Fuoristrada e motocross d'epoca
LA PAROLA AI PILOTI
Stefano Passeri
Ci siamo lasciati con il contratto fresco di rinnovo in Aprilia, con la tensione che si è stemperata per via del mio doppio ruolo di pilota e collaudatore. Il Racing Team Corse di Pierluigi Rottigni mi mette la giusta carica per preparare al meglio le corse e mi affianca una figura mitica di una grandezza spropositata: il pluricampione italiano ed europeo, Gualtiero Brissoni. Questo passo è un ulteriore tassello necessario per essere ai nastri di partenza con tutte le carte in regola per puntare alla vittoria.
Inutile ricordare la prestigiosa carriera di Brissoni, capace di un successo dietro l’altro in sella a SWM, Gilera, Fantic Motor e Husqvarna, ma è doveroso sottolineare l’importanza della sua presenza in gara e in allenamento. Nulla era lasciato al caso e, spesso, i suoi consigli preziosi hanno fatto la differenza. Quando ci siamo trovati a correre in condizioni limite, come ad esempio sotto il caldo opprimente della gara del Ciocco o della tappa francese sopra la cittadina di Grasse (a oltre mille metri di altitudine con tutti i problemi di carburazione del caso…), l’esperienza e l’apporto in termini di scelte ci hanno permesso di correre sempre all’attacco. Mai in difesa.
In quel periodo, un fattore ha giocato soprattutto a mio favore: per la prima volta ho iniziato a chiedermi quali fossero le scelte tecniche da fare per essere più veloce e per abbassare il tempo di percorrenza degli ostacoli, quali fossero i settaggi ideali e più vantaggiosi in base al terreno di gioco della gara. Tutte
considerazioni che fino a quel momento non mi ero mai posto e che ora diventavano determinanti per il mio divertimento e, di conseguenza, per le mie performance agonistiche. Non avendo mai fatto esperienza da questo punto di vista, la stretta collaborazione con i collaudatori Aprilia, con il reparto corse, con i motoristi della ditta e, non ultimo, il costante affiancamento di Rottigni e Brissoni, sono stati quanto mai preziosi.
Ogni settimana facevamo prove su ciclistica, setting sospensioni e preparazioni di motori che privilegiavano la guidabilità, mentre altri avevano potenze spropositate a discapito della facilità di conduzione del mezzo. Il confronto con i più esperti mi ha fruttato un discreto bagaglio di informazioni che mi sono servite anche nel corso degli anni.
Voglio aprire una piccola ma significativa parentesi per capire il lato umano di questo momento che ho vissuto.
Il mondo della Regolarità prima e dell’Enduro poi, proprio per le caratteristiche intrinseche di questo sport, non porta alla ribalta delle cronache nazionali i suoi protagonisti. Si rimane come confinati nella stretta cerchia degli appassionati che seguono e conoscono da vicino le corse. Di conferenze stampa, di autograph session durante esposizioni nelle fiere dedicate, di ‘immagine’ da trasmettere sui giornali e di pubblicità in generale, normalmente non si parla. In Aprilia, invece, tutto questo assumeva un’importanza analoga al risultato sportivo in gara. Accadde così che, inaspettatamente, mi ritrovai a dividere un palco con Max Biaggi, Valentino Rossi e Jean Michel Bayle (per citare solo quelli più famosi) dinnanzi a un parterre di giornalisti desiderosi di farti mille domande. Accadde anche di dover girare, per il canale televisivo Italia 1, una prova della mia moto insieme a Nico Cereghini.
Capite che diventa difficile, in queste circostanze, continuare a tenere i ‘piedi per terra’!
Tant’è che il divo che c’è in me… in quella occasione saltò fuori in modo prepotente nonostante la mia timidezza.
