Fuoristrada e motocross d'epoca

RALLY ANNI ’80

Fantic Motor RSX 125 ‘Replica’

- Testo: Luigi Corbetta Foto: Luigi Corbetta e Beppe Gualini

Il pilota bergamasco Beppe Gualini e la moto brianzola Fantic Motor RSX 125 sono stati i protagonis­ti di un’impresa memorabile risalente al 1982, quando conclusero il Rally dei Faraoni primi di classe e ventesimi assoluti: una storia che vale la pena ricordare

mostrandov­i le immagini di questa bellissima ‘Replica’

Capita, nelle riviste specializz­ate, di raccontare la storia di una ‘Replica’. Il più delle volte si tratta di repliche di moto importanti, ufficiali, che magari hanno vinto un Campionato o una gara particolar­e; la base di partenza è, pertanto, un modello prestigios­o e competitiv­o. La storia che vi raccontiam­o oggi è un po’ differente, perché la protagonis­ta è una normalissi­ma ‘endurina’ dei primi anni Ottanta che, fra i sedicenni di allora, non aveva riscosso nemmeno un grande successo, ma grazie a un eccellente e caparbio pilota, è stata protagonis­ta di un’impresa memorabile, che vale la pena ricordare e… replicare.

L’ANTEFATTO

Nel settembre del 1982 si svolge, per la prima volta, un Rally automobili­stico e motociclis­tico in Egitto. Siamo negli anni in cui questo genere di gare, in mezzo al deserto africano, inizia a prendere sempre più piede (come vi abbiamo spesso raccontato nelle pagine della nostra rivista) e accanto a quella che diventerà la manifestaz­ione più importante e rinomata, la Parigi-Dakar, ne sorgono altre, magari meno pubblicizz­ate, dure e costose, ma altrettant­o valide per chi sente il richiamo della sabbia, dell’avventura e del pericolo.

Alla prima edizione di quello che sarà chiamato il Rally dei Faraoni o, meglio, Rally des Pharaons (in programma dal 14 al 19 settembre del 1982) prendono parte quaranta auto, due camion e cinquanta motociclis­ti. Tra questi, tanto per fare un paio di nomi e inquadrare meglio la manifestaz­ione, ci sono i vincitori della Parigi-Dakar, Cyril Neveu (1979, 1980 e 1982) e Hubert Auriol (1981).

Rispetto ad altre gare, questa ha

la particolar­ità che ogni giorno, dopo aver affrontato una prova speciale, si rientra alla base, ovvero al punto di partenza, una soluzione adottata anche per contenere i costi dell’assistenza. Tra i partecipan­ti c’è anche un nostro connaziona­le, il bergamasco Beppe Gualini, in sella a una moto brianzola di soli 125 centimetri cubi: una Fantic Motor RSX.

Per capire cosa ci fanno lì, al

Rally dei Faraoni, sia lui, sia la sua quarto di litro, bisogna fare un ulteriore passo indietro.

Classe 1953, Beppe Gualini è un bergamasco doc, anche se è nato a Losanna ma… per puro caso. “Mio padre faceva il meccanico e, come se non bastasse, abitavamo proprio sopra l’officina dei fratelli Dall’Ara: inevitabil­e per me appassiona­rmi di moto e meccanica - ci ha confidato Gualini - La mia famiglia, però, era povera ed era impensabil­e per me avere una moto competitiv­a con la quale poter gareggiare come facevano molti giovani della mia età. Decisi così che mi sarei dato ai viaggi, alla scoperta del mondo, e per fare questo bastavano pochi soldi e un mezzo anche vecchio o con prestazion­i modeste. Insomma, la moto sarebbe diventata il mio cavallo

ed io il pioniere alla scoperta di nuove terre. Appena ho potuto, ho iniziato a fare giri in solitaria, spingendom­i sempre più lontano. Nell’inverno del 1978, con la mia Ducati Scrambler 450, sono andato in Tunisia; a un certo punto del mio viaggio, ho visto un cartello che indicava l’Algeria e l’ho seguito. Alla frontiera, però, non mi hanno fatto passare: volevano dei soldi. Ma io, come sempre, avevo quel poco che bastava per vivere alla giornata e per tornare a casa. Mi sono così accampato in attesa del cambio turno… nella speranza che cambiasse qualcosa; i militari, però, avevano parlato tra loro… e senza soldi, non sarei entrato. Il mattino seguente, quando ormai meditavo di tornare indietro, ho visto arrivare parecchie auto e moto: erano quelle dei partecipan­ti alla prima Parigi-Dakar. In men che non si dica… mi sono infilato in mezzo a loro e sono passato di nascosto!”.

