Fuoristrada e motocross d'epoca
REGOLARITÀ ANNI ’70
SWM RS GS
Le prime SWM motorizzate Rotax, da 125, 175 e 250 centimetri cubi, si dimostrano subito vincenti sui campi di gara e quando vengono presentate ufficialmente al Salone del Ciclo e Motociclo di Milano alla fine del 1977, fanno subito breccia nel cuore degli appassionati del fuoristrada. Per i modelli RS GS comincia così il periodo di maggior successo e di grande sviluppo
Gli anni Settanta hanno rappresentato per la Regolarità un momento d’oro. Oltre alla diffusione sempre più importante di questa disciplina sportiva, quel periodo ha visto anche un notevole sviluppo delle motociclette adibite all’uso fuoristradistico. Se all’inizio del decennio, i motori a 4 Tempi lasciano il posto ai più leggeri e performanti 2 Tempi, la maggior parte dei quali costruiti dalla tedesca Sachs, a partire dal 1976 avviene un’altra grande rivoluzione: le moto guadagnano delle ciclistiche totalmente rivoluzionarie, più simili a quelle da Cross, alle quali sono abbinati propulsori completamente nuovi e ancor più potenti. Un’evoluzione, questa, che interesserà tutto il settore e che vedrà scomparire alcune Case costruttrici perché non in grado di stare al passo; altre, invece, vedranno aumentare le loro vendite grazie al grande lavoro messo a punto. Ed è il caso della storia che vi raccontiamo oggi.
Protagonista è la SWM. A soli quattro anni dalla sua nascita, avvenuta nel 1971 a opera di Pietro Sironi e Fausto Vergani, la Casa lombarda si è già conquistata una fama invidiabile a livello internazionale. Merito non solo del prodotto, con un ottimo rapporto qualità prezzo, ma anche dei piloti
della squadra corse che anno dopo anno conquistano brillanti risultati su tutti i campi di gara, a cominciare dalla prestigiosa Sei Giorni Internazionale.
Tutto ciò permette alla piccola Casa di crescere velocemente (dagli 869 mezzi costruiti nel 1973 agli oltre 2.500 del 1975) e di creare una rete vendite in Francia, Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania, Lussemburgo, Olanda, Svezia e Svizzera. Niente male se si pensa che la prima SWM vede la luce alla fine del 1971 in un garage di Vimercate, all’epoca paese alle porte di Milano ed ora sotto la più verde provincia di Monza e Brianza, a due passi da Arcore, sede storica della Gilera.
Di strada quindi ne ha percorsa la SWM, come ne hanno percorsa i motori che le equipaggiano, ovvero gli instancabili, affidabili e vincenti Sachs che stanno dettando legge da un decennio. Ma quasi nulla è eterno… e così, a metà degli anni Settanta, anche i mitici Sachs iniziano a essere in affanno, tant’è che i loro più abili preparatori non sanno più dove tirar fuori potenza e affidabilità. La stessa Casa costruttrice se ne rende conto e dà vita, dopo numerosi studi e investimenti economici, alla nuova generazione di propulsori a sette marce. Nonostante le ottime premesse e la risaputa serietà dell’azienda tedesca, il prodotto non si dimostra all’altezza delle aspettative.
La SWM, che ormai è ai vertici delle classifiche di Regolarità (e non sfigura nemmeno nel Cross), non può permettersi di fare passi falsi e di perdere terreno, tant’è che inizia a guardarsi intorno per cercare nuove soluzioni. Le potenzialità per costruirsi in casa un motore le avrebbe, ma vorrebbe dire concentrare lì molti sforzi a scapito di altro: un sacrificio che potrebbe non valere la pena. Fra le prime prove, si sperimenta il neonato 125 prodotto dalla Hiro di Origgio, in provincia di Varese, ma i risultati non soddisfano più di tanto.
L’aiuto, o meglio l’indicazione giusta, arriva da Arnaldo Farioli, ovvero ‘dall’uomo KTM’, un rivale sui campi di gara, ma un amico di Pietro Sironi nel tempo libero. “Durante un incontro - ci ha raccontato Mauro Sironi, figlio di Pietro - Farioli consigliò a mio padre di contattare la Rotax, un’azienda seria che già faceva i motori per la KTM e che da pochissimo tempo aveva iniziato a fornirli anche alla Puch dei fratelli Frigerio. Gli aveva detto… “non star lì a diventare matto per trovare un motore o per fartelo in casa:
contatta l’azienda austriaca!”.
