Serena Dandini LA MIA VITA A PARLARE DI DONNE
DA CINQUE ANNI LA POPOLARE CONDUTTRICE ORGANIZZA UN FESTIVAL TUTTO AL FEMMINILE. E A GENTE RICORDA I SUOI INIZI CON LA TV DELLE RAGAZZE
Mentre Serena Dandini parla sorridendo dallo schermo del telefono e racconta del suo festival L’Eredità delle donne, la mia attenzione è attirata da qualcosa alle sue spalle. Sulla libreria, tra mille libri colorati e fotografie di famiglia, di fianco a una statuetta di una divinità azteca, vedo una tavoletta di legno, con qualche chiodo che spunta e un sorriso disegnato. «È un Quelo!», esclamo riferendomi all’essere divino venerato dal mitico personaggio creato da Corrado Guzzanti durante uno dei programmi di Dandini. «È bello, vero?», ride lei. «Lo tengo qui perché penso che un po’ mi protegga: è l’unico ricordo che ho di quegli anni. Ora faccio la scrittrice, sono contenta. Non mi piace vivere nel passato, è bello crescere, cambiare». Dandini, romana, 68 anni, 40 dei quali passati in varia misura sul palco, ha concretamente cambiato la percezione delle donne nel costume italiano: le ha sempre messe in luce, promosse, esaltate. L’ha fatto con le risate e la satira, quando ha creato e condotto quel pazzo gruppo di formidabili comiche conosciuto con il nome di La Tv delle ragazze. L’ha fatto con il suo sorriso e le sue interviste, che per quasi dieci anni hanno reso il divano rosso di Parla con me uno dei salotti più ambiti della Tv. L’ha fatto con Ferite a morte, il suo spettacolo teatrale di monologhi sul femminicidio, quando ancora non si parlava di violenza sistematica sulle donne. E da cinque anni lo sta facendo con L’Eredità delle donne (a Firenze dal 21 al 23 ottobre), un festival dedicato all’empowerment femminile. Che vuol dire? «Semplice: qui non si parla di donne. Sono le donne a parlare: hanno tanta conoscenza, tanto sapere professionale e tanti insegnamenti che spesso non vengono raccontati», dice Dandini. «Si parla, appunto, della loro eredità e del loro patrimonio, due concetti che spesso sono declinati solo al maschile». Quest’anno il titolo è Queens & Peace (Regine e Pace) e il fulcro della manifestazione è la protesta delle donne dell’Iran. Gli incontri organizzati sono moltissimi con tante protago
niste interessanti, dall’ex direttrice del quotidiano The New York Times Jill Abramson alla ex magistrata Ilda Boccassini. E poi ambasciatrici, scienziate, ambientaliste, scrittrici. Due serate saranno condotte da Dandini stessa e un po’ si parlerà del suo prossimo libro Cronache dal Paradiso, un po’ si riderà, e un po’ ci si occuperà di diritti delle donne».
È il 2022 e siamo ancora qui a discutere di diritti delle donne. Potremo mai stare tranquille?
«Mai mollare il colpo. E mai smettere di avere fiducia che le cose possano migliorare. Sul corpo delle donne si giocano molte partite. La rivoluzione delle ragazze dell’Iran ha come simbolo un gesto estetico, quello di tagliarsi i capelli, che però significa libertà di essere come si vuole. Più le donne acquistano potere, più ci sono rigurgiti di violenza».
Tu sei stata una delle prime nel 2010 a parlare di femminicidio con il tuo spettacolo Ferite a morte...
«Mi dicevano: “Che brutta parola femminicidio!”. Chiamatelo come volete, rispondevo, ma chiamatelo. Perché se una cosa non ha nome, allora non ne puoi neppure parlare. Per arrivare al cuore delle persone, mi sono inventata questi monologhi ispirati alle storie vere delle vittime, un’antologia di donne ammazzate. Di violenza domestica bisogna parlare perché, anche se non si arriva al gesto estremo, ci sono migliaia di donne che vivono una vita difficile».
Cambiamo registro. Con La Tv delle ragazze hai portato la comicità femminile sul piccolo schermo. «I provini sono stati come piantare un bastone in un campo pieno di petrolio: i talenti zampillavano fuori da soli».
Un provino che ti ricordi?
«Quello di Cinzia Leone. Per quella sera avevamo già chiuso, e poi vedemmo arrivare questa rossa, matta e travolgente. Non aveva preparato niente, nessun personaggio. Portava “solo” se stessa, ma quel se stessa era così dirompente... La