Fuoristrada e motocross d'epoca
Stefano Passeri
Prima parte
Sì... questa è un’altra storia... perché il pilota, per essere performante ed efficace, deve potersi esprimere libero di testa e libero da tensioni; deve poter mettere in campo il suo massimo potenziale senza mai mettere in preventivo ciò che potrebbe causare un suo errore o una sua disattenzione. Ecco perché, se da un lato la maturità ti porta ad avere più rispetto e gratitudine verso chi ti aiuta, dall’altro lato rappresenta un freno alle tue performance agonistiche. Proprio in questo frangente, il pilota Passeri perde qualcosa… e non sempre riesce a correre spensierato.
Questo tremendo meccanismo s’innesca complice un brutto incidente che mi vede sfortunato protagonista durante una gara a coppie di 24 Ore in provincia di Bologna. Nel 1987 io e Giorgio
Grasso ci stiamo giocando la classifica assoluta quando a un certo punto, durante il trasferimento, un pilota partito davanti a me, sbaglia strada e rientra nel giusto percorso in senso inverso... ovviamente senza rendersene conto. Il frontale è inevitabile. L’incidente mi procura un brutto edema cerebrale, tanto che per alcuni giorni mi inducono il coma farmacologico per cercare di contenere i danni al mio ‘computer centrale’. Con il senno di poi, aggiungo, ottenendo scarsi risultati...
Battute a parte, rimango a secco di allenamento per circa due mesi, compromettendo il Campionato Europeo che conducevo con circa 30 punti di vantaggio sul secondo. Rientro salvandomi in corner, perché mi aggiudico l’Italiano con un risicato terzo posto di giornata nell’ultima prova a Costa Volpino. Ricordo che i miei due antagonisti nella corsa al Titolo continentale, Davide Trolli e Alberto Sala, il giorno prima della gara conclusiva mi chiamarono al telefono
per dirmi che, se gliel’avessi chiesto, non avrebbero gareggiato permettendomi di conservare e vincere il Titolo in palio pur non correndo. Un gesto che ancora oggi ricordo con molto piacere; ovviamente dissi loro di dare del gas.
In quel periodo non proprio fortunato, molte persone mi sono state vicino; tantissimi hanno cercato di aiutarmi e qualcuno si è dimostrato anche molto generoso. Franco Mayr, l’allora team manager del Team Totip del quale facevo parte e Arnaldo Farioli, mi pagarono il premio gara finale del Campionato Europeo come se lo avessi vinto! A questo punto, però, il cristallo si è rotto... Non sono più il cavaliere invincibile e immortale, e mi rendo conto, senza volerlo, che l’errore costa e che le conseguenze si pagano a caro prezzo… ma non in moneta.
Nel 1988 approdo in Husqvarna pensando di poter ritrovare la spensieratezza perduta, ma non è così. Alterno fasi belle e brillanti ad altre che sarebbe meglio dimenticare, e in questo periodo della mia carriera sportiva provo il ‘gusto amaro’ di essere battuto da avversari semplicemente perché sono più veloci e performanti di me. A fine giornata, mi ritrovo ad analizzare le mie performance agonistiche non proprio esaltanti e qualche volta non trovo alcun appiglio al quale attribuire la responsabilità della mia sconfitta.
Il periodo che ne segue mina la mia sicurezza di guida e la mia sfrontatezza, e comincio ad avere timore dei miei avversari. Non sono mai più riuscito a venir fuori da questo meccanismo autolesionista;
ho parzialmente limitato i danni grazie al supporto della mia famiglia e dei Team che mi hanno accompagnato nel corso degli anni successivi, ma la spensieratezza e la spavalderia che contribuivano a far di me un vero pilota, non sono mai più tornate. Ho bisogno di cambiare aria.
Nella vita non succede mai nulla per caso… Alla fine del 1990 ricevo una bellissima telefonata da parte di Pierluigi Rottigni
che mi sottopone un progetto
che sembra arrivare proprio nel momento giusto. In quel periodo Aprilia non aveva una moto destinata alle competizioni di Enduro, ma voleva partecipare al Campionato Italiano e Mondiale entrando nel racing da protagonista. Costi quello che costi… sia dal punto di vista degli investimenti economici, sia sotto il profilo delle scelte tecniche. Ingegneri, meccanici, collaudatori, logistica… tutto ciò che serve, e che si ritiene necessario, viene messo a disposizione per arrivare a essere competitivi.
In particolare, vorrei ringraziare l'ingegner Paolo Brovedani (attuale pilota del Gruppo 5) per il lavoro che fece allora, il motorista Luca Buosi per le superbe performance del mio motore, Roberto Dellanora (detto Barabba) che si occupava del telaio e lo storico collaudatore Aprilia, Claudio Pellizzon (detto Caio). Aderisco subito al programma con grande entusiasmo e trasporto. L’obiettivo rimane ovviamente la vittoria, ma il fatto di doversi concentrare anche sulla messa a punto della moto, toglie un po’ di pressione al pilota Passeri; questo mi agevola consentendomi di esprimere il mio potenziale senza troppa responsabilità sulle spalle. La fiducia che mi è stata riconosciuta, il lavoro estremamente professionale
realizzato dal reparto corse e l’ambiente positivo creato dal team manager Rottigni producono buoni effetti, tanto che alla prima prova del Campionato del mondo portiamo a casa una vittoria e un secondo posto di giornata. Un grandissimo successo che mette benzina 100 ottani nel gruppo.
Durante quell’anno ci sono stati episodi che hanno minato il risultato finale della classifica, ma in tutte le gare che ci hanno visto al via, siamo stati fra i protagonisti.
Il contratto viene rinnovato e per me si apre una nuova esperienza di vita sportiva. Ma questa è tutta un’altra storia…