Il suggerimento piace molto anche a Fausto Vergani, che è un forte sostenitore dei propulsori a disco rotante.
A questo punto è d’obbligo aprire una piccola parentesi per ricordare che qualche anno prima, quando lavorava in Gilera, Vergani ebbe
modo di collaudare, correre e anche di vincere con la prima Gilera a disco rotante. Il passaggio della Casa di Arcore nelle mani della Piaggio avvenuto nel 1969 fermò il progetto del disco rotante ma, al brillante pilota, nonché fine tecnico qual era Fausto Vergani, questo tipo di propulsore
rimase sempre nel cuore. E così, a distanza di tempo, gli sembrò fantastica l’idea lanciata da Farioli. Peraltro, se ai più l’austriaca
Rotax, o meglio la consociata della canadese Bombardier (azienda leader nella costruzione di motoslitte), non diceva nulla, ad alcuni appassionati del tassello il nome non suonava nuovo. Nel 1973, infatti, in occasiona della
Sei Giorni disputatasi a Dalton, negli Stati Uniti d’America, vi gareggiarono e si misero in luce per le buone prestazioni delle Can-Am, moto sconosciute in Europa ma che incuriosirono molto perché montavano dei motori a disco rotante sui cui carter compariva la scritta Bombardier.
Pietro Sironi contatta così la Rotax e in poco tempo l’accordo è fatto: la Casa austriaca fornirà i propulsori nelle varie cilindrate di 125, 175 e 250 cc alla SWM che, a sua volta, si impegnerà a dare indicazioni tecniche per migliorarli e ‘personalizzarli’. Come se non bastasse, saranno gettate le basi anche per sviluppare il motore nel settore del Trial.
Risolto il problema che parrebbe il principale, ovvero quello della fornitura del motore, bisogna ora pensare anche alla ciclistica che, di fatto, non è proprio da sottovalutare. Anzi. Le prestazioni stanno aumentando sempre più, tanto che sospensioni e telaio fanno fatica a stare al passo con i tempi. Inoltre, da un certo punto di vista, la Regolarità si sta avvicinando sempre più al Cross: è quindi necessario mettere mano all’intera motocicletta se si vuole un prodotto valido per la seconda metà degli anni Settanta. Impensabile montare il Rotax sulla ciclistica delle ‘vecchie’ SWM. Nasce così la nuova gamma di moto da Regolarità che prende il nome di RS GS (e RS MC per le versioni da Cross), che non hanno nulla da spartire con i modelli al momento in vendita.
Il telaio è infatti riprogettato in toto e realizzato con acciaio al cromo molibdeno; abbandonato il ‘doppia culla chiusa’, un classico di quegli anni, si opta per un monotrave con culla che si sdoppia all’altezza
del cilindro. Differenti anche le sospensioni, che garantiscono una maggiore escursione. Nuove sono le sovrastrutture, con il serbatoio in acciaio che ben si profila con la sella e i fianchetti in plastica, materiale utilizzato anche per i parafanghi. Più vivace e giovanile, infine, il colore che viene adottato: il rosso e il bianco.
Come accennato, il propulsore è il Rotax nelle varie cilindrate disponibili: 125,175 e 250 centimetri cubi. Fra le caratteristiche che lo distinguono dalla concorrenza di questi anni, troviamo i carter in magnesio, il disco rotante, l’accensione elettronica, il cambio a sei marce e il rapporto di compressione abbastanza elevato.
L’ottavo di litro è un ‘quadro’, avendo sia l’alesaggio che la corsa di 54 mm; con un rapporto di compressione di 14,9:1, garantisce circa 27 CV a 9.500 giri. Tutti gli altri, invece, sono dei ‘corsa corta’: alesaggio e corsa 62 x 57,5 mm per il 175 e 74 x 57,5 per il 250. Come consuetudine consolidata della Casa che ormai ha sede a Rivolta d’Adda, la nuova gamma non viene subito messa in vendita, ma collaudata sui campi di gara all’inizio del 1977 con la rinnovata squadra corse formata
da Enrico Boschi (direttore sportivo), Marietto Fumagalli (capo reparto corse), Pietro Gagni (50 cc), Andrea Marinoni (100 cc e poi 125 cc), Pierluigi Rottigni (125 cc), Lucio Valoti (175 cc) e Gualtiero Brissoni (250).
