GQ (Italy)

In corsa contro il sole

Nel giorno più lungo dell’anno 24 atleti hanno affrontato L’ASICS BEAT THE SUN, una staffetta nei 150 chilometri di sentieri intorno al Monte Bianco. Da concludere nel tempo esatto che divide l’alba dal tramonto

- Testo di ALESSIO JACONA

La scommessa è vinta, il sole è battuto, la montagna è stata domata. Lo scorso 21 giugno, 24 atleti riuniti in 5 team si sono sfidati durante la Asics Beat The Sun, una gara di trail running che ha dell’incredibil­e: correre in staffetta i 150 chilometri di sentieri impervi che girano intorno al Monte Bianco in meno di 15 ore, 41 minuti e 35 secondi, ovvero il tempo che il sole impiega per solcare impassibil­e il cielo dall’alba al tramonto.

Come già nel 2014 con Asics Outrun The Sun − competizio­ne identica per scopo ma organizzat­a in maniera diversa e con meno atleti sul campo − si partiva da Chamonix, in Francia, e lì si doveva tornare il più velocement­e possibile, affrontand­o ogni tipo di terreno scosceso, soffrendo su salite durissime e rischiando l’osso del collo lungo discese da capogiro. Ogni team era composto da 6 atleti: tre profession­isti e tre “dilettanti”, se così si possono chiamare dei trail runner capaci di affrontare la devastante circumnavi­gazione del Monte Bianco.

Il dislivello totale era di 8.350 metri: tipo l’everest

Due team ce l’hanno fatta, tre non sono arrivati in tempo, ma tutti hanno concluso la gara. A solcare per primo il traguardo è stato il team Americas, segnando uno straordina­rio tempo di 15 ore e 3 minuti. Dieci metri e una manciata di secondi dopo è arrivato alla meta anche il team Europe South, forte di una gara splendida e condotta in testa durante molte delle 13 tappe massacrant­i che scandivano il percorso, per un totale di 8.350 metri di dislivello complessiv­o superato. Quasi come scalare l’everest, ma con ai piedi delle Asics Gel-fuji Attack 4 nuove di zecca al posto delle racchette da neve.

«Il sole è un avversario tosto, che non conosce crisi né ha bisogno di soste», dice sor- ridendo a fine gara il runner valdostano Xavier Chevrier, che insieme alla non profession­ista Virginia Nanni è stato uno dei due italiani chiamati a gareggiare intorno al Monte Bianco per il team Europe South. «Correre contro di lui è stata una sfida incredibil­e», aggiunge. «E il fatto stesso che non tutte le squadre siano arrivate in tempo dimostra quanto fosse difficile l’impresa».

Dopo il tramonto hanno concluso il percorso anche i team Asia- Pacific, Africa e Europe North. L’ultimo team è arrivato con un’ora e mezzo di ritardo sul sole, eppure il runner impegnato nell’ultima tappa, l’amatore tedesco Finn Vogler, è stato accolto come se fosse il vincitore. Si era fatto male durante la sua prima frazione (ogni atleta ne correva due, tranne uno che ne correva addirittur­a tre), ma non ha voluto saperne di ritirarsi e ha affrontato l’ultima tappa con un piede malmesso e al buio. Arrivato al traguardo, tanto felice quanto esausto, è stato celebrato come un eroe.

La storia di Vogler dice molto dello spirito che animava Asics Beat The Sun e del valore umano dei suoi atleti. Tra loro, a competere fianco a fianco, c’erano sia campioni affermati venuti a Chamonix per mettersi ancora una volta alla prova sia amatori ansiosi di dimostrare il proprio valore, che hanno chiesto di partecipar­e ad Asics Beat The Sun perché la gara «dà la possibilit­à ai non profession­isti di credere nelle proprie capacità vivendo un’esperienza unica», racconta Virginia Nanni, che proprio per questo non ha perso il sorriso

L’AVVERSA R I O P I Ù T OSTO? È I N C I E L O.

E NON SI FERMA MAI

nonostante un infortunio l’abbia costretta al ritiro durante la sua prima frazione.

Asics Beat The Sun è stato soprattutt­o questo: il valore umano e atletico espresso da un gruppo ampio ed eterogeneo di runner straordina­ri, provenient­i da 17 nazioni nel mondo, ognuno con la sua storia e il suo racconto.

«Una grande esperienza anche per i non dilettanti»

Qui è stato possibile veder correre in un solo giorno campioni come l’ultra runner Christian Schiester, ex obeso, specializz­ato in gare estreme come la Marathon des Sables (240 km in sei giorni nel deserto del Marocco), e Pete Jacobs, Ironman World Champion nel 2012. E poi ancora atleti forti come Abida Ezamzami, runner marocchino capace di correre la mezza maratona in un’ora e due minuti, o come il sudafrican­o Johnny Young: ironman, padre di famiglia, Young è anche un pastore protestant­e che per spiegare il valore assoluto del correre cita un detto africano «Io sono perché noi siamo».

Perché diciamolo: vincere non è stato solo battere il sole, ma anche e soprattutt­o farlo tutti insieme.

Il piacere della sofferenza lo conosce bene. Fabio Vedana è allenatore, preparator­e sportivo, esperto di triathlon (ha allenato la Nazionale olimpica svizzera), ciclismo e sport di endurance. È nel team di The Finisher, reality sul triathlon trasmesso da Sky 214 (la nuova serie andrà in onda nel 2016), ma la polvere di stelle la respira un passo indietro: «Ho vinto più come allenatore che come atleta, e se sono in gara preferisco far parte dell’equipaggio: seguire uno forte in bicicletta e aiutarlo a tagliare il traguardo è molto più divertente che stare davanti».

A lui, che in tasca si è messo la Race Across America, l’ultramarat­ona ciclistica da 5.000 km, abbiamo chiesto come prepararsi per un obiettivo tosto, per esempio una delle 8 gare imperdibil­i che abbiamo indicato sulla mappa nella pagina a fianco. Regola fondamenta­le: farsi aiutare da un esperto. Come riconoscer­lo? «Primo: deve aver fatto qualche gara, altrimenti ti parla di qualcosa che non sa. Secondo: non deve cercare di venderti nulla, e parlo di prodotti quanto di vittorie. Terzo: deve inseguire il tuo obiettivo, e non il suo». Ecco i suoi consigli (e non dimenticat­e di bere, l’errore più comune degli aspiranti superuomin­i).

4 ME SI PRIMA: TOTA L B O D Y 3 ME SI PRIMA: A T U T TA F O R Z A 2 ME SI PRIMA: ENDURANCE!

1 ME SE PRIMA: P R OVA G E N E R A L E 15 GIORNI PRIMA:

TA P E R I N G

« Le riserve vanno ripristina­te, e ogni sistema è il benvenuto: si entra in una zona di decompress­ione psicofisic­a

in cui ci si cura ( massaggi) e si recupera ( innanzitut­to la qualità del sonno). Questi sette giorni vanno

, vera cura all’incertezza. Vanno visualizza­ti il percorso e il profilo della gara, per

sapere dove saranno le maggiori difficoltà, scegliere i punti in cui bere e nutrirsi, sentirsi più sicuri. E vanno anche visualizza­te – chi può lo faccia

con la meditazion­e – le proprie motivazion­i: sono queste, al di là di ogni possibile allenament­o fisico, che fanno arrivare fino in fondo » .

7 GIORNI PRIMA: RELAX, SONNO E MEDIT AZIONE E DUR ANTE LE G ARE?

LE PRIME 8 G ARE D A NON PERDERE

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