PRIMA IL V I N O , PO I LE BOLLE
BUSINESS Per Maurizio Zanella innanzi tutto conta la qualità. Partendo da lì, ha guidato il Consorzio FRANCIACORTA, un miracolo di 109 cantine associate, a moltiplicare vendite ed esportazioni dello spumante made in Italy per eccellenza
Curioso che in un Paese come questo − in cui chi prende una decisione diventa il nemico, a meno che a farlo non sia un organismo che non decide − una delle più importanti realtà del Made in Italy vitivinicolo sia stata guidata per sei anni e passa dalla stessa persona. Due mandati di presidenza del Consorzio Franciacorta, più una breve proroga per consentire a Maurizio Zanella, 58 anni da Bolzano, di gestire anche la partecipazione all’expo, di cui Franciacorta è “Official Sparkling Wine”. Cioè lo spumante di casa.
«Sta andando bene. Continuasse fino al 31 ottobre come nei primi due mesi, sarei molto soddisfatto», spiega l’uomo che Lettie Teague, inviata del prestigioso Food & Wine Magazine, ha definito “Too Much”, troppo in tutti i sensi. « Mi aspettavo una percentuale più alta di stranieri ma dicono che verranno più avanti».
In sei anni, il fatturato è cresciuto di oltre il 60%
C’è una ragione per cui Zanella è stato eletto alla guida del Consorzio: è anche il padre-padrone di Ca’ del Bosco, una delle etichette italiane più famose al mondo. Un’altra spiega come mai le 109 cantine che lo compongono l’hanno voluto in carica dal 2009: la crescita. Sei anni fa le bottiglie di Franciacorta vendute erano 9.430.967. Nel 2014 sono state 15.475.977 (l’8,2% in più rispetto al 2013). Importante il dato delle vendite oltre frontiera: 1.428.993 bottiglie (il 9,2% del totale, +10,9% sul 2013). «Briciole, davanti a prosecco e champagne», esclama Zanella. «Quattrocento milioni il primo, 300 il secondo: noi con 15, siamo dei microbi». Ora si investe in Inghilterra, Germania, Usa e Giappone, «per arrivare almeno al 25 per cento, visto che eccellenze come Borgogna o Brunello fanno più del 50% di export».
L’esempio non è casuale. In Franciacorta si considerano meno da “bollicine”, più da vino di qualità, e le conseguenze sono significative. «Noi facciamo grandi sacrifici per rispettare il disciplinare più severo del mondo e creare un profilo diverso da quello gioioso, fresco, disimpegnato di un prosecco o dall’altro molto “marketizzato” dello champagne», spiega Za- nella. «Il meraviglioso principe delle bollicine, per primogenitura, per nome, per successo, ha perlopiù preso la strada del marketing, non della qualità... Se investono lo fanno su Sharon Stone o Scarlett Johansson, non per ridurre la produzione di uva per ettaro. Il nostro è, come per Brunello e Borgogna appunto, un consumatore evoluto, diverso da quello che sa solo “spendere tanto”».
Il terroir del Consorzio è limitato, ma i sei anni di successi sono innegabili. « Non per mia capacità», si schermisce il presidente, «nel 2009 ho trovato una base associativa unita. Il segreto sta nella socialità, nella tipologia dei produttori. Altrove ci sono tre componenti dagli
« I L S E G R E TO? SIAMO TUT TI CO I N VO LT I , DA L L A V I G N A A L M E R C ATO »
interessi opposti e contrastanti: chi produce l’uva, il contadino; chi la trasforma, l’industriale; e poi spesso, in Italia, le cantine sociali che comprano l’uva invenduta e che, per fare bilancio, se non ricorrono ai contributi statali perdono, perché, salvo in Alto Adige, non sanno gestire il loro lavoro. Qui invece ho trovato persone tutte uguali: contadini con la vigna e la cantina; una volta fatte le bottiglie, prendiamo la valigetta e andiamo a venderle. La Franciacorta ha la fortuna di non avere né un industriale né una cantina sociale».
Ha invece quel rigido disciplinare. «Per chi come noi ha poca storia e poca tradizione − abbiamo alle spalle solo 55 anni − la cultura della qualità, spinta con le regole, accelera. Ma ci vuol coraggio», ammette. «Rispettarlo è stata una scelta che ha implicato costi su costi, mentre i benefici arrivano solo ora. Produrre meno, spremere meno, tenere le bottiglie più a lungo: sono decisioni che pesa- no sul conto economico. Però guardate i prezzi: alla crescita quantitativa, Franciacorta ha sempre abbinato un incremento medio di prezzo unitario dell’1-2 per cento. Quindi aumento di volumi e di valore».
In ef fetti, una bottiglia del Consorzio costa come e più di uno champagne. «Sì. Ormai quattro o cinque nostre aziende hanno prezzi superiori. Rispetto ai prodotti commerciali, eh, non a quelli “importanti”».
I risultati si vedono e sono frutto anche di una forte co- municazione, dopo un lungo silenzio. «Il Consorzio è partito da un presupposto: inutile promuovere un prodotto se non abbiamo la certezza che possieda un degno comun denominatore qualitativo. Altrimenti il primo criticucolo blogghista inizia a dire: “L’ho provato, meglio il prosecco, meglio lo champagne”... Poi, dopo vent’anni, abbiamo iniziato a parlare, consapevoli che quanto proponevamo sul mercato aveva uno standard di cui essere soddisfatti».
«È difficile aver credito, ma ora i francesi ci apprezzano»
Non le manda a dire a nessuno, Maurizio Zanella, neanche ai suoi. Un giorno ha confessato: «Fare una bottiglia di vino non è difficile, venderlo lo è molto di più». E detto dall’uomo che ha creato Ca’ del Bosco...
« È la realtà. Sì, produrre bene comporta sforzi, sacrifici, discussioni con il Padreterno, un impegno enorme; però se uno dà l’anima, alla fine ci riesce. Invece vendere nel mondo un vino prodotto a Brescia, Lombardia, a un prezzo simile se non superiore di quello che ha 250 anni di storia in più, ecco, spesso mi fa sentire come un produttore di ananas del Nord della Svezia. È difficile avere credito, magari presso un ristorante di Long Island iperimportante con clienti iperimpor- tanti che chiedono solo Dom Pérignon e Cristal. Nel trade invece siamo conosciuti: giorni fa Le Monde ha creato una pagina intera sulla Franciacorta, in occasione dell’apertura di “Vinexpo”, il salone di Hollande. Soddisfazioni impagabili. M’avessero detto che sarebbe successa una roba del genere, non ci avrei mai creduto. Con i francesi, poi!».
«QUI NON CI SONO INDUSTRIALI Nƒ C ANTINE
SOCIALI»