Diabete: perché controllare la glicemia di ora in ora
OGGI LA TECNOLOGIA CONSENTE IL COSTANTE AUTOMONITORAGGIO DEGLI ZUCCHERI. «È LA CHIAVE PER UNA TERAPIA VINCENTE», DICE LO SPECIALISTA
Questo è un anno speciale per l’insulina. Si festeggia infatti il centenario della scoperta di quest’ormone che tiene a bada la nostra glicemia, il livello degli zuccheri nel sangue. Deve il suo nome alla parola latina insula e al fatto di essere prodotto da certe cellule del pancreas raggruppate, per l’appunto, come tante isolette. Certo che ne è passata di acqua sotto i ponti dell’insulina, diventata terapia salvavita per i molti milioni di individui sul pianeta che non riescono a fabbricare l’ormone a sufficienza e vivono perciò col diabete.
Ma nella gestione ottimale della malattia vige un altro principio irrinunciabile: la sorveglianza scrupolosa del glucosio sanguigno. Una missione oggi semplificata dall’avvento hi-tech dei sensori intelligenti. «Una volta la glicemia veniva misurata indirettamente, nelle urine. Poi, negli anni Settanta, ecco concretizzarsi la possibilità di esaminare una goccia di sangue capillare», spiega Emanuele Bosi, professore di Diabetologia all’Università Vita-Salute del San Raffaele di Milano. Dopodiché è stato tutto un galoppante evolversi delle tecnologie all’insegna di un semplicissimo ma cruciale ragionamento: più si sorveglia il comportamento glicemico con accuratezza e continuità, migliore sarà il controllo della malattia e la qualità della vita del paziente, con una sostanziale riduzione delle complicanze e della spesa sanitaria. Un progresso che ha conosciuto un grande avanzamento grazie alla possibilità di monitorare costantemente la glicemia nelle 24 ore senza nemmeno doversi pungere il polpastrello. Un esempio: il FreeStyle Libre. È un dispositivo rotondo, rappresentato da un sensore di 35 millimetri di diametro e 5 di altezza, indossabile fino a 14 giorni e resistente all’acqua: viene applicato sul retro della parte superiore del braccio e, mediante un esilissimo filamento sottopelle, registra le concentrazioni di glucosio presenti nel cosiddetto liquido interstiziale, il fluido che circonda le cellule corporee. Attraverso un lettore (oppure scaricando sul proprio cellulare un’applicazione ad hoc e avvicinando lo smartphone al sensore) diventa poi possibile visualizzare e memorizzare i valori di glucosio nel sangue.
«Questo sistema sa ricavare un quadro fedele delle variazioni glicemiche durante il giorno e le ore notturne, fornendo non solo il valore corrente del glucosio ma anche lo storico delle ultime ore e una fotografia generale dell’andamento glicemico», commenta il professore. Fattori, quelli citati da Bosi, che sono presupposti essenziali sia per attuare le migliori strategie terapeutiche, sia per orientarsi con criterio nelle scelte alimentari. «Il mio sincero augurio è che i pazienti in terapia con l’insulina ricorrano sempre di più a queste tecnologie di controllo con sensori smart, perché l’automonitoraggio del glucosio resta uno degli elementi chiave delle nostre strategie assistenziali».
Un augurio che tutti caldeggiamo alla luce di un dato allarmante: nel mondo il diabete va espandendosi, soprattutto (per ragioni ignote) il tipo 1, quello che colpisce prevalentemente i bambini-adolescenti. In Italia le stime parlano di ben quattro nuove diagnosi ogni giorno. Una vera emergenza socio-sanitaria.
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