Ho vissuto tre anni in Aprilia da protagonista principale nel panorama mondiale delle due ruote artigliate: tutti noi lo eravamo e sono stati tre anni indimenticabili. Ancora oggi, però ho un grosso rammarico…
Siamo nel 1992. Mancano due gare alla fine del Campionato del mondo e abbiamo oltre 20 punti di vantaggio sulla coppia Paul Edmondson (Husqvarna) e Jeff Nilsson (KTM). Ci prepariamo alla doppia trasferta in Svezia e Finlandia, ma qualcosa non mi fa dormire sonni tranquilli… Mi sento vulnerabile e decido, contro il parere del Team manager, di organizzare una sessione di prove vicino a Noale. La potenza e la guidabilità della mia Aprilia sono da riferimento, ma le prestazioni sono sensibili a piccole variazioni di messa a punto. Per questo motivo, decido di non lasciare nulla d’intentato e in un campo di Cross, proviamo alcuni setting di carburazione. Sulla rampa di un salto, però, perdo la giusta marcia... cado malamente e la moto mi rovina addosso. Il tempo di rialzarmi per capire al volo che il mio piede ha subìto qualche danno: il metatarso del destro è, infatti, ridotto in tre pezzi. Vi lascio immaginare non solo il dolore, ma anche l’immenso dispiacere che ho provato in quegli istanti. Soprattutto perché mi sono subito reso conto che avrei pagato a caro prezzo le conseguenze di quel danno… La sera stessa mi hanno sottoposto a un intervento chirurgico per rimettere in ordine i pezzi del mio osso fratturato e nei giorni successivi, visitato dallo staff del Dottor Costa, mi
hanno tolto il gesso infilandomi una scarpetta nel tentativo di essere al via delle corse nei
Paesi scandinavi. Ricordo che un dottore al seguito del Mondiale aprì una piccola finestrella sulla vetroresina che teneva ben stretto il piede, per effettuare delle iniezioni di antidolorifico, con l’Alpinestars che mi preparò uno stivale capace di contenere la nuova dimensione del mio piede destro. Ma fu tutto inutile… tant’è che mi ritirai dopo pochi chilometri.
Questo è ancora oggi un grande rammarico, perché non sono riuscito a stringere i denti abbastanza per portare a termine la corsa.
Siamo comunque Campioni d’Italia, vincitori del Trofeo Mondiale alla Sei Giorni Internazionale in Australia e terzi nella classifica del Campionato del mondo, classe 125.
Durante il periodo invernale che ci accompagna alla stagione 1994, accuso qualche scompenso cardiaco che fino a quel momento era stato tenuto sotto controllo e monitorato. Le prime prove del Campionato Italiano non mi vedono tra i protagonisti e all’inizio del Mondiale ho un tracollo inevitabile. Mi sottopongo a visite accurate e la diagnosi mi lascia poco scampo. La mia aritmia cardiaca è diventata ingestibile, tant’è che durante gli allenamenti faccio fatica a tenere sotto controllo il problema, mentre in gara mi sento sempre affaticato. La scarsa preparazione atletica fa il resto. Di comune accordo con il Team manager e la Casa madre, decidiamo il mio ritiro dalle competizioni.
Mi metto il cuore in pace, convinto ormai di dover appendere il casco al fatidico chiodo…
Mi piace sottolineare un gesto che allora fecero Pierluigi Rottigni e Aprilia: da veri generosi signori, mi pagarono comunque l’ingaggio della stagione, anche se non partecipai nemmeno a un terzo delle corse in programma.
Carriera finita. Bisogna che cominci a pensare al mio futuro senza moto e senza gare. Capitolo chiuso.
Finché un giovedì qualsiasi, di una settimana qualsiasi, mentre sono a cena con amici, ricevo una telefonata dal cardiologo che mi aveva seguito fino alla decisione di fermarmi: “Stefano, c’è una nuova tecnica per tentare di porre fine al tuo problema cardiaco mi dice - Prima era necessario operare a cuore aperto, oggi invece un dottore napoletano si è specializzato in questo ambito e, agendo con delle sonde che vengono fatte passare dalle arterie fino dentro il cuore, mette a punto la ‘carburazione’. Pensa che è diventato un luminare in questo tipo di intervento, tanto che vengono da tutto il mondo per vederlo in azione.
Se vuoi, domattina prendi l’aereo: destinazione Napoli per sottoporti sabato all’operazione”.
Preparo una piccola valigia, mio fratello Sergio mi accompagna e partiamo alla volta dell’Ospedale. Venerdì sera entro in reparto fra lo stupore generale degli inservienti: probabilmente non si aspettavano che uno dal Nord venisse a Napoli per farsi mettere le mani addosso. Sabato mattina, operazione con il pool di medici che segue le mosse del luminare, la ‘droga’ per stordirmi mi fa pronunciare frasi irripetibili… e domenica torno a casa. Affronto una salita di 8 chilometri in bicicletta per rendermi conto che non accuso più alcun disturbo. Qualcuno in cielo mi vuole bene… e mi regala la possibilità di una nuova vita sportiva.
Ma anche questa è tutta un’altra storia...