Dimostrandosi subito molto valide, le RS GS vengono messe sul mercato a metà dell’anno e presentate ufficialmente al 45° Salone del Ciclo e Motociclo di Milano, che vede la partecipazione di oltre 562.000 visitatori e 1.072 espositori. Per
l’occasione, la Casa lombarda espone anche un 125 non solo con carter e gruppo termico sezionato (in modo da far vedere bene il funzionamento del disco rotante), ma anche con sella e serbatoio sezionati (e con fianchetto realizzato in plastica trasparente), per mettere in risalto la zona centrale del nuovissimo telaio realizzato con tubi Columbus.
Com’è facilmente immaginabile, per le moto comincia il periodo di maggior successo e di grande sviluppo. A ogni gara si sperimentano soluzioni che poi, se valide, vengono introdotte nella
produzione di serie. E l’evoluzione la si può vedere costantemente. Rispetto ai primi RS GS prodotti, vengono cambiate le pedane
(che all’inizio erano quelle della serie Silver Vase), modificati i tiranti per registrare la tensione della catena e irrobustito il telaio nella zona della triangolatura centrale (con l’introduzione di un ulteriore rinforzo orizzontale in aiuto di quello già presente e inclinato a 45°). S’interviene anche sul motore: in particolare viene modificato il selettore che, inizialmente, era guidato da molla e pistonicino tenuto in sede da un innesto posto sotto i due carter. Altre modifiche vedono protagonista la 250. Viene abbandonato il cambio a sei rapporti in favore di uno a 5 e la cilindrata è ora ottenuta con differente alesaggio e corsa: non più 74 x 57,5 mm, ma 72 x 61 mm (da qui il nomignolo di ‘corsa lunga’). Grazie anche al carburatore Dellorto in sostituzione del Bing e al rapporto di compressione meno elevato, questa nuova quarto di litro è più elastica e meno brutale, a tutto vantaggio della guidabilità. Fra l’altro con questa moto nascerà la serie GLS (di 125, 175 e 250 cc) che prevede una nuova omologazione e che si distingue dalla precedente nell’estetica per i nuovi fianchetti che dispongono di tabella portanumero in posizione arretrata.
Per la cronaca sportiva, la stagione agonistica 1977 della SWM si conclude con il secondo posto conquistato nel Campionato Europeo di Regolarità, classe 250, da Brissoni; i primi posti nel Campionato Italiano 125 e 250 sono rispettivamente di Rottigni e Brissoni, mentre il secondo posto nella 175 è di Valoti.
La stagione successiva, grazie anche all’arrivo in squadra di Guglielmo Andreini (che correrà con una 250 maggiorata a 280 cc per poter gareggiare nella classe 350), si chiuderà con ottimi risultati nel Campionato Europeo di Regolarità: primo posto di Brissoni nella 250, secondo posto di Marinoni nella 175, secondo posto di Andreini nella 350 e terzo posto di Gagni nella 125.
Nel Campionato nazionale, invece, la SWM è prima come Squadra Industrie e i suoi piloti ottengono il primo posto nella 250 con Brissoni e nella 350 con Andreini, mentre Marinoni è terzo nella 175.
La Casa di Rivolta d’Adda ottiene un altro risultato di grande prestigio alla 53esima edizione della Sei Giorni che si svolge in Svezia, con il primo posto assoluto di Andreini (che si aggiudica anche la classe 350) e il primo posto, classe 250, di Brissoni.
Insomma, le SWM motorizzate Rotax si dimostrano più che mai vincenti e, quindi, occorre proseguire su questa strada. S’interviene ancora sul telaio, che in questi due anni ha continuato a mostrare una certa fragilità nella zona centrale nonostante il rinforzo introdotto, e nascono ufficialmente le versioni da 350 e da 370 cc. Con queste modifiche, e con altre che interesseranno tanto la ciclistica quanto il motore, il modello cambierà sigla di identificazione: non più RS GS, bensì GS TF1 (e MC TF2 per le Cross).
Ma questa è un’altra bella storia…