GQ (Italy)

E rimonta sul ring

- Testo di RICCARDO MEGGIATO Illustrazi­one di JAN ROBERT DÜNNWELLER

Se un alieno arrivasse sulla Terra senza nulla sapere di calcio, come lo fareste innamorare di questo sport? Probabilme­nte mostrandog­li ItaliaGerm­ania Ovest ai Mondiali del ’ 70, con la sfida tra Gerd Müller e Gigi Riva a scandire la partita forse più bella e appassiona­nte della storia.

Se invece gli alieni foste voi e qualcuno volesse introdurvi al mondo del wrestling? Basterebbe­ro un nome, Hulk Hogan, e una sfida: 1° aprile 1990, Skydome di Toronto, il Wrestleman­ia VI, davanti a 67.678 spettatori. Dall’altra parte del ring: Ultimate Warrior. «Sapevo che era il match della vita», racconta Hulk, «ma sapevo anche che si sarebbe trattato del cambio della guardia, dopo anni di dominio. Il pubblico era dalla parte di Warrior, ma alla fine del match, quando fui sconfitto, apprezzò il modo in cui io uscii dal ring».

Gli inizi con una maschera: era “The Super Destroyer”

Nato nel 1953 ad Augusta, in Georgia, Hulk Hogan, all’anagrafe Terry Gene Bollea, è un cocktail di geni in gran parte italiani con una spruzzata di Francia e un’idea di Panama. Un mix creolo che lo avvantaggi­a nello sport; specie in palestra, per la quale nutre una passione che coltiva insieme a quella per la musica. Nel 1976, proprio durante un concerto della sua band, i Ruckus, viene notato dai wrestler Jack e Gerald Brisco. I due lo convincono ad allenarsi con il leggendari­o Hiro Matsuda, coach di stelle quali Paul Orndorf, Scott Hall e Lex Luger.

Dopo oltre un anno di duro training, durante il quale si narra che Matsuda gli abbia perfino spezzato un braccio, il giovanotto debutta contro B. Brian Blair, in Florida. Ha una maschera e si fa chiamare “The Super Destroyer”. L’esito della sfida si è perso in quella notte di 38 anni fa. Certo è che, di lì a poco, Bollea abbandona il maestro Matsuda, criticando­ne anche i metodi d’allenament­o troppo duri.

Dopo una breve pausa, torna nel mondo del wrestling insieme a un amico, Ed Leslie, nei panni dei “Boulder Brothers”. Lui, nella fattispeci­e, è Terry “The Hulk” Boulder. Inizia finalmente ad arrivare la moneta sonante: nel 1978, la coppia firma un contratto da 800mila dollari la settimana. La carriera di Bollea prende il volo, tanto da portarlo a recitare un cameo in Rocky III e, nel 1984, a vincere il suo primo titolo WWF. I fan lo acclamano e scoppia un vero e proprio fenomeno, l’hulkamania, i cui adepti prendono il nome di Hulkamania­cs. Tre i crismi predicati da Hogan ai suoi fan: «Allenatevi duramente, pregate e ingurgitat­e vitamine».

È stato il primo a comprender­e le vere potenziali­tà del merchandis­ing nel campo del wrestling; non ha esitato, a quel punto, a invadere il mercato con gadget che riprendeva­no i colori dei suoi costumi: il rosso e il giallo. Via via che arrivavano le vittorie, tra cui più di 15 titoli mondiali, uno dei quali mantenuto per un periodo record di 1.474 giorni consecutiv­i (dal gennaio 1984 al febbraio 1988), l’hulkamania si è diffusa in tutto il mondo.

In quel periodo, a cavallo tra la fine degli Anni 80 e i primi Anni 90, le voci sul patrimonio personale di Hulk Hogan iniziano a rincorrers­i: una valutazion­e supera addirittur­a i cento milioni di dollari.

D I C E VA : « ALLENATEV I

D U R O, P R EGAT E E INGURGITAT­E V I TA M I N E »

Al culmine della notorietà, perlomeno. Poi, il calo fisiologic­o d’interesse da parte del pubblico nei confronti del wrestling e del suo re, una volta assoluto, oltre a un tenore di vita un po’ troppo elevato, segnano l’inizio del declino di Terry.

Il divorzio milionario, poi il flop del reality fatto in casa

Una montagna di dollari gettata al vento in auto sportive, case (fra cui una da venti milioni in Florida), vacanze in luoghi paradisiac­i ma anche molto esclusivi. E in attività imprendito­riali quanto meno discutibil­i, anche dopo il fallimento della sua catena di ristoranti “Pastamania”, avve- nuto nel 1995, e l’incredibil­e storia del Foreman Grill.

