio) furono irrobustiti gli attacchi degli ammortizzatori e del forcellone. All’epoca, tutte le moto partecipanti alla Paris-Dakar avevano il classico telaio in tubi, monoculla, doppia culla o con culla aperta con il motore come parte stressata del telaio. L’Ecureuil, invece, aveva uno chassis con funzione di telaio, serbatoio, sella nel monoblocco superiore e avantreno, attacco del forcellone, supporto pedane e cavalletti, tutto realizzato in fibra composita (kevlar più carbonio, realizzato dalla ERS, l’azienda di Joël Guilet), per l’incredibile peso piuma di 6 chilogrammi; la moto completa, senza i 64 litri di benzina, pesava 170 chilogrammi. Ma la genialità di Guilet permise di aggiungere un’altra caratteristica molto importante: la modularità. La parte superiore del telaio e quella inferiore (dove risiede tutta la meccanica, forcellone - cardano e ruota posteriore compresi) erano uniti tramite pochi bulloni: questa soluzione consentiva la possibilità di smontare velocemente le due
parti per intervenire in caso di guasto, incidente o semplice manutenzione (famosissima la foto di Poli che attende l’assistenza nel deserto con la moto già divisa in due). Una prova fatta per i giornalisti permise a due meccanici di dividere la moto in 155 secondi! Il motore poteva essere sostituito in 6 minuti.
Altro vantaggio del sistema era la possibilità di allungamento o diminuzione dell’interasse delle ruote (25 mm in più o in meno), a seconda della tipologia di terreno e di percorso, semplicemente cambiando la sede dei bulloni che univano le scocche.
Con un sistema modulare era costruito anche il cannotto di sterzo, collegato con bulloni e asole alla scocca, che in pochi minuti permetteva, con lo slittamento sulle asole e l’interposizione di spessori, la variazione di inclinazione, altezza e avanzamento della forcella, consentendo così di modificare interasse e avancorsa. Da notare, a proposito dell’avantreno, che era prevista la possibilità di montare una ruota anteriore da 18, 19 e 21 pollici (i cerchi erano della Tagasako).
La scocca poi nascondeva il vero serbatoio della benzina, capace di contenere 64 litri, realizzato in materiale plastico molto flessibile, per resistere a urti e vibrazioni. All’interno del serbatoio era inserita la classica spugna per evitare lo sballottamento del carburante.
Il serbatoio dell’acqua, obbligatorio nelle gare desertiche, era invece collocato sotto la sella.
Il cupolino era studiato per garantire una corretta deportanza dell’aria, con la creazione di un ‘becco’ posto sotto il gruppo fari; negli stessi anni anche la Suzuki, con il suo DRZ Big, realizzò il becco che poi inserì, prima
Casa motociclistica a farlo, nella produzione di serie.
Il forcellone era in acciaio e supportava la trasmissione a cardano BMW con il relativo mozzo. Per la sospensione posteriore si decise di montare un doppio ammortizzatore
WP, per migliorare, rispetto al sistema ‘mono’, il raffreddamento e l’accessibilità meccanica; permetteva inoltre un’escursione di 280 mm alla ruota.
Per quanto riguarda la meccanica, si andava sul sicuro, montando il collaudato gruppo motore - trasmissione BMW di 1040 centimetri cubi, due valvole per cilindro, capace di 80 CV di potenza, fornito, insieme ad altri particolari meccanici, dalla HPN, ditta tedesca famosa per le sue realizzazioni su base BMW destinate alle gare di Regolarità e di Rally.
I carburatori, a depressione Bing da 40 mm, prendevano aria da lunghi condotti collegati a due scatole filtro, sempre in carbonio, nascoste ai lati del cupolino, che contenevano elementi filtranti derivati dal mondo delle quattro ruote. L’accensione era elettronica ad anticipo variabile e l’avviamento era sia elettrico, sia a pedale.
Gli scarichi, in acciaio, erano due, con finale a tromboncino e un compensatore tra i collettori. Grande attenzione fu riservata alla componentistica, come la strumentazione, utilizzando materiale di facile reperibilità qualora fosse necessaria una sostituzione in caso di rottura, malfunzionamento o normale consumo: come, ad esempio, il trip master, montato di serie sulla Honda XR, i fari sempre Honda e altri particolari di produzione Yamaha. La potenza a disposizione faceva raggiungere la velocità massima dichiarata di 208 km/ora, con consumi che, a seconda del tipo di terreno e della velocità, permettevano un’autonomia molto variabile, compresa tra i 480 e i 1000 km.
LA GUIDA
Ma come va questa BMW
Ecureuil 1000? Già sentirla borbottare mentre prende vita dà un brivido… perché pur avendo lo scarico ‘civilizzato’ per l’utilizzo legale, il suono roco del bicilindrico teutonico è profondo e riporta subito ai filmati d’epoca in cui i mezzi sfilavano con i motori a pieni giri negli interminabili rettilinei delle piste africane.
“La moto, appena partiti, si sente molto direzionale - ci racconta Francesco Fermani - e con poco sterzo nelle manovre; il baricentro non è bassissimo, visto che il motore, pur essendo un boxer (le BMW di serie, grazie a quella tipologia di motore, hanno nel baricentro basso e quindi nell’ottima guidabilità, uno dei punti di forza), è disposto abbastanza in alto, anche per via della lunghissima escursione delle sospensioni. Ma basta superare i 20, 30 chilometri orari e la moto si trasforma… d’altronde è stata studiata per gli ampi spazi dei deserti: è stabilissima, ma incredibilmente agile e leggera
nei cambi di traiettoria. E diventa spettacolare guidarla!”.
Il motore è il classico due valvole BMW con una grande progressione e cavalleria: all’epoca 80 CV erano davvero una bella potenza. Sarebbe interessante poter provare la moto nelle varie regolazioni… telaio lungo o corto, avancorsa aperto o chiuso, ruota anteriore da 18 o 21.
Ma quante moto sono rimaste integre delle dodici prodotte tra il 1987 e il 1989? Non lo sappiamo di preciso; sicuramente due sono in Italia e altrettante in Europa, tra quelle che sono state utilizzate in gara. Ma ne esiste una che, invece, non ha mai corso ed è in perfette condizioni: la tredicesima, che Joël Guilet ha costruito dopo alcuni anni per un amico, a ricordo e testimonianza di un’incredibile avventura imprenditoriale, sportiva e, soprattutto, umana: una vera e propria… rivoluzione!