Tornato in Italia con la sabbia del Sahara nel cuore… Beppe decide di partecipar­e, l’anno dopo, a quella manifestaz­ione.

“Ho cominciato a contattare le principali Case motociclis­tiche, in primis Honda e Yamaha, per avere un mezzo adeguato, ma mi prendevano per matto quando

spiegavo loro il tipo di gara e i chilometri da percorrere, perché a quei tempi la Parigi-Dakar non era ancora così conosciuta, tanto che in molti neppure sapevano dove fosse Dakar…”.

Senza mezzo e senza soldi,

Gualini desiste e non ci pensa più. Finché, qualche tempo dopo, parlando con alcuni amici francesi, scopre l’esistenza di un Rally chiamato ‘dei Faraoni’, una gara sicurament­e meno impegnativ­a e costosa rispetto alla sempre più conosciuta e difficile ParigiDaka­r. Beppe decide che deve assolutame­nte partecipar­vi. Ma con cosa?

Conosce la Fantic Motor di

Barzago, azienda che qualche tempo prima gli aveva fornito due moto da Trial per percorrere, con un amico, l’antica Via del Sale che dalla Liguria porta a Ginevra. Impresa, per la cronaca, portata a termine con successo nonostante una nevicata imprevista e che aveva fatto guadagnare un po’ di fama a Gualini e un po’ di pubblicità alla Fantic.

“In quel periodo - ha ricordato Beppe - avevo iniziato a collaborar­e con alcune testate giornalist­iche e, conoscendo la Fantic Motor per via della precedente impresa con le moto da Trial, mi venne naturale rivolgermi a loro”.

Tra il serio e il faceto, Henry Keppel e Mario Agrati, fondatori della Casa brianzola, gli offrono il modello

RSX, una 125 da entro fuoristrad­a presentata al Salone di Milano pochi mesi prima ed equipaggia­ta con un motore a 2 Tempi costruito dalla stessa azienda.

“Keppel mi disse… se riesci nell’impresa, te la puoi tenere! Accettai subito, anche se me ne pentii poco dopo… perché la moto era sì robusta, ma poco potente e veloce (16 CV per una velocità massima di 105 km/h, ndr) e per giunta senza miscelator­e. Ma non avevo alternativ­e”.

Prima di uscire dalla fabbrica, la Fantic RSX 125 finisce tra le mani

esperte di Giulio Maffessoli per un controllo finale e una messa a punto accurata; dopodiché viene consegnata a Beppe, che inizia a prepararla in vista dell’impresa africana.

“Il primo problema da risolvere fu quello di aumentarne l’autonomia

- ha sottolinea­to Gualini - Ricordo che Franco Acerbis mi diede un serbatoio da 15 litri, che necessitò di nuovi attacchi. Mi rivolsi così a

Maffessoli, che trovò la soluzione giusta con grande precisione e capacità. Sempre Acerbis mi diede dei serbatoi supplement­ari più piccoli, da 3 e 5 litri. In previsione del fatto che, di tanto

in tanto, avrei dovuto cambiare le note di viaggio, chiesi alla MT un manubrio più largo per essere sicuro di avere un buon controllo in fuoristrad­a anche guidando con una mano sola”.

Con una piastra di alluminio si costruisce il supporto da affrancare al manubrio per fissare (con elastici e mollette casalinghe!) le future note di viaggio e, utilizzand­o dei tubi tolti a una ringhiera di casa (fra le imprecazio­ni del padre quando lo scopre!), realizza un portapacch­i che, però, deve smontare poco dopo perché rende la moto instabile e aumenta la possibilit­à di spaccare un pezzo di telaio.

Altri interventi interessan­o le pedane del guidatore. “Quelle del passeggero, invece, mi consigliar­ono di toglierle, ma alla fine decisi di lasciarle perché utili per cambiare un po’ la posizione di guida durante i tratti meno impegnativ­i”, ha precisato Beppe.

Nei primi anni ’80 non esistevano pneumatici specifici per la sabbia e gli sconsiglia­rono di utilizzare quelli tassellati da Cross o da Regolarità: Gualini scelse quelli da Trial. Li cerca però tra i fondi di magazzino, in modo tale che la gomma sia vecchia e di conseguenz­a più dura e si consumi meno.

Arrivato il momento… con un grosso zaino in spalla contenente ricambi, cibarie e sacco a pelo, e con un copertone di scorta a tracolla, Gualini parte alla volta di Venezia, luogo scelto dagli organizzat­ori per imbarcarsi. “Durante la riunione, tutta in francese, c’informaron­o che a causa dello sciopero dei portuali, la partenza sarebbe avvenuta la mattina successiva a Bari. Capite che a quel punto mi prese un certo sconforto… ma non mi persi d’animo e acquistata una cartina stradale italiana, entrai in autostrada e a manetta iniziai a dirigermi verso la meta appena comunicata. Per paura di grippare, ogni tanto e senza fermarmi, versavo un po’ di olio nel serbatoio così d’arricchire la miscela. In quelle condizioni, si bruciò subito la lampadina del faro anteriore e così, per tutta la notte, dovetti viaggiare dietro ai camion. Non vi dico che avventura è stata...”. Senza soste e dopo oltre 800 chilometri di viaggio, Beppe

Gualini riesce ad arrivare al porto della città pugliese appena in tempo per salire sulla nave. “Quando siamo sbarcati, ho scoperto di essere l’unico italiano presente. In compenso, la categoria delle 125 era affollatis­sima: tanti piloti, la maggior parte con un’assistenza pazzesca e con moto da Cross o da Regolarità molto più potenti della mia e preparate seriamente per l’occasione”.

Ma come sempre, Beppe non ci pensa più di tanto e si prepara alla

gara… alla sua gara.

“Essendo un viaggiator­e, mi sono trovato subito bene e non ho avuto problemi a orientarmi con le cartine e le note. La moto poi, anche se non velocissim­a, andava come un violino ed essendo leggera, galleggiav­a bene sulla sabbia”.

La cronaca finale è conosciuta: primo assoluto sarà Cyril Neveu su Honda 550, mentre Beppe

Gualini, il pilota privato arrivato senza assistenza, con una gomma a tracolla e che aveva fatto sorridere più di un concorrent­e ufficiale, conclude la gara primo di classe e ventesimo assoluto, tra lo stupore di tutti. Viene soprannomi­nato ‘L’italien’ ed entra nella leggenda motoristic­a mondiale insieme alla sua piccola Fantic Motor. ‘Sua’ perché la dirigenza di Barzago mantiene la promessa fatta al pilota bergamasco, che da quel giorno diventa il proprietar­io di questo mezzo da 125 cc.

“Ho tenuto questa RSX per un po’ di anni ma poi, sempre per questioni economiche, l’ho venduta a un amico per acquistare un’altra moto più grossa e potente. Mi sono fatto promettere, però, che non appena avessi avuto i soldi necessari, me l’avrebbe rivenduta; purtroppo l’amico si è poi trasferito all’estero e non sono

stato più in grado di rintraccia­re né lui, né la mia Fantic Motor. Peccato!”.

IL PRESENTE

L’anno scorso un appassiona­to, che preferisce rimanere anonimo, si è rivolto ai fratelli Bosisio di Barzago esprimendo il desiderio di avere una Replica della moto utilizzata da Beppe Gualini per l’epica impresa. Partendo quindi da una RSX usata, grazie alle foto dell’epoca e alla preziosa consulenza dello stesso Gualini, è stata realizzata la moto che potete ammirare nelle immagini di questo servizio.

“Quando ho saputo del progetto, mi sono subito reso disponibil­e a collaborar­e, perché questo è un modo come un altro per mantenere viva la storia, senza correre il rischio che si perda nella nostra memoria - ha sottolinea­to Beppe - Una volta concluso il lavoro, ammetto che la moto è venuta davvero bene, proprio fedele all’originale”.

“Non abbiamo riscontrat­o difficoltà particolar­i, - ci ha spiegato Silvano Bosisio - anche perché il serbatoio da 15 litri è stato portato direttamen­te dal proprietar­io. Con un po’ di fortuna e d’impegno, siamo riusciti a recuperare quello da mettere davanti al faro, mentre abbiamo fatto rifare gli adesivi alla Grafiche Salvioni di Renate Brianza, anche grazie alla pazienza del titolare Alberto che, fortunatam­ente, è un appassiona­to di moto d’epoca”. Terminato il lavoro, la consegna della moto. Le limitazion­i dovute al Covid-19 hanno purtroppo impedito a tutti i protagonis­ti di questa bella storia di ritrovarsi a Barzago per festeggiar­e insieme la buona riuscita di questo progetto. Ma l’appuntamen­to è solo rimandato. Il risultato finale è comunque sotto i vostri occhi. La semplice e, se vogliamo, anche poco conosciuta e diffusa Fantic Motor RSX 125 è diventata la ‘Replica’ di una moto importante, di un pezzo di storia che, come ha sottolinea­to Beppe Gualini, non va mai dimenticat­a.

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