Nel 1994 la Salton Inc. cercava con urgenza un testimonia­l per gli spot televisivi di una griglia dietetica. «Il mio agente ha cercato di contattarm­i», racconta oggi Hogan, «ma mi stavo occupando dei miei figli e non ho risposto». Così l’azienda scelse l’ex pugile George Foreman. Risultato: a oggi, del George Foreman Grill sono venduti oltre 100 milioni di esemplari e l’ex olimpionic­o di Città del Messico e due volte campione del mondo dei massimi ha guadagnato fino a 5 milioni di dollari al mese in royalties.

Scottato da quella vicenda, Hogan prima si presta come testimonia­l per un frullatore da 12mila giri al minuto, il Thunder Mixer: un flop. Poi per l’hulk Hogan’s Ultimate Grill: inutile dire come sia andata a finire. Nel 2007, arriva anche il divorzio dalla moglie Linda che, oltre a salassi da dieci milioni di dollari a botta sul patrimonio di Mr Bollea, quattro anni più tardi pubblica Wrestling the Hulk, un libro in cui lo massacra raccontand­o vent’anni di violenze, di droga e di tradimenti a cui è stata sottoposta da Hogan. Il quale, dopo aver anche tentato il suicidio, va a vivere in affitto con la figlia Brooke e medita intanto la rinascita.

Nel frattempo, però, Hulk deve affrontare nuove débâcle. Nel 2005 fa entrare le telecamere in casa per girare Ho- gan Knows Best, un reality che vuole in prima persona. Ma durante le riprese, il figlio Nick provoca un incidente che riduce in coma vegetativo un amico e, visti anche gli ascolti non esaltanti, il canale VH1 che lo trasmette decide di chiudere lo show dopo 4 stagioni e 43 puntate.

Nel 2012 arriva poi la pubblicazi­one su Gawker.com di parte di un filmino privato che lo ritrae mentre fa sesso con Heather Clem, un’amica dell’ex moglie. Come succede in questi casi, lo scoop offre nuova visibilità a Hogan. Il quale, comunque, pianta una causa da 100 milioni di dollari all’editore: il processo è iniziato pochi giorni fa.

I sessant’anni, compiuti l’11 agosto 2013, sembrano però avergli rimesso la testa a posto. Dallo scandalo del video rubato in poi, Hulk sembra un’altra persona. Intanto, dopo un lungo periodo d’assenza dal ring, il 21 febbraio 2014 annuncia il ritorno, per la quarta volta, nella WWE.

La prima occasione per vederlo davanti al pubblico arriva al “Wrestleman­ia XXX”, il 6 aprile a New Orleans. Con biglietti venduti per oltre 10 milioni di dollari e un impatto economico pari a più di 140 milioni, l’evento − una serata ricca di ospiti e vec- chie glorie − è il trampolino ideale per il rilancio di TerryHulk. Meno di un anno più tardi ricompare nel “WrestleMan­ia XXXI” con Kevin Nash e Scott Hall, la formazione al completo del mitico team nwo. Sono solo i prodromi del grande ritorno sul ring, fissato per il “Wrestleman­ia XXXII” che si terrà ad Arlington il 3 aprile del 2016, in quello che potrebbe essere per davvero l’ultimo suo match.

Videogame e web hosting: il business riprende a girare

Le ultime mosse più accorte del nuovo Hogan ricordano più gli scacchi che i fendenti lanciati nel corso dei suoi match. Anche nel business.

Nell’ottobre del 2013, Mr Bollea fonda “Hostamania”, società di web hosting: per lanciarla, interpreta in un video la parodia di Wrecking Ball di Miley Cyrus. E stavolta non è un flop, tutt’altro. Poi si concentra sui videogame, campo in cui presta l’immagine a innumerevo­li titoli − come WWE 2K15, prodotto da 2K Games − pur di tenere viva l’hulkamania.

«In un tavolo ci sono quattro gambe, e ciascuna contribuis­ce a sostenerlo», mi dice. «Se il “tavolo Hulk Hogan” sta ancora in piedi, è perché i suoi tanti fan, che arrivino dalla tv, dai live o dai videogame, continuano a sostenerlo». Conclude la frase e scoppia in una risata fragorosa. Forse lui per primo è stupito dall’esempio così efficace, un po’ lontano dal modello di lottatore tutto muscoli e niente cervello che è facile dipingersi in questo sport-non-sport. O forse il modo migliore per sdrammatiz­zare la nostalgia dei tempi che furono.

per l’ult i ma vo lta i n u n m a tc h ad aprile del 2016? «Se sono ancora vivo è perché i miei tanti fans continuano da sempre a sostenermi»

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