Fuoristrada e motocross d'epoca
Yamaha YZ 490
Protagonista di questo articolo è la Yamaha YZ 490, raccontata attraverso la sua evoluzione tecnica che l’ha portata a essere conosciuta in tutto il mondo come una vera e propria icona dei mitici anni Ottanta. Il nostro lettore Gilberto Rabotti ci rende partecipi del restauro che ha realizzato di una Yamaha YZ 490 colore giallo-nero, ovvero la versione riservata per il mercato americano: un’autentica rarità
Èil 1982 quando Yamaha decide di aumentare la cilindrata della YZ 465 portandola a 487 centimetri cubi: nasce così il modello YZ 490, una vera e propria icona dei mitici anni Ottanta.
Le caratteristiche di questa moto sono molto accattivanti.
Il design del modello precedente viene, infatti, stravolto a favore di una guida più ‘aggressiva’, con la sospensione posteriore che consente una completa regolazione della compressione, del ritorno e del precarico, e con la forcella anteriore che presenta un’escursione di circa 300 mm; il tutto su una due ruote che pesa poco più di 100 chilogrammi. Il monoammortizzatore, definito ‘monocross’, è assolutamente innovativo: viene infatti modificato il sistema dei leveraggi, abbandonando il classico forcellone a traliccio. Così facendo, si guadagna in stabilità e si aumenta la rigidità del sistema.
Tra le novità introdotte nel 1982 non si può non menzionare il sistema YEIS (Yamaha Energy Induction System), grazie al quale la YZ dimostra la sua efficienza nell’ottenere ‘coppia’ anche ai bassi regimi, senza rinunciare alla potenza tipica degli alti giri motore. Nello specifico, il sistema YEIS è costituito da un piccolo serbatoio di plastica, collegato al collettore di aspirazione del motore attraverso un tubo di gomma, formando una sorta di bacino tra il carburatore e il cilindro. Nella fase che non comprende l’aspirazione, la miscela combustibile viene temporaneamente incamerata nel contenitore, mentre nella fase di aspirazione essa defluisce al cilindro incrementando così il normale flusso del solo carburatore. La risposta del motore è senza dubbio migliore e, nel contempo, permette un risparmio di carburante fino al 10%.
Nel 1983 viene modificato il sistema di leveraggio del mono posteriore; l’ammortizzatore
assume una posizione molto più convenzionale, a favore di un migliore centro di gravità e un conseguente aumento della manovrabilità. Vengono aggiunti, inoltre, degli ‘step’ di regolazione a livello della forcella anteriore per offrire un’efficienza a dir poco professionale.
La Yamaha 490 del 1984 viene aggiornata attraverso una rivisitazione della ciclistica e del motore. Viene introdotto un nuovo carburatore Mikuni da 40 mm
(che in precedenza era di 38 mm), mentre la marmitta (ora a destra) viene ridisegnata per garantire una maggiore potenza e durata. Il pacco lamellare diventa a questo punto a otto petali e viene adottato il silenziatore in alluminio.
Anche il sistema ‘monocross’ viene aggiornato, riprogettando i leveraggi per rendere la sospensione più progressiva; la cassa filtro viene espansa, donando più potenza al motore e, infine, viene modificato l’accesso al filtro dell’aria, ora localizzato lateralmente per facilitarne la manutenzione.
Solo nel 1985 viene adottato il freno a disco anteriore a doppio pistoncino con disco da 220 mm. Nello stesso anno viene introdotto anche il BASS (Brake
Actuated Suspension System), sistema che ha il compito di fornire una migliore risposta della sospensione posteriore durante la frenata. Il BASS è costituito da un cavo che collega il serbatoio del mono-ammortizzatore al pedale del freno posteriore; quando il pilota frena con la ruota posteriore, il cavo apre una valvola di sfiato all’interno dell’ammortizzatore, permettendo di diminuire lo smorzamento del 10%. Tutto ciò è finalizzato a ottenere una frenata più fluida, in modo tale da seguire il terreno con maggiore sensibilità. L’innovazione estetica introdotta nel
1986 e costituita da nuovi fianchetti porta numero, nuovo serbatoio e sella più snella e filante, facilita l’attività del pilota. A livello meccanico vengono rivisitati i travasi del cilindro e introdotte nuove lamelle d’aspirazione, al fine di
ottenere un’erogazione costante della potenza dai bassi fino agli alti regimi. A questo punto, il cambio passa da quattro a cinque marce, viene irrigidito il sistema di sospensione posteriore ‘monocross’ e il serbatoio del mono viene posizionato più lontano dal motore, evitandone in modo efficiente il surriscaldamento.
La YZ 490 presenta così una struttura snella: non avendo radiatori, la linea è filante e la forcella da 43 mm è ottima.
Negli ultimi anni di produzione, tra il 1987 e il 1990, non sono stati apportati significativi cambiamenti di natura meccanica e/o funzionale, ai quali sono stati invece preferiti degli aggiornamenti solamente di natura estetica e di messa a punto che, però, hanno portato altre grandi Case motociclistiche (soprattutto con i modelli rivali Kawasaki KX 500 e Honda CR 500 raffreddate a liquido e dotate di freno a disco
anche al posteriore) a superare la Yamaha.
Nel 1991 viene presentata la WR 500, prodotta fino alla fine del 1993 e modificata periodicamente dal punto di vista estetico.
La moto è di base quella che conosciamo come YZ 490: il motore è il medesimo, mentre variano la ciclistica e il nuovo design più moderno. il telaio è fondamentalmente quello della YZ 250 del 1991, modificato e rinforzato per ospitare il motore più grande. La nomenclatura per il modello 1992 è WR 500 ZD, mentre per il 1993 è WR 500 ZE.
Nel Mondiale di Motocross, i successi della Yamaha 500 di quegli anni sono soprattutto legati ai nomi dell’americano Broc Glover e dello svedese Hakan Carlqvist.
Per quanto riguarda il Campionato Americano AMA National, il grande Broc Glover è il portacolori della Yamaha factory 500. Reduce da tre Titoli AMA classe 125, nel 1981 passa alla classe 500 dimostrando la sua versatilità e vincendo sei gare su otto: con questo ruolino di marcia, Glover si aggiudica il Titolo iridato in palio. In sella alla Yamaha 500, si conferma numero uno al mondo al termine delle stagioni 1983 e 1985.
Per quanto riguarda invece il Mondiale FIM, il roccioso Hakan
Carlqvist è il pilota che consente alla Casa dei tre diapason di vincere il Titolo iridato, classe 500, nel 1983.
Sia la moto di Glover, sia quella di Carlqvist erano totalmente ufficiali; bastano pochi dettagli per capire che abbiamo a che fare con pezzi speciali e soluzioni prettamente factory, come la valvola di scarico YPVS e il freno a disco al posteriore, caratteristiche mai introdotte nel modello di serie andato in produzione.
Verso la fine del 1986, la Yamaha decide di rinnovare la moto ufficiale apportando modifiche significative: nasce così la YZM 500, una moto a dir poco spettacolare. Telaio in alluminio, telaietto posteriore con cassa filtro integrata anch’essi in alluminio, motore raffreddato a liquido e numerosi pezzi ricavati dal pieno rendono questa due ruote assolutamente innovativa. Da un
punto di vista tecnico, è un passo avanti rispetto alle concorrenti dell’epoca.
In gara, la YZM 500 si classifica al quarto posto nel 1987 e al quinto nel 1988, rispettivamente con i piloti Kurt Ljungqvist e Jacky Vimond. Purtroppo a partire dal 1989 la Casa madre di Hamamatsu sospende la partecipazione ufficiale nel Mondiale Motocross classe 500.
IL RESTAURO DI UNA
YAMAHA 490 DEL 1984
Condivido con voi lettori di ‘Fuoristrada & Motocross d’Epoca’ i passaggi più rilevanti del restauro di una Yamaha 490 del 1984. Innanzitutto ho avuto la preziosa opportunità di riportare al suo antico splendore questo esemplare grazie al mio caro amico Nazzario Ghesini; si tratta di un modello dotato di colorazione giallo-nero dedicata al mercato americano, poiché proveniente dalla California. È interessante specificare che il 1984 è stato anche l’ultimo anno in cui la moto veniva prodotta con doppia colorazione: giallo-nero per il mercato americano e biancorosso per quello europeo.
Da un punto di vista estetico, la moto si presentava in pessime condizioni; tuttavia, e per fortuna, risultava quasi completa delle sue parti originali. L’ostacolo maggiore in cui mi sono imbattuto ha riguardato l’anodizzazione color oro chiaro, tipica delle Yamaha anni ’80, dei cerchi e del serbatoio del gas del monoammortizzatore, ostacolo dovuto alla scarsezza di aziende disponibili a questo tipo di lavorazione. Il suddetto serbatoio, inoltre, presentava un assottigliamento notevole a causa delle ripetute vibrazioni della moto nel tempo. Ho deciso così di procedere nella ricerca di un monoammortizzatore usato al solo scopo di ‘sacrificarlo’ per recuperare la bomboletta.
Per quanto concerne il motore, una volta smontato, mi sono assicurato della completezza dei suoi componenti; dopodiché ho provveduto alla sua sabbiatura e alla sua verniciatura.
Il carburatore Mikuni,
caratteristica innovativa dell’84, si trovava in ottime condizioni, motivo per cui è stato solamente revisionato; stessa cosa per il sistema ‘monocross’, per il quale ho utilizzato dei kit di sostituzione composti da gabbia rulli, relativi spinotti, testine uniball e annesse tenute parapolvere.
Per quanto riguarda le plastiche,
sono riuscito a reperire i parafanghi posteriore e anteriore gialli originali Yamaha, mentre per la tabella portanumero e i fianchetti laterali, mi sono dovuto accontentare di plastiche fedeli nella forma ma bianche; di conseguenza, ho provveduto a verniciarle di giallo.
Oltre alla spugna irrecuperabile, la base sella era crepata e rotta in diversi punti: ho dunque sostituito entrambe e ricoperto la sella con una copertina fedele all’originale. Un dettaglio interessante che mi ha stupito ha riguardato l’assenza di gioco a livello della pedalina di avviamento, motivo per cui ha richiesto solamente un
nuovo trattamento superficiale. Il serbatoio, invece, si trovava in pessimo stato, probabilmente dovuto all’eccessiva esposizione solare: tali condizioni hanno richiesto una rigorosa e completa carteggiatura e lucidatura. A restauro ultimato (poco prima di andare in stampa, ndr), desidero ringraziare la mia compagna
Glenda Ganapini che non solo mi aiuta e sostiene in questa mia grande passione, ma contribuisce anche alla revisione dei miei testi; e poi voglio rivolgere un sentito ringraziamento a mio suocero Maurizio Ganapini, esperto del settore che mi sa sempre dare validi aiuti e consigli preziosi per la buona riuscita dei miei restauri. ■