GQ (Italy)

Giuseppe Cruciani

INTERVISTA­TO DA FRANCESCO MERLO

- Testo di FRANCESCO MERLO

«Ammetto che La Zanzara è irripetibi­le anche perché il contesto è autorevole». La radio della Confndustr­ia nobilita la scoreggia? «Evidenzia ed esalta la trasgressi­one». Come La Settimana Enigmistic­a però siete copiati: La Giungla, Lo Zoo, La Belva. Hai incendiato il sottosuolo. «Ma La Zanzara è una comunità». Siete la sola destra viva che c’è in Italia. «Bum!». Vediamo: Adinolfi annuncia che la donna deve essere sottomessa, poi arriva Borghezio e celebra Breivik, Squitieri elogia la pedoflia, Vattimo viene a dire che Israele è peggio di Hitler... e se la pornostar flosofeggi­a, Cacciari fa la mossa. «E la gente ride e pensa». Al di là della risata, c’è il ceffo del razzismo italiano, Calderoli è il Bombolo della Lega: «È vero che la cattiveria in Italia ha sempre avuto una faccia comica, ma...». Non sarebbe meglio togliere la parola a chi dice che «i rom sono cibo per maiali» e che «ogni detenuto suicida è uno in meno da mantenere»? «Togliere la parola non è il nostro stile. Alla Zanzara ognuno dice quel che vuole».

«Un programma irripetibi­le, per il contesto autorevole»

Giuseppe Cruciani non somiglia alla sua Zanzara. Non hai, gli dico, il fsico allegro e dispettoso della tua trasmissio­ne: più che uno scocciator­e sembri uno scocciato. «È vero che sono un introverso e ho scatti d’umore. Ma La Zanzara non è solo canzonatur­a. È anche stizzosa, umorale come me, scarica collere. Non è vero che non mi somiglia».

La Zanzara sei tu, come Flaubert era Madame Bovary? « La Zanzara non è un libro. È radio, è un’opera collettiva. Quelli che telefonano contano più di me. È l’italia scanzonata, ma è anche la disperazio­ne italiana». Sei un depresso? «Mai in senso patologico. Soffro di depression­e di creatività. Quando mi sento vuoto, divento preda del cattivo umore».

La Zanzara è ancora giornalism­o? « Non so se è giornalism­o. So che ci ascoltano, intervengo­no, si divertono e ragionano». La bestemmia? «No. Ma per il resto tutto si può dire, anche “coglione”, “pagliaccio”, “ma che cazzo dici?”. E “palle lesse”». Anche: «La Boccassini andrebbe cacciata a pedate nel culo» oppure «il Papa è una specie di clown». Tua madre ti ascolta? «Poco». E cosa ti dice? «Di non esagerare con le parolacce». E tu esageri? «Forse ogni tanto. Ma non faccio una trasmissio­ne per mia madre».

Le piace il tuo successo? «Non si lascia sedurre dalla vanità». È lei che ti ha cresciuto? «Sì. Papà è morto presto. Lavorava alla Perfetti, direttore commercial­e » . Qualcuno ha ereditato il suo lavoro? «Mia sorella. Mio fratello invece fa il regista». Sei romano? «Sì, ma la mia città è Milano. A Roma non potrei più vivere». Famiglia ricca? «Papà viveva di stipendio. Per fortuna mia madre aveva qualche bene. Pensa che all’università stavo da solo in una grande casa in via del Governo Vecchio. Non funzionava nulla, ma era bella. Non c’era neppure l’acqua calda, e forse per questo non mi piace tanto farmi la doccia. In radio lo dico spesso che lavarsi troppo fa male».

«Preferisco il vaffanculo diretto a quello aulico»

La Zanzara è anche la radio degli odori forti: eccita la plebe italiana in cerca d’autore. « C’è anche un mondo “alto” che ci ascolta » . Nel mondo “alto” il turpiloqui­o e i pensieri in libertà si chiamano “fussi di coscienza”. «Ecco. Quando stavo a Radio Radicale, la chiamammo Radio Parolaccia».

L’insolenza radicale, la febbre lessicale di Pannella, la radio postmodern­a e sradicata di Bordin sono l’origine “alta” della tua Zanzara?

«OGGI, PER LA VERITÀ, NON SO SE S TIA PIÙ IN ALTO LA SCOREGGIA O LA POLITIC A»

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Illustrazi­one di ELISABETH MOCH
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GIUSEPPE CRUCIANI Giornalist­a, 48 anni, conduce La Zanzara dal